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Russia: “nazionalizzate” le filiali di Bosch e Ariston. Italia e Germania protestano

Germania e Italia, da venerdì, sono unite in una forte critica nei confronti del governo russo, che ha passato al colosso statale Gazprom la gestione delle filiali russe di due importanti aziende europee: il produttore tedesco di elettrodomestici BSH e il gruppo italiano specializzato in tecnologie di riscaldamento Ariston. Questa azione rappresenta un ulteriore segnale della determinazione del presidente russo Vladimir Putin a rimodellare il panorama economico del Paese in un momento di crescente isolamento internazionale, oltre che, inevitabilmente, una nuova fase del suo braccio di ferro con l’Europa.

Tecnicamente si tratta di un esproprio, anche se legalmente non lo è. Gazprom, che è una controllata statale, ha acquisito la “supervisione temporanea” degli asset e può ricavare utili dalla loro attività, ma non può venderli. Questa decisione non è, peraltro, isolata: diverse società occidentali, tra cui Uniper, Fortum, Carlsberg e Danone, hanno già visto le loro filiali russe poste sotto la supervisione dello Stato in passato.


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Le reazioni. Bosch stava negoziando la vendita, Ariston esprime stupore per la decisione del Cremlino

La pressione sul mercato degli elettrodomestici, in realtà, era iniziata già l’anno scorso, quando il Ministero del Commercio russo aveva imposto un ultimatum a diversi produttori stranieri del settore, le cui fabbriche in Russia avevano sospeso l’attività. Alle imprese veniva richiesto di riprendere la produzione entro gennaio 2024 o vendere i loro beni a imprenditori interessati, altrimenti sarebbe stata considerata l’ipotesi di nazionalizzare gli impianti produttivi in questione. La motivazione sarebbe da ricercare nella pressione economica dovuta allo sforzo bellico, che porta i consumatori russi a spendere di più. Nonostante l’aumento dei salari, infatti, l’economia di guerra mette comunque la popolazione in una situazione complessa e impone la necessità di monitorare l’inflazione, che rischia di crescere se ci sono blocchi della produzione industriale nel Paese.

Nel caso di Bosch, per esempio, a monte c’è un negoziato in corso per la vendita dei due stabilimenti russi con il fondo di investimento turco Can Holding, mentre la produzione di BSH in Russia è ferma dal marzo 2022 e la maggior parte dei dipendenti è stata licenziata.

Dall’altra parte, Ariston, azienda italiana con un fatturato annuo di oltre 3 miliardi di euro e più di 10.000 dipendenti in tutto il mondo, ha una presenza in Russia da quasi 20 anni e gestisce – o meglio, gestiva fino a questo fine settimana – uno stabilimento di produzione fuori San Pietroburgo. In una dichiarazione al quotidiano tedesco FAZ, l’azienda, che l’anno scorso ha fatturato circa 100 milioni di Euro all’interno della Federazione Russa, ha espresso “sorpresa” per la decisione del Cremlino e ha dichiarato di aver sempre avuto “rapporti molto corretti con le istituzioni locali”

Tajani convoca l’ambasciatore russo

Le reazioni da parte della Germania e dell’Italia non si sono fatte attendere. Il Ministero degli Esteri tedesco ha condannato fermamente la decisione del governo di Vladimir Putin, riservandosi il diritto di reagire ulteriormente in consultazione con il governo italiano. Dal canto suo, il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani (Forza Italia) ha convocato l’ambasciatore russo a Roma per chiedere chiarimenti, esprimendo la volontà di proteggere gli interessi delle aziende italiane e mantenere un dialogo costante con il governo tedesco e l’Unione Europea.

antonio tajani
Antonio Tajani. European Commission, Attribution, via Wikimedia Commons

Questa vicenda si inserisce in un contesto più ampio di tensioni economiche e geopolitiche tra la Russia e l’Occidente, in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Le sanzioni imposte dai Paesi occidentali hanno infatti avuto un impatto significativo sull’economia russa, costringendo molte aziende straniere a ridimensionare o interrompere le loro attività nel Paese. Ora, con il trasferimento del controllo delle filiali russe di BSH e Ariston a Gazprom, il Cremlino sembra voler rafforzare ulteriormente la sua presa sul tessuto economico nazionale, in un tentativo di mitigare gli effetti delle sanzioni e garantire la continuità della produzione.

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