AperturaCronacaCronaca: Berlino

Protesta contro l’espulsione degli attivisti pro Palestina a Berlino

Nel pomeriggio di mercoledì, un gruppo di attivisti pro Palestina ha occupato l’aula magna Emil Fischer presso il Campus Nord dell’Università Humboldt di Berlino, per manifestare contro la prevista espulsione di quattro militanti coinvolti in precedenti azioni di protesta in solidarietà con la causa palestinese.

Gli studenti sono stati sgomberati

Intorno alle 14, i manifestanti hanno esposto striscioni con slogan come “Intifada fino alla vittoria” e “state supportando un genocidio”. Alcuni occupanti hanno usato megafoni per comunicare con circa cinquanta sostenitori riuniti all’esterno dell’edificio.

Le forze dell’ordine sono intervenute, isolando la zona e chiudendo temporaneamente la vicina biblioteca universitaria. L’amministrazione dell’ateneo, denunciando danni materiali, ha chiesto alla polizia di procedere allo sgombero degli occupanti.

La protesta fa parte di una mobilitazione più ampia legata ai tentativi delle autorità berlinesi di espellere quattro attivisti stranieri coinvolti nell’occupazione degli uffici dirigenziali della Freie Universität, avvenuta nell’ottobre scorso, oltre che in altre manifestazioni pro-palestinesi. Dei quattro, tre provengono dall’Unione Europea (due irlandesi e una polacca) e uno dagli Stati Uniti. Recentemente, il tribunale amministrativo ha sospeso il provvedimento di espulsione contro uno degli attivisti irlandesi, bloccando temporaneamente l’azione voluta dalla senatrice degli Interni di Berlino Iris Spranger (SPD). L’uomo potrà restare in Germania fino alla sentenza definitiva riguardo la revoca dei diritti di circolazione nell’Unione Europea. Già a marzo, infatti, l’Ufficio di Stato per l’Immigrazione di Berlino aveva revocato il diritto di soggiorno a lui e agli altri attivisti.

Tra le richieste avanzate dagli occupanti, diffuse tramite volantini, figurano lo stop alle deportazioni, il boicottaggio accademico e culturale di Israele e la tutela dell’autonomia universitaria.

Protesta venerdì ad Alexanderplatz contro l’espulsione dei quattro attivisti pro Palestina

La vicenda dei quattro attivisti ha assunto rilevanza internazionale. La scorsa settimana, uno studente della Columbia University di New York aveva tenuto una conferenza presso il campus principale dell’ateneo berlinese, trattando il caso di Mahmoud Khalil, attivista palestinese attualmente detenuto e prossimo all’espulsione, collegandolo agli eventi berlinesi. Una manifestazione in solidarietà con gli attivisti espulsi si è tenuta giovedì davanti alla sede centrale dell’università. Tuttavia, il momento principale di mobilitazione è programmato per venerdì pomeriggio, quando diverse organizzazioni filopalestinesi insieme a gruppi come Amnesty International manifesteranno a Berlino, con partenza alle ore 16 da Alexanderplatz.

Solidarietà e preoccupazione

Lo scorso 12 aprile, intanto, l’alleanza “Stop Deportation Berlin“, sorta per sostenere i quattro attivisti minacciati di espulsione, aveva tenuto una conferenza stampa alla quale aveva partecipato anche Ferat Koçak, deputato di Die Linke, insieme a un membro del team legale degli imputati. Secondo l’alleanza, le espulsioni potrebbero creare un precedente pericoloso per future deportazioni motivate da ragioni politiche, utilizzabili contro ogni tipo di opposizione sgradita. È stata inoltre lanciata una petizione online per fermare l’espulsione degli attivisti.

Difesa della decisione da parte dell’amministrazione berlinese

Christian Hochgrebe (SPD), Segretario di Stato agli Interni, ha ribadito di fronte alla Commissione Interni della Camera dei Rappresentanti il proprio supporto alle decisioni prese, sottolineando come i quattro rappresentino, a suo giudizio, una minaccia per la sicurezza pubblica. Hochgrebe ha ricordato in particolare l’episodio del 17 ottobre 2024 alla Freie Universität, dove manifestanti con il volto coperto avevano fatto irruzione minacciando il personale.

Il tribunale amministrativo, tuttavia, ha criticato l’Ufficio per l’Immigrazione per non aver approfondito sufficientemente le indagini prima di decidere la revoca dei diritti di libera circolazione degli attivisti. Secondo i giudici, l’Ufficio avrebbe dovuto acquisire i fascicoli relativi alle indagini penali prima di prendere decisioni così drastiche.

Al momento, sono in corso indagini penali nei confronti dell’attivista irlandese, con diciassette procedimenti aperti relativi a eventi connessi alle proteste sul conflitto mediorientale. Nessuna di queste indagini è ancora giunta a termine e non è stato possibile determinare se l’attivista minacciato di espulsione abbia effettivamente preso parte ad attività penalmente rilevanti o meno.

L’Amministrazione attende la sentenza definitiva

L’Amministrazione degli Interni berlinese, rispondendo a una domanda in merito, ha dichiarato che non farà ricorso alla decisione attuale del Tribunale amministrativo presso l’istanza superiore del Tribunale Amministrativo Superiore di Berlino-Brandeburgo. La decisione definitiva del procedimento principale verrà dunque attesa. Tuttavia, secondo una portavoce, l’autorità chiederà i fascicoli delle indagini penali appena sarà possibile, in modo da approfondire meglio le accuse.

Critiche all’operato del ministero sono arrivate dal rappresentante dei Verdi per la politica interna, Vasili Franco, il quale ha affermato che uno stato di diritto dovrebbe basarsi su prove certe e concrete per applicare misure così severe, aggiungendo che tale operato potrebbe minare la fiducia nelle istituzioni.

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