Il primo maggio di una ragazza turca di Kreuzberg

© Alessandro Brogani
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di Alessandro Brogani

Salve, mi chiamo Hürrem, che in persiano vuol dire “gioisa” ed in arabo è Karima.

Abito a Kreuzberg, il quartiere “turco” di Berlino. Quest’anno per la prima volta ho voluto partecipare con la mia famiglia alla festa del 1° maggio, la cosiddetta Myfest.

Ci siamo svegliati all’alba per prepararci all’evento. Mio padre Besim e mia madre Cahide avevano già iniziato la sera prima a cucinare il cous cous e l’impasto per le felafel, mentre mia nonna Nezihe ha preparato una montagna di verdure.

A dire il vero tutti quanti nel quartiere si sono dati da fare come noi e la nostra via, Naunynstraße, non m’è sembrata mai tanto piena di suoni e voci come in quest’occasione.

A scuola ci hanno parlato del significato di questa festa e ci hanno detto che si celebra per ricordare le battaglie fatte verso la fine dell’Ottocento dai lavoratori americani, per conquistare migliori condizioni lavorative ed un orario meno lungo.

Eravamo dubbiosi se mettere fuori di casa la bancarella con i fornelli e tutte le buone cose da mangiare, anche perché le previsioni del tempo non erano delle migliori, ma abbiamo rischiato ed alla fine ci è andata bene. La mattinata è passata in fretta; non abbiamo avuto un attimo per respirare salendo e scendendo le scale a portare roba in strada e a preparare le ultime cose in cucina.

Fuori, in tutto il quartiere, moltissime persone stavano preparando i palchi per i vari musicisti; mi hanno detto che avrebbero suonato più di 160 gruppi e che in totale saremmo stati più di 300 a vendere cose da mangiare e bere sulle bancarelle. Io mi sono occupata delle Köfte, le nostre tipiche polpette cucinate anche in 200 modi differenti, mente mia sorella Selma si è occupata dei Börek, che sono una specie di pizze di pasta ripiene ed arrotolate.

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© Alessandro Brogani

La gente è iniziata a venire nelle prime ore del pomeriggio, sempre in numero maggiore. Tantissimi giovani da tutte le parti del mondo: tedeschi, inglesi, francesi, italiani, spagnoli, americani ed ovviamente noi turchi.

Ovunque si sentiva musica e tutti ballavano in strada con un bicchiere di birra in mano. Un ragazzo punk si è seduto sul marciapiede vicino a me e mi ha raccontato le sue pene d’amore: aveva bevuto, ma la storia sembrava molto romantica e mi sono commossa.

I miei amici che abitano in fondo alla strada si erano messi all’incrocio con Adalbertstraße ed affittavano le scale che avevano in casa a 50 centesimi, per fare una fotografia dall’alto a tutta la marea umana che intanto s’era formata, a perdita d’occhio.

Gli odori si mescolavano l’un con l’altro rendendo l’atmosfera simile ad un sūq, proprio come quello che ho visto ad Istanbul due anni fa, quando siamo andati a trovare gli zii.

Negli scorsi anni so che ci sono stati anche incidenti gravi qui a Berlino durante la manifestazione. M’hanno detto che tutto intorno al nostro Kiez era pieno di poliziotti che erano pronti a proteggere le oltre 40.000 persone venute nella zona. Io non me ne sono accorta. Forse perché non mi sono potuta allontanare dalla nostra attività.

I miei li ho visti stanchissimi, ma felici, quando abbiamo finito di mettere a posto tutte le cose che avevamo portato in strada questa mattina. Ho sentito un rumore verso mezzanotte, mi sono affacciata: era la pioggia, che come per non rovinare la bellissima festa, s’è presentata quando tutti ormai erano andati via felici. Il suo turno sarà forse per il prossimo anno.