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Dazi USA: quali settori in Germania rischiano di più?

Le recenti misure tariffarie annunciate dagli Stati Uniti stanno generando forti preoccupazioni all’interno del settore industriale e commerciale tedesco. La decisione del presidente statunitense Donald Trump di applicare dazi punitivi su numerose categorie di prodotti importati rischia di incidere significativamente sull’economia tedesca, dal momento che la Germania ha negli USA il suo principale partner per l’export. Quali industrie e quali prodotti rischiano di soffrire maggiormente a causa della guerra commerciale? Il quadro è complesso.

I dazi USA e il rischio per l’economia in Germania

Nel 2024, la Germania ha esportato verso gli USA merci per un valore complessivo di 161,4 miliardi di euro. I principali settori coinvolti sono quelli dei macchinari, che rappresentano il 29% dell’export, dei veicoli con il 26% e dei prodotti farmaceutici, inclusi vaccini e affini, con una quota del 10%. Anche se questi ultimi sono al momento esclusi dalle misure annunciate, permane l’incertezza su possibili futuri ampliamenti dei dazi a tali categorie.

Oltre a questi comparti, anche altri beni come alimenti, motori, navi e gioielli fanno parte del paniere delle esportazioni tedesche verso gli USA. Alcuni articoli, pur avendo un’incidenza minore in valore assoluto, sono particolarmente esposti: le lavastoviglie e i relativi componenti, ad esempio, costituiscono lo 0,2% dell’export tedesco e sono soggetti a un rischio di impatto particolarmente significativo. Le armi, invece, rappresentano solo lo 0,1% – e non affronteremo, in questa sede, la complessa questione della possibilità per i Paesi europei di scegliere armi non provenienti dagli USA per altri motivi, oltre ai dazi.

Naturalmente, in un’economia globale, l’Europa non è interessata solo alle limitazioni dei propri rapporti economici con gli USA, ma anche alla situazione della Cina e, in particolare al costo dell’importazione ed esportazione delle materie prime. L’amministrazione statunitense ha già introdotto da marzo dazi del 20% sui prodotti cinesi e del 25% su acciaio e alluminio, a cui ora si aggiungono quelli previsti sull’automotive europeo, pari anch’essi al 25%. Queste tariffe si sommano ai normali dazi doganali e all’IVA, determinando un impatto potenzialmente rilevante sui prezzi finali dei prodotti e, di conseguenza, sulla competitività delle imprese europee negli USA. L’entrata in vigore dei nuovi dazi contro i prodotti dell’Unione Europea è prevista per il 9 aprile.

Il governo statunitense giustifica queste politiche con l’obiettivo di riequilibrare il deficit commerciale degli Stati Uniti, che importano significativamente più di quanto esportino. Per perseguire questo intento, Trump ha introdotto una tariffa base generale del 10% su tutte le importazioni, con aliquote maggiorate per i Paesi giudicati più “ingiusti” nei confronti dell’economia statunitense e ha già ottenuto alcune concessioni da Paesi come il Vietnam e lo Zimbabwe.

Settori coinvolti: automotive, chimica e PMI in prima linea

Secondo l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza (SWP), i settori più colpiti dai dazi USA in Germania saranno le piccole e medie imprese, così come l’industria chimica e farmaceutica. Le aziende fortemente integrate nelle catene di approvvigionamento globali rischiano tagli alla produzione o licenziamenti a causa dell’aumento dei costi e della perdita di competitività. L’analista Laura von Daniels ritiene che l’impatto si farà sentire soprattutto per i fornitori specializzati del mercato USA.

Anche Jürgen Matthes, esperto di politica economica dell’Istituto di ricerca economica di Colonia (IW), evidenzia rischi analoghi per le aziende meccaniche. Per molte imprese tedesche, l’export verso gli USA costituisce una quota significativa del fatturato.

Sul fronte delle importazioni, la Germania nel 2024 ha acquistato dagli Stati Uniti merci per 91,4 miliardi di euro. Le principali categorie importate sono macchinari e relative parti, prodotti chimici e farmaceutici, e petrolio greggio. Un eventuale inasprimento delle politiche tariffarie europee nei confronti degli Stati Uniti comporterebbe ricadute anche sulle imprese manifatturiere tedesche che dipendono da componenti statunitensi.

L’interconnessione delle filiere globali fa sì che un aumento delle tariffe anche in un singolo segmento possa generare effetti a catena, ostacolando la produzione e alterando gli equilibri delle catene logistiche. Le aziende tedesche che operano nel settore aerospaziale, ad esempio, potrebbero dover rivedere i propri fornitori e affrontare costi aggiuntivi.

