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Armin Laschet si ritira: è la fine dell’opzione “Giamaica”?

Queste ultime elezioni hanno segnato una serie di tappe storiche per la Germania, ma anche per i partiti e per le carriere politiche dei singoli candidati. La fine dell’era Merkel è stata un passaggio generazionale, un esame politico e storico al quale non tutti sono arrivati preparati e che, con ogni probabilità, nel prossimo futuro sarà chiaramente identificabile in termine di promossi e bocciati – per non dire vincitori e vinti. Fra coloro che faticano a uscire dall’impasse a testa alta c’è indubbiamente Armin Laschet, candidato cancelliere della CDU, che qualcuno, all’inizio, aveva chiamato con poca convinzione il delfino di Merkel e che, dopo aver portato a casa il peggior risultato elettorale della storia per il proprio partito e aver comunque cercato di assicurarsi il posto da cancelliere, è pronto a fare il passo indietro che tutto il centro-destra si aspetta. Armin Laschet si ritira e lo fa per favorire il rinnovamento all’interno della CDU e perché vede “ancora qualche possibilità per la coalizione Giamaica” (CDU, Verdi, FDP). Ma, soprattutto, perché l’Unione non lo considera più un leader.

Armin Laschet si ritira, mentre l’FDP ammicca al centro-sinistra

L’annuncio ufficiale è stato dato giovedì, ma le dimissioni di Armin Laschet non saranno immediate: il candidato della disfatta vuole comunque avere un ruolo nella gestione della riorganizzazione interna del partito, che sarà discussa in un congresso a dicembre. Se le dichiarazioni di Laschet esprimono una fiducia incrollabile nel “progetto Giamaica”, tuttavia, le consultazioni per una possibile coalizione “semaforo” (SPD, Verdi, FDP) sembrano procedere speditamente e promettere una certa armonia fra i partecipanti, il che sembra lasciare una finestra di possibilità sempre più ristretta per un ruolo della CDU/CSU all’interno della nuova maggioranza di governo. Il segretario generale della FDP, Volker Wissing, all’indomani del primo colloquio esplorativo si è riferito alle differenze con i possibili alleati in termini di “ostacoli superabili” e tutte le parti coinvolte nell’incontro hanno espresso valutazioni positive e ottimiste circa la possibilità di governare insieme.

Olaf Scholz
Olaf Scholz all’indomani delle elezioni ©
Focke Strangmann

Sulla “superabilità” di certi ostacoli, tuttavia, si dovrà fare chiarezza nei prossimi colloqui. Gli scogli più ardui da aggirare potrebbero essere la patrimoniale e gli aumenti delle tasse per i ceti più abbienti, che Olaf Scholz (SPD) ha indicato come fonti di finanziamento per le misure di protezione del clima e rafforzamento dell’infrastruttura digitale, e che sono ampiamente sostenute dai Verdi, ma diametralmente opposte a quanto promesso dall’FDP in campagna elettorale. Trovare un margine di manovra e di governabilità senza un accordo su questi temi potrebbe essere difficile e al momento si vocifera che a cedere potrebbe essere il centro-sinistra. Qualche possibilità di accordo in più si intravede sul salario minimo, che, ancora una volta, vede l’FDP in posizione contraria rispetto agli altri due partiti.


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Quanto agli obiettivi di riduzione delle emissioni e neutralità climatica, tutti i partiti sono d’accordo sulla direzione, ma Verdi ed FDP non combaciano sulla velocità: i liberali hanno obiettivi meno ambiziosi in termini di tempo, di riduzione delle emissioni e di passaggio alle energie rinnovabili.

Chi sarà il successore di Laschet alla guida dell’Unione?

L’altro dibattito che ferve, in questo momento, è quello sulla guida dell’Unione, che ha bisogno di darsi una nuova identità per tornare a essere un interlocutore credibile per l’elettorato. Se Armin Laschet si ritira, chi sarà il nuovo volto della CDU? Fra i candidati più appetibili, in questo momento, c’è Friedrich Merz, del quale si era già parlato come possibile leader in occasione delle primarie e che ha lodato Laschet per la sua scelta di fare un passo indietro.

C’è poi da considerare la posizione dell’altro “grande escluso” alle primarie dell’Unione, ovvero il bavarese Markus Söder, leader della CSU, che si è invece dichiarato apertamente pessimista sulla possibilità di una coalizione “Giamaica” e che alcuni accusano di essere più interessato a danneggiare Laschet che a favorire il partito.

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