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Latitanza e capoeira: il doppio volto di Daniela Klette, ex RAF nascosta a Berlino

Per trent’anni è sfuggita alle autorità. Poi, a febbraio, la cattura: Daniela Klette, ex militante della cellula terroristica Rote Armee Fraktion (RAF), è stata arrestata in un appartamento a Kreuzberg, nel cuore di Berlino, dove viveva sotto falso nome e frequentava corsi di capoeira.

La donna si univa spesso agli artisti e ai partecipanti che animano il carnevale delle culture della capitale tedesca. Oggi è rinchiusa in isolamento nel carcere di Vechta e da marzo è sotto processo, accusata di gravi reati legati al terrorismo.

Anni a Berlino sotto copertura: tra corsi di capoeira e parate di carnevale

A Berlino Daniela Klette era Claudia Ivone. Nessuno sospettava nulla. Frequentava corsi di capoeira, danze afro-brasiliane, pilates. Partecipava alle parate in costume. L’insegnante di capoeira che l’ha conosciuta nel 2009 durante la parata di carnevale a Kreuzberg, la descrive come “una delle tante allieve”, riservata, rilassata, semplice, senza trucco, ecologista. Mai avrebbe immaginato che quella donna così gentile e disponibile fosse una ricercata internazionale.

“Quando mi hanno chiamato per dirmi che Claudia era una terrorista e si chiamava Daniela non ci credevo. Ho pensato fosse uno sbaglio e ho riattaccato” ha raccontato. Poi la notizia aveva cominciato a circolare ufficialmente, fino a comparire anche in un approfondimento New York Times. A quel punto era venuto meno ogni dubbio e la donna aveva realizzato che “Claudia” era solo una maschera, indossata per più di dieci anni.

L’insegnante di capoeira: “Non la ritengo un mostro”

Tra le persone che hanno condiviso momenti di vita con Klette a Berlino senza conoscerne la vera identità c’è anche un cittadino brasiliano, di qualche anno più giovane, che avrebbe avuto con l’ex RAF una relazione sentimentale. Si sarebbero conosciuti in Brasile e non è ancora chiaro come Klette sia riuscita a viaggiare oltreoceano senza essere identificata. Con l’uomo ci sarebbe stata una convivenza di alcuni mesi, prima della chiusura. “Non ha funzionato, il che posso immaginare facilmente, quando si mente tutto il tempo” è il commento dell’insegnante di capoeira, che si sente tradita nella fiducia.

In ogni caso, nonostante la costernazione, non ritiene Klette “un mostro” e in generale mantiene una posizione prudente. “Per me vale comunque la regola che una persona è colpevole solo quando viene dichiarata tale da un tribunale” ha commentato.

Il caso si sta rivelando uno dei più sorprendenti intrecci tra vita clandestina e quotidianità urbana. Una storia in cui la verità si è nascosta per decenni, anche sotto i tamburi della capoeira e le maschere di carnevale.

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