Intervista al nuovo Ambasciatore d’Italia a Berlino, Fabrizio Bucci

Fabrizio Bucci è nato a Roma nel 1964 e si è laureato a Roma in Scienze politiche nel 1988. Entrato in carriera diplomatica nel 1992, è stato assegnato prima alla Direzione Generale Personale e poi alla Direzione Generale Affari Politici. Partito per l’estero nel 1996 per prestare servizio al Cairo, vi è rimasto fino al 2000. In seguito è stato assegnato alla Rappresentanza permanente presso la UE.
Rientrato a Roma nel 2004, è stato assegnato alla Segreteria Generale, Unità per il Coordinamento.
È partito per Washington nel 2007, per rientrare poi in Italia nel 2013. Qui ha ricoperto la funzione di Capo dell’Unità Afghanistan presso la Direzione Generale Affari Politici. Nel 2010 è stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica. Promosso al grado di Ministro Plenipotenziario nel gennaio del 2014, è stato in seguito nominato Direttore Centrale per l’Integrazione Europea e ha infine assunto le funzioni vicarie di Direttore Generale per l’Unione Europea.
L’8 gennaio 2020 è stato Ambasciatore d‘Italia in Albania. Dal 20 gennaio 2025 è Ambasciatore d’Italia in Germania. Il 31 gennaio 2025 ha presentato le Lettere credenziali al Presidente della Repubblica Federale di Germania, Frank-Walter Steinmeier. Lo abbiamo intervistato a circa due mesi dal suo insediamento.
Si è insediato da pochissimo ed è quindi all’inizio del suo mandato. Vuole presentarsi ai nostri lettori e ai connazionali in Germania?
Sono appena arrivato qui a Berlino dopo una bella esperienza nei Balcani. Sono stato cinque anni in Albania, prima di allora sono stato in servizio a Washington, a Bruxelles, al Cairo, ho girato molto, come tutti i diplomatici. A livello personale mi piace molto l’arte, la letteratura, la cultura, amo la natura. Soprattutto mi piace il contatto con le persone, scoprire posti nuovi e aprirmi a tanti stimoli.
Noi diplomatici lottiamo sempre tra due sentimenti contrastanti: la fatica di dover iniziare ogni volta, ogni 3-4 anni, una nuova vita, con tutto quello che comporta in termini di sacrifici familiari e la curiosità, che poi ti spinge ogni 3-4 anni a mettere tutto in un container, spedirlo dall’altra parte del mondo, arrivare in un nuovo Paese e ricominciare da capo. Per poter fare questa vita fatta di alti e bassi, di montagne russe costanti, è necessaria una grande motivazione e anche molta umiltà. Perché ogni volta si arriva in un posto nuovo, dove non si conosce nessuno, dove si deve imparare. Per questo siamo un po’ dei “ripetenti a vita”, ogni volta ci tocca ricominciare a studiare perché quanto acquisito nella vita precedente può non valere più. E questa spinta ci porta a rimettere in gioco, ogni volta, certezze, stabilità e conoscenze acquisite.
Anche qui continuerò a portare avanti questo approccio, aprendo questo bellissimo palazzo dell’Ambasciata alle attività, ai contenuti, alle persone. Vorrei che questa diventasse un po’ una “Casa Italia”, un punto di riferimento, non solo fisico, ma anche culturale ed emotivo, per i connazionali a Berlino e in Germania. A proposito: siamo aperti a idee e suggerimenti sulle cose che potremmo fare insieme!

C’è qualcosa che l’ha colpita in particolare della città, che ha catturato la sua attenzione?
L’impressione è molto positiva, è una città molto bella, un concentrato di storia, arte, energia, cosmopolitismo. Quello che mi ha colpito di Berlino non è soltanto la sua offerta culturale sterminata, ma il fatto che sia una città multiforme, è come se fosse composta da tante città in una.
Non parlo solo della divisione tra quelle che un tempo erano la parte est e ovest della città, ma anche di come, all’interno di queste due aree ci siano tanti mondi che si incastrano. Puoi trovarti sulla Karl Marx Allee, su questo viale monumentale con questi edifici bellissimi, e ti basta spostarti anche di poco, per scoprire un microcosmo completamente diverso.
Lo stesso vale ovviamente anche all’ovest, a Mitte come a Prenzlauer Berg, e per tutti gli altri suoi quartieri che sto scoprendo a poco a poco. Poi è anche una città di pianura, che si gira facilmente in bicicletta.

