Berlino: rischio espulsione per 4 attivisti pro-Palestina. Tre sono europei

Quattro attivisti stranieri rischiano l’espulsione dalla Germania dopo aver preso parte a proteste pro-Palestina a Berlino. Si tratta di tre cittadini europei e uno statunitense, coinvolti in varie azioni legate al conflitto israelo-palestinese e accusati dalle autorità berlinesi di rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico. Le persone interessate hanno già presentato ricorsi d’urgenza e cause contro l’espulsione presso il tribunale amministrativo della capitale.
Gli attivisti pro-Palestina rischiano l’espulsione dopo le manifestazioni a Berlino, ma non ci sono condanne penali
A riportare la notizia è stato il quotidiano locale Tagesspiegel. Secondo quanto emerso, i quattro avrebbero partecipato all’occupazione della Freie Universität di Berlino (FU) lo scorso ottobre e ad altre manifestazioni, tra cui un sit-in presso la stazione centrale e blocchi stradali. La procura li accusa di aver compiuto reati quali resistenza alle forze dell’ordine, oltraggio, atti violenti in particolare durante l’occupazione dell’università e “uso di simboli legati a organizzazioni terroristiche”, compreso lo slogan “Dal fiume al mare”. In questo caso, per intenderci, al celebre slogan pro-Palestina si applica la stessa norma che riguarda, per esempio, l’esibizione in pubblico di simboli come la svastica. Nonostante le accuse, nessuno dei quattro è stato condannato in via definitiva, e in un caso è già intervenuta un’assoluzione.
Tre dei soggetti coinvolti provengono da paesi dell’Unione Europea — due irlandesi e un polacco — mentre il quarto è uno studente statunitense a una università di Berlino. Secondo l’avvocato Alexander Gorski, che difende due di loro, le contestazioni non giustificano l’espulsione e sarebbero sproporzionate, anche alla luce dell’assenza di sentenze definitive – e a maggior ragione in presenza di una sentenza di assoluzione.
Il provvedimento è stato adottato dall’Ufficio Statale per l’Immigrazione (Landesamt für Einwanderung o LEA) e prevede l’immediata revoca del diritto alla libera circolazione in Germania per i tre cittadini europei. Se non lasceranno volontariamente il Paese entro il 27 aprile, saranno espulsi e soggetti a un divieto di rientro per un periodo compreso tra due e tre anni.
Le autorità motivano l’espulsione con la presunta “minaccia attuale alla sicurezza e all’ordine pubblico, facendo riferimento a procedimenti penali aperti e al presunto legame con un gruppo considerato “violento” nella scena pro-Palestina. Il caso più grave risale al 17 ottobre 2024, quando circa quaranta persone mascherate hanno assaltato l’occupazione della FU armate di asce, seghe e bastoni, minacciando personale universitario e provocando danni che l’università avrebbe stimato in per 100.000 euro.
A quali condizioni è possibile limitare la libera circolazione dei cittadini europei
Secondo la legge tedesca, la revoca della libertà di circolazione per cittadini dell’UE è consentita solo in presenza di una minaccia concreta e grave per un interesse fondamentale della società. Normalmente, tali provvedimenti riguardano reati di estrema gravità, come traffico di droga o abusi su minori. Il caso dei quattro attivisti è quindi al centro di un acceso dibattito sulla proporzionalità della misura.
Il legale Alexander Gorski ha definito l’azione delle autorità “allarmante” e ha paragonato la strategia tedesca a quella adottata recentemente dall’amministrazione Trump negli Stati Uniti, dove centinaia di studenti stranieri hanno visto ritirati visti o permessi di soggiorno per aver partecipato a proteste filo-palestinesi o sono stati arrestati senza che venissero formalizzate accuse e posti in centri di detenzione in attesa dell’espulsione.
A rendere ancora più controversa la vicenda è l’esistenza di divergenze interne tra gli uffici pubblici di Berlino. Secondo quanto riportato dal Tagesspiegel, alcuni funzionari del Dipartimento Interni e dell’Ufficio per l’Immigrazione avrebbero espresso dubbi sulla legittimità della revoca dei diritti di circolazione, ritenendo insufficienti le accuse e non ravvisando una minaccia concreta. Il direttore della LEA, Engelhard Mazanke, e il responsabile dei rimpatri si sarebbero opposti all’ordine di espulsione, presentando una formale rimostranza.
Il responsabile del Dipartimento di diritto costituzionale e amministrativo del Senato, Christian Oestmann, avrebbe però respinto queste riserve, ordinando comunque l’esecuzione delle espulsioni. Oestmann, ex presidente del tribunale amministrativo, avrebbe giustificato la scelta sottolineando l’importanza di contrastare con fermezza le azioni violente della scena pro-Palestina.
Nel frattempo, il tribunale amministrativo di Berlino ha confermato di aver ricevuto ricorsi d’urgenza da parte dei quattro interessati. Ogni caso sarà esaminato da sezioni differenti, e non è escluso che le decisioni finali possano differire tra loro. Al momento, resta aperta la questione di quanto le condotte contestate possano giustificare una misura così severa, in assenza di condanne definitive.
Le autorità sottolineano che l’espulsione può avvenire anche senza sentenza penale, purché basata su una valutazione di proporzionalità che tenga conto della pericolosità concreta del soggetto e del suo livello di integrazione. L’ufficio immigrazione afferma di aver considerato elementi come l’integrazione sociale e professionale degli interessati, oltre alla durata del soggiorno e al rischio percepito per l’ordine pubblico.