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Die Linke: “criticare Israele non è antisemitismo”. Polemica in Germania

In questo momento, in Germania, le sorti di Gaza e i rapporti del governo con Israele sono il tema politico in assoluto più caldo e divisivo, tanto fra le forze politiche quanto nell’opinione pubblica. La posizione ufficiale del governo è chiara: il sostegno a Israele è incondizionato, la difesa della sua esistenza è parte della Ragion di Stato tedesca e qualsiasi forma di sostegno pubblico alla Palestina, come la richiesta di legittimazione dello Stato Palestinese e, soprattutto, l’impiego del termine “genocidio” in riferimento allo sterminio dei civili, vengono perseguite duramente come forme di antisemitismo. Alla base, c’è proprio la definizione di antisemitismo attualmente adottata da quasi tutte le istituzioni in Germania. Ora Die Linke ha sollevato un nuovo e aspro dibattito, scegliendo di adottarne un’altra e rivendicando il diritto di criticare le azioni del governo di Israele.

Die Linke adotta la definizione di antisemitismo contenuta nella Dichiarazione di Gerusalemme. Critiche dal Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania

Il partito più a sinistra dell’arco costituzionale tedesco, in occasione del suo ultimo congresso, ha infatti optato per l’adozione della definizione di antisemitismo contenuta nella cosiddetta Dichiarazione di Gerusalemme, respingendo contestualmente la definizione proposta dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), ampiamente accettata in Germania.

Josef Schuster, Presidente del Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania, ha reagito in modo veemente, dichiarando, nella giornata di domenica, che questa scelta rivela “un nucleo radicale del partito che, mosso da ostilità verso Israele, contribuisce a occultare l’antisemitismo contemporaneo”. Secondo Schuster, Die Linke “dimostra chiaramente da quale parte si schiera, e non è dalla parte degli ebrei in Germania”.

Al centro della controversia si trova la differente interpretazione di quali critiche verso lo Stato di Israele possano essere considerate antisemite. La Dichiarazione di Gerusalemme del 2020 considera antisemita, per esempio, ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni israeliane e quindi associare a qualsiasi persona di discendenza o religione ebraica il biasimo per le azioni del governo di Israele, ma non ritiene di per sé antisemita il fatto di criticare le politiche israeliane o il governo di israele, anche in modo molto duro, per esempio attraverso boicottaggi mirati come quelli promossi dal movimento BDS.

Van Aken: “Criticare Israele non è antisemitismo”

Die Linke ha motivato il suo rifiuto della definizione IHRA definendola “una porta spalancata per azioni autoritarie e statali” e “uno strumento repressivo per impedire critiche politiche sgradite”. Jan van Aken, leader del partito, ha precisato che “quando si tratta di proteggere gli ebrei, sia in Germania che in Israele, non esiste ambiguità. Il diritto all’esistenza di Israele resta parte incontestata del nostro DNA”, aggiungendo però che “criticare il governo israeliano non è antisemitismo“.

L’IHRA definisce l’antisemitismo come “una particolare percezione degli ebrei che può manifestarsi come odio” e include esempi specifici come l’attribuzione agli ebrei di stereotipi negativi, teorie cospirative sul controllo dei media e dell’economia, la negazione dell’Olocausto e l’attribuzione collettiva agli ebrei delle politiche israeliane. Inoltre considera forme di antisemitismo il “negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione, ad esempio sostenendo che l’esistenza di uno Stato di Israele sia un’impresa razzista” e il “paragonare la politica israeliana contemporanea a quella nazista”.

Quest’ultimo punto, in particolare, è contestato da moltissimi dei manifestanti che si sono espressi, in tutto il mondo, contro le politiche di Benjamin Netanyahu, contro il blocco degli aiuti e dei rifornimenti ai civili di Gaza e contro la targettizzazione di obiettivi civili come ospedali, scuole o centri di distribuzione di generi di prima necessità. L’adesione delle istituzioni tedesche alla definizione della IHRA è talmente scrupolosa che, nelle ultime settimane, a Berlino sono stati considerati sanzionabili i manifestanti che avevano scritto sui propri cartelli frasi come “Non abbiamo imparato niente dall’olocausto?”. Tale frase, infatti, è stata considerata una relativizzazione della Shoah e, appunto, un parallelo fra lo sterminio dei civili palestinesi e l’olocausto. 

Sebbene non giuridicamente vincolante, questa definizione viene applicata in numerosi ambiti della vita pubblica tedesca.

Il Consiglio Centrale degli Ebrei ha respinto fermamente le critiche alla definizione IHRA mosse da Die Linke. Schuster ha sottolineato che essa “definisce l’antisemitismo nelle sue forme concrete” e rappresenta “uno strumento per riconoscere l’antisemitismo, accettato da quasi tutti gli stati democratici”. Ha inoltre aggiunto che “identificare e nominare [l’antisemitismo] è prerequisito essenziale per combatterlo”.

Anche l’organizzazione WerteInitiative ha condannato la decisione di Die Linke. Secondo il presidente Elio Adler, accettando la Dichiarazione di Gerusalemme “il partito apre la porta all’odio anti-israeliano sotto il manto della critica, sottraendosi alla responsabilità di proteggere efficacemente la vita e le prospettive delle comunità ebraiche”. Adler ha dichiarato che “in queste condizioni, non è possibile alcuna cooperazione con Die Linke”.

Che cos’è la dichiarazione di Gerusalemme

La Dichiarazione di Gerusalemme sull’Antisemitismo (JDA) è stata elaborata nel 2020 presso l’Istituto Van Leer di Gerusalemme da otto coordinatori, principalmente accademici, e successivamente firmata da circa 200 studiosi di vari settori. Pubblicata nel marzo 2021, definisce l’antisemitismo come “discriminazione, pregiudizio, ostilità o violenza contro gli ebrei in quanto ebrei o contro istituzioni ebraiche in quanto tali” e include 15 linee guida per identificare comportamenti antisemiti.

Sebbene accolta positivamente da alcuni membri democratici del Congresso statunitense, la dichiarazione ha ricevuto critiche significative. Tra queste, l’accusa di minare il consenso raggiunto con la definizione IHRA, di diluire la questione dell’antisemitismo inserendola in un contesto più ampio di lotta contro ogni forma di discriminazione, e di avere tra i firmatari persone precedentemente accusate di antisemitismo.

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