Va in bici? È possibile vederla sulle ciclabili di Berlino?
Assolutamente sì, ho la mia bicicletta e sto esplorando la città. Oltretutto il navigatore mi fa fare delle strade bellissime e sto scoprendo degli angoli di Berlino che altrimenti non avrei mai conosciuto. Sono qui da poco più di due mesi, ma sono veramente entusiasta.
Dal punto di vista programmatico, quali saranno gli obiettivi più a breve termine della sua missione?
Il compito principale di qualsiasi ambasciatore è rafforzare i rapporti bilaterali tra il Paese che rappresenta e il Paese in cui vive. Quindi questo, ovviamente, è il primo obiettivo. La Germania è un Paese di riferimento per noi, il nostro primo partner commerciale, il primo Paese cliente, il primo Paese fornitore. L’anno scorso, l’interscambio è stato di 155 miliardi di euro. Qui ci sono tante aziende italiane, così come ci sono tante aziende tedesche in Italia. Parliamo di tante filiere produttive assolutamente coordinate e integrate, come l’automotive
Il filone economico-commerciale è sicuramente prioritario, ma i due Paesi hanno tanti altri interessi comuni sia a livello bilaterale e sia in Europa. Proprio quest’ultimo è un punto importante, su cui metterò particolare enfasi. Mi riferisco al fatto che un forte rapporto tra Italia e Germania è importante non soltanto di per sé, ma anche in chiave europea e internazionale, soprattutto in un momento come questo in cui si stanno ridisegnando gli equilibri europei e internazionali.
A Bruxelles il partenariato tra gli Stati membri, soprattutto a quelli più grandi e più importanti storicamente come Italia e Germania, è fondamentale per un’essenziale azione di stimolo e indirizzo in settori cruciali come difesa, sicurezza, senza dimenticare l’economia, l’energia, la politica industriale, la politica commerciale e così via.
Non dimentichiamoci inoltre che l’Unione Europea rimane comunque una storia di successo. Spesso ci concentriamo sugli aspetti negativi, ma ricordiamoci anche i tantissimi aspetti positivi come la creazione del mercato interno e le quattro “libertà” (delle persone, dei servizi, delle merci, dei capitali) che lo sostengono, o anche i fondi europei che tanto hanno contribuito allo sviluppo dei nostri territori. Che l’UE sia un grande progetto è confermato ad esempio dai successivi allargamenti: dai 6 Paesi fondatori (oltre a Italia e Germania, anche Francia, Belgio Lussemburgo e Paesi Bassi) ai 27 Stati membri di oggi. Con tanti altri Paesi (pensiamo a quelli dei Balcani), che stanno negoziando il loro ingresso nella UE. Un progetto che non è soltanto economico e commerciale, ma che rappresenta anche una grande comunità di valori e di principi comuni: libertà, democrazia, supremazia del diritto e delle regole. A mio avviso, questa è la grande forza dell’Europa.

Restiamo sull’Europa. Alla luce di quanto ha appena detto, come vede il fatto che il progetto europeo sia spesso messo in discussione, al momento? Qual è la sua posizione?
L’Europa intesa come Unione Europea è la nostra casa, è entrata nelle nostre vite ed è sempre più importante. Soprattutto per i giovani è un fatto acquisito. Pensiamo per esempio all’Erasmus: oggi i ragazzi che studiano all’università possono completare i loro studi in un qualsiasi Paese membro dell’Unione Europea, così come possono studiare in un Paese, specializzarsi in un altro e andare a lavorare in un terzo Paese ancora. È questo uno dei tanti “valori aggiunti” che le generazioni più giovani danno per scontato (e devo aggiungere: fortunatamente!), ma non lo era ad esempio per quelli della mia generazione.
È vero, a livello internazionale le crisi sono tante. Basti pensare al conflitto in corso in Ucraina con l’aggressione della Russia o anche al pericolo di nuove guerre commerciali. Davanti a noi abbiamo tante sfide, ma anche in questo io sono ottimista. Del resto, noi diplomatici vediamo sempre il bicchiere mezzo pieno, perché da ogni crisi nasce un’opportunità. Una delle grandi qualità dell’Europa è sempre stata quella di aver tratto profitto dalle crisi per unirsi e diventare più forte. A partire dagli anni settanta e dal primo shock petrolifero alle altre recessioni che hanno colpito le economie mondiali, l’Europa ha saputo costruire un mercato unico di mezzo miliardo di persone, integrare progressivamente tante politiche settoriali come il commercio e l’agricoltura, introdurre una moneta unica (cosa che ci ha reso più resilienti nei confronti delle turbolenze economico-finanziarie degli ultimi anni), e così via.
Tornando ad oggi, sono certo che la guerra in Ucraina ci ha fatto capire quanto sia importante fare di più sul piano della difesa e della sicurezza. Il mondo di oggi è purtroppo ancora denso di minacce e l’Europa deve attrezzarsi e prepararsi a fare di più.
Tornando ai rapporti bilaterali tra Italia e Germania, sul piano economico quali relazioni virtuose potrebbero aiutare entrambi i Paesi? Qual è la chiave giusta per collaborare al meglio?
La chiave giusta è riuscire a lavorare su tutti i filoni prioritari che compongono il grande partenariato economico e commerciale che lega Italia e Germania.
Proprio nei giorni scorsi, ad esempio, abbiamo organizzato qui in Ambasciata una discussione dedicata alle prospettive dell’industria aerospaziale. Si tratta di un settore molto promettente, dove Italia e Germania possono fare molto insieme. In una logica di inclusività abbiamo coinvolto anche la Francia, perché i nostri tre Paesi sono leader nell’aerospazio. Non parliamo solo di satelliti, ma anche di esplorazioni spaziali, realizzazione di vettori, lanci e così via. Peraltro, ben l’85% del bilancio dell’Agenzia Spaziale Europea-ESA è finanziato da questi tre Paesi.