Guarra commerciale: più pericolosa per gli USA o per l’Europa?

Oltre alle ripercussioni sulle esportazioni e importazioni, le misure di Trump potrebbero indurre multinazionali statunitensi con sedi in Germania – come Tesla, Amazon e Microsoft – a riconsiderare la loro presenza nel Paese. Anche per questo motivo, l’Unione Europea valuta contromisure tariffarie da introdurre a partire da metà aprile. La Commissione europea ha già preparato un pacchetto di risposte, pur ribadendo la volontà di evitare uno scontro commerciale diretto.

L’UE potrebbe inoltre accelerare il completamento di accordi commerciali con altre aree geografiche, come il Mercosur in America Latina e i Paesi del Sud-est asiatico. Dal 2022 è in corso una trattativa con l’India per un accordo di libero scambio, che potrebbe trovare un’accelerazione. Ursula von der Leyen ha recentemente espresso fiducia nella possibilità di finalizzare l’intesa entro l’anno.

Secondo l’Istituto di Kiel per l’economia mondiale (IfW Kiel), la politica commerciale di Trump e l’introduzione dei dazi potrebbe avere effetti più negativi sugli USA che sull’Europa in generale e sulla Germania in particolare. L’istituto stima un calo del PIL statunitense dell’1,7% in un anno, un aumento dei prezzi del 7% e un calo dell’export del 20%. Per la Germania, le perdite previste sono dello 0,3% del PIL, mentre per l’UE si attestano attorno allo 0,2%.

I Paesi con forte dipendenza commerciale dagli USA, come Vietnam e Cambogia, potrebbero subire conseguenze ancora più rilevanti: per questi Stati, le esportazioni verso gli USA superano il 25% del PIL. L’effetto cumulativo delle tariffe può generare una spirale protezionistica: se ogni Paese colpito reagisce con propri dazi, l’intero sistema commerciale internazionale rischia un deterioramento.

In questo scenario,  la società di revisione contabile KPMG mette in guardia le imprese europee sui possibili impatti indiretti delle dispute tariffarie USA-UE, sottolineando che eventuali pressioni sui produttori locali potrebbero spingere l’UE ad adottare misure difensive per tutelare la propria industria.

La questione dell’andamento dei prezzi in Europa e in Germania dipenderà anche dalle decisioni comunitarie in materia di dazi. Secondo Matthes, è fondamentale che l’UE non replichi semplicemente la linea protezionistica di Trump, ma colga l’opportunità di rafforzare la cooperazione con altri partner commerciali.

Nel frattempo, alcune multinazionali tedesche del settore farmaceutico che operano anche negli USA, come Bayer e BASF, si trovano in una posizione ambigua: secondo un’inchiesta del quotidiano Tagesspiegel, le filiali statunitensi di queste aziende avrebbero effettuato donazioni ai candidati repubblicani durante la campagna elettorale, superando i contributi elargiti ai democratici.

Le oscillazioni dei mercati finanziari, come dimostrato dal recente crollo del DAX e del Dow Jones, testimoniano l’incertezza crescente generata dalle scelte di politica commerciale della Casa Bianca. La situazione, secondo molti analisti, resta fluida, ma il rischio di una guerra commerciale su larga scala rimane concreto.

Come reagiranno i mercati?

Il confronto tra i dati sulle esportazioni e sulle importazioni consente di osservare come, in numerose categorie merceologiche, la Germania esporti molto più verso gli Stati Uniti di quanto ne importi. Tuttavia, le catene di fornitura non sono facilmente sostituibili, soprattutto in settori altamente specializzati. I costi per sostituire un fornitore o riorganizzare una filiera produttiva possono essere elevati, con effetti sulla stabilità occupazionale.

Un altro elemento da considerare è la reazione dei consumatori. Se le tariffe si tradurranno in prezzi più elevati per alcuni prodotti importati dagli Stati Uniti, la domanda interna potrebbe spostarsi verso alternative europee. Tuttavia, in molti settori non esistono sostituti immediati, il che potrebbe influenzare negativamente la spesa delle famiglie.

Anche sul piano geopolitico, le misure di Trump rappresentano una sfida per l’Unione Europea. L’inasprimento dei rapporti commerciali con Washington potrebbe incentivare Bruxelles a rafforzare le proprie relazioni economiche con altre potenze, come la Cina o i Paesi dell’ASEAN. Tale riorientamento, tuttavia, comporta anche nuovi rischi e dipendenze strategiche.

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