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Restrizioni per l’ingresso negli Stati Uniti: i rischi per chi viaggia dall’Europa

Le notizie che arrivano dai centri di detenzione statunitensi, dopo l’entrata in vigore di alcuni degli ordini esecutivi del presidente Donald Trump, hanno generato enorme preoccupazione e non solo nei residenti che rischiano l’internamento ad libitum o la deportazione. Da quando è andata al potere l’attuale amministrazione statunitense, infatti, i viaggi negli Stati Uniti sono diventati estremamente complessi e perfino pericolosi anche per chi parte da Paesi i cui residenti non hanno neppure bisogno di un visto per recarsi negli usa, come dimostrano diversi casi di rifiuto d’ingresso e persino detenzione di cittadini europei e britannici e le nuove restrizioni che potrebbero colpire in mod particolare le persone trans e non binarie.

Diversi cittadini europei e non detenuti per settimane

Abbiamo già parlato della turista tedesca accusata di avere l’intenzione di lavorare illegalmente negli Stati Uniti e detenuta in quelle che ha definito “condizioni da film dell’orrore”, ma il suo non è stato l’unico caso. Un altro altro caso concerne un turista tedesco che, a seguito di un’incomprensione durante l’interrogatorio con il personale di sicurezza aeroportuale, avrebbe erroneamente dichiarato di risiedere a Los Angeles. L’errore, a quanto sembra, sarebbe da ricondurre alla mancanza di un interprete durante l’interrogatorio. Anche in questo caso, l’uomo è stato trattenuto per diverse settimane in un centro di detenzione prima di poter fare ritorno in Germania.

Il caso di Fabian Schmidt, 34 anni, presenta ulteriori elementi di complessità. Secondo quanto riferito dalla madre, l’uomo, residente negli Stati Uniti dal 2007 e in possesso della “green card” (permesso di soggiorno permanente che conferisce quasi parità di diritti rispetto ai cittadini americani), si trova ancora in stato di detenzione dopo aver tentato di rientrare negli USA a seguito di una visita in Lussemburgo. Non ci sono, al momento, indicazioni chiare di come ciò sia potuto accadere.

Altri episodi coinvolgono figure del mondo accademico: un medico libanese, in servizio presso la Brown University nel Rhode Island e munito di visto regolare, si è visto negare l’ingresso. Analogamente, uno scienziato francese diretto a una conferenza a Houston, Texas, ha subito lo stesso trattamento. In quest’ultimo caso, il ministro della Ricerca francese Philippe Baptiste ha mosso accuse agli Stati Uniti di aver inviato messaggi sul dispositivo mobile del ricercatore critici verso l’approccio scientifico dell’amministrazione Trump. Il Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti d’America (DHS) ha respinto tale affermazione, sostenendo che il rifiuto non fosse correlato alle opinioni politiche dello scienziato, ma alla presenza sul suo cellulare di “informazioni riservate” provenienti dal Los Alamos National Laboratory, notoriamente coinvolto in ricerche nucleari, configurando così una violazione di un accordo di non divulgazione. Resta il fatto che i dispositivi elettronici personali possono essere confiscati e il loro contenuto esaminato in assenza di sospetti, accuse e al di fuori del contesto di un’indagine ufficiale.

C’è poi il caso di Rebecca Burke, ventottenne britannica, che il 26 febbraio è stata detenuta alla frontiera con il Canada e rinchiusa in una struttura di detenzione per 19 giorni, con l’accusa di aver violato i termini del suo visto. Il suo “crimine”, hanno detto i genitori di Burke alla BBC, sarebbe stato utilizzare un sistema di viaggio che prevedeva di soggiornare gratuitamente in casa di alcune famiglie, presso le quali la ventottenne avrebbe aiutato nei lavori domestici in cambio dell’alloggio. Dopo 19 giorni, Burke è stata condotta in catene in aeroporto per essere rimpatriata.

Va specificato che, almeno fino al momento in cui scriviamo questo articolo, per tutti i casi di detenzione di cittadini europei nei centri statunitensi, gli unici dati certi sono le date di detenzione e di rilascio, ma sulle reali motivazioni e sulle basi giuridiche dell’operato delle autorità statunitensi non è possibile esprimersi con certezza. Tutte le accuse qui indicate vanno quindi considerate solo come “probabili”.

Il Ministero degli Esteri tedesco aggiorna le raccomandazioni di viaggio e indica nuove restrizioni per l’ingresso negli Stati Uniti. Viaggi a rischio per persone trans e non binarie

In risposta a questi eventi, il Ministero degli Esteri tedesco ha aggiornato le proprie raccomandazioni di viaggio per gli Stati Uniti, esortando i viaggiatori a verificare con attenzione la correttezza delle informazioni relative allo scopo e alla durata del soggiorno, pur mantenendo gli USA fra i Paesi di destinazione “sicuri” per i viaggiatori tedeschi. 