Un altro settore fondamentale dove accrescere la nostra cooperazione è quello delle nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale. Come europei, sull’IA abbiamo un gap gigantesco da colmare. Se guardiamo agli ultimi dieci anni, in questo settore gli Stati Uniti hanno investito 300 miliardi di dollari, la Cina 100 e l’Unione Europea soltanto 23.
Altro filone prioritario è quello dell’energia. Ancora, la guerra in Ucraina ci ha ricordato come dipendere da un unico fornitore ti ponga in una condizione molto difficile, se quel fornitore ad un certo punto decide di “chiudere il rubinetto”. Stiamo lavorando con la Germania per realizzare quell’unione per l’energia nata nel 2015 a livello europeo e che tra i vari pilastri prevede, ad esempio, la diversificazione delle fonti (quindi non solo fossili ma anche rinnovabili), e la diversificazione delle rotte. Cosa che ci consentirà in futuro di non dipendere da un unico fornitore.
Parlando di innovazione e ricerca, quanto spazio darà a questi due ambiti nell’ambito della sua missione?
Moltissimo, perché sono i settori del presente e del futuro, che hanno il maggior valore aggiunto. E parlando di ricerca e sviluppo, forse non molti sanno che qui in Germania abbiamo una grandissima comunità di scienziati, medici e ricercatori italiani. Con più di 5.000 unità (e con moltissime donne), è la seconda più ampia comunità (dopo quella indiana ma prima di quella cinese) presente in questo Paese. Questo ci fa capire quanto l’eccellenza italiana si esprima anche in questi campi.
Negli anni scorsi abbiamo lanciato un’associazione che si chiama SIGN e che ha lo scopo di mettere in rete proprio questa ampia comunità di scienziati, medici e ricercatori con l’obiettivo di “fare sistema” e di favorire un progressivo avvicinamento tra mondo della ricerca e quello dell’economia. Per i nostri due Paesi, che rappresentano le due principali manifatture del Continente e che fanno della ricerca e sviluppo dei fattori di crescita cruciali, si tratta di un obiettivo davvero prioritario, su cui intendo concentrarmi al massimo.
Vuole aggiungere qualcosa per concludere?
Prendo spunto proprio da quest’ultimo esempio degli scienziati italiani in Germania per toccare un ultimo punto. Quando vieni qui, ti rendi conto di quanto i tedeschi amino il nostro Paese. Ti parlano delle nostre bellezze, del Lago di Garda, della cucina italiana, della moda e così via. Naturalmente, è una cosa che ci rende orgogliosi. Ma l’Italia è anche tanto altro.
Qui in Germania credo che pochi sappiano che l’industria farmaceutica italiana è la prima in Europa ormai da qualche anno. O anche che l’Italia è prima in Europa per l’economia circolare e per il riciclo dei rifiuti. O che in ambito G7 il nostro Paese è primo per produzione di acciaio prodotto con energia “verde”. Per non parlare dell’industria aerospaziale, delle nanotecnologie e così via. Potrei fare tanti altri esempi, ma l’idea di fondo è la stessa. E cioè che c’è tutta una Italia (soprattutto quella dei primati) poco conosciuta. Uno dei miei obiettivi principali è farla conoscere agli amici tedeschi.