Sul sito del Ministero si legge che “precedenti condanne negli Stati Uniti, false informazioni sullo scopo del soggiorno o anche un lieve superamento del termine di soggiorno durante il viaggio possono portare all’arresto, alla detenzione e all’espulsione al momento dell’ingresso o dell’uscita”. L’autorità tedesca precisa inoltre che “un’autorizzazione ESTA o un visto statunitense non sempre danno diritto all’ingresso negli Stati Uniti”, essendo la decisione finale in capo alle autorità di frontiera americane.

Per quanto concerne i requisiti d’ingresso, attualmente i cittadini tedeschi possono effettuare soggiorni fino a 90 giorni per turismo e affari senza necessità di visto, presentando un passaporto biometrico valido e l’autorizzazione ESTA (Electronic System for Travel Authorisation), da richiedere online almeno 72 ore prima della partenza mediante il pagamento di una tassa di 21 dollari USA (circa 19 euro). L’ESTA, una volta approvato, ha validità biennale. In caso di rifiuto dell’autorizzazione, diventa necessario ottenere un visto, procedura che può richiedere diverse settimane.

Un elemento di potenziale criticità è rappresentato dalle nuove disposizioni dell’amministrazione Trump in materia di indicazione del genere sui documenti: sono riconosciute esclusivamente le diciture “maschile” o “femminile”. L’Ufficio federale degli affari esteri avverte che l’indicazione di una “x” come sesso o una discrepanza tra il genere indicato e quello assegnato nascita potrebbe causare problemi all’ingresso, consigliando agli interessati di informarsi preventivamente presso un’ambasciata o consolato statunitense circa l’eventuale necessità di nuovi documenti. Per le persone trans, questo equivale a una dichiarazione di non sicurezza degli USA come destinazione: chiunque viaggi con un documento che sia il risultato di una rettifica anagrafica, rischia di vedere trattato quel documento come non valido. Non ci sono indicazioni precise di quali procedure possano essere applicate in tali casi. Il rischio è quindi quello del rimpatrio immediato, nel migliore dei casi e, nel peggiore, della detenzione in uno stato di “limbo” giuridico per un periodo di tempo difficile da determinare.

Il visto risulta infine obbligatorio per tutte le tipologie di viaggio non classificabili come turismo o affari, includendo soggiorni per studio, formazione, ricerca, attività giornalistiche, programmi di scambio, esperienze alla pari o impiego.

In caso di diniego all’ingresso da parte dei funzionari di frontiera statunitensi, l’organizzazione non governativa American Civil Liberties Union (ACLU) suggerisce di revocare l’intenzione di entrare nel Paese. Normalmente, il permesso d’ingresso viene immediatamente annullato con obbligo di lasciare il territorio, sebbene i funzionari di frontiera mantengano la facoltà di trattenere i viaggiatori nonostante tale revoca. L’ACLU evidenzia che, formalmente, i controlli all’ingresso avvengono al di fuori del territorio statunitense, con conseguente assenza di tutela costituzionale, e raccomanda di contattare un avvocato il prima possibile. Tale assenza di tutela, precisa l’Ufficio Federale degli Affari Esteri, non comporta automaticamente il diritto a un avvocato; ai soggetti cui è stato negato l’ingresso è suggerito di contattare, dopo il rimpatrio, il Traveler Redress Inquiry Programme del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale (DHS), compilando un modulo online con informazioni personali e dettagli sull’esperienza negativa per richiedere informazioni o riparazione.

Le indicazioni della Farnesina

Queste indicazioni valgono in generale, mentre, per chi viaggia negli Stati Uniti d’America e ha la cittadinanza italiana, le raccomandazioni specifiche sono quelle che fanno riferimento alla Farnesina. In tutti casi, è opportuno consultare il portale Viaggiare Sicuri, per essere a conoscenza delle comunicazioni aggiornate che riguardano i cittadini italiani che intendono viaggiare verso gli USA. Si può anche contattare il ministero presso l’apposito call center, attivo 24/7, al numero +39 06 491115

In ogni caso, è essenziale assicurarsi di avere un ESTA valido e correttamente compilato in ogni sua parte. In quanto cittadini europei, coloro che hanno la nazionalità italiana hanno bisogno, per entrare negli Stati Uniti, del passaporto, con data di scadenza successiva alla data prevista per il rientr. I cittadini UE, in possesso di un passaporto elettronico o biometrico, possono beneficiare del programma di esenzione dal visto (VWP), che consente di entrare, per soggiorni turistici o di lavoro fino a 90 giorni, o transitare negli Stati Uniti senza visto, ma con un’autorizzazione di viaggio elettronica (ESTA).

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