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“La cattiveria non esiste”: Andrea Appino si racconta. E l’11 febbraio suona a Berlino

Andrea Appino, cantante degli Zen Circus, torna a suonare Berlino con un ultimo tour indoor, prima di chiudere a tempo indeterminato l’esperienza solista. L’11 febbraio 2025 salirà infatti sul palco del Monarch con un set acustico e minimale, ma di grande impatto emotivo. Qui trovate l’evento Facebook ufficiale e qui potete acquistare i biglietti.
Il suo ultimo lavoro, “Humanize“, è uscito a novembre 2023, otto anni dopo l’ultimo disco solista, “Grande raccordo animale” e dieci dopo “Il Testamento” (2013), vincitore della Targa Tenco come migliore opera prima. La scaletta prevede brani da tutti e tre i dischi solisti, con arrangiamenti rinnovati.
Queste le parole di Andrea in merito al tour:
“Come ormai da tradizione, chiuderò questa terza parentesi a mio nome con un esercizio di solitudine. L’ultimo giro di giostra, poi queste canzoni torneranno a riposare in pace. Per altri dieci anni o per sempre? Chi lo sa”.
Intanto, Andrea Appino si è raccontato a Lucia Conti per Il Mitte.

Sui tuoi social c’è scritto: ho tre date per lasciare un bel ricordo (Berlino, Bruxelles e Londra, ndr) e poi basta Appino, davvero. Perché così drastico?

Ahahah, è il mio modo di fare, allegramente fatalista (mi autocito!). Però se ci pensi è vero: l’ultima volta che ho fatto un disco e un tour a mio nome era dieci anni fa e non credo ne rifarò per un lasso di tempo abbastanza simile. Periodo che potrebbe anche coincidere con la fine della mia esperienza terrestre, che ne so? 

Speriamo di no! Hai suonato per la prima volta a Berlino nel 2013 e in quell’occasione ti abbiamo anche intervistato, ricordo. Cos’è cambiato in questi dieci anni, per te e nel modo in cui vivi la musica?

Nulla. Che sia un house concert come a Berlino nel 2013, un festival con migliaia di persone con gli Zen, il palco di Sanremo o un club da qualche centinaio di persone, la vivo sempre nel solito modo. Ovvero mi sento a casa mia. Suonare dal vivo rimane la mia ancora di salvezza, il mio modo di sentirmi connesso al mondo. Altrimenti sarei un mezzo eremita misantropo.

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Andrea Appino. Foto di Davide Barbafiera

In un’intervista a Silvia Santachiara del 2019, subito dopo Sanremo, hai detto di aver scritto “L’amore è una dittatura” proprio nella capitale tedesca, una notte, sulla carta igienica del bagno di un bar. Berlino ti ispira? Ed è sempre una dittatura, l’amore?

Già, scritta di getto da solo, in tarda serata. Sono, ahimè, un fumatore incallito e poter bere e fumare nella penombra di questo bellissimo localino mi aveva portato lontano con la testa. L’amore è una dittatura, confermo. Non c’è niente di democratico nell’amore. 

Veniamo al presente. Dopo otto anni di ricerca, hai pubblicato HUMANIZE, un concept album solista sull’umanità fatto di dilatazioni, contrazioni, elettronica, neo-psichedelia, alternative folk e molto altro. È stato difficile sottrarsi al ritmo convulso della produzione musicale contemporanea?

Me lo chiedono spesso. No, non è stato difficile, basta sapere che non avrai un riscontro immediato e che sarà tutto dilatato negli anni. Poi, parliamoci chiaro, quando mi hanno detto di essere stato addirittura “coraggioso” ho risposto: lo sarei stato se questo fosse il mio progetto principale. Ma il mio progetto principale si chiama Zen Circus, gode di ottima salute e vive dell’amore di una famiglia numerosissima ed affettuosissima. Quindi ho le spalle abbastanza coperte per dedicarmi a progetti che non siano necessariamente di immediato realizzo.  

“8 anni di lavoro condensati in 72 minuti di musica, 23 tracce, 14 canzoni, 9 comizi di umanità. Un viaggio attraverso ciò che più ho amato, più ho odiato e meno ho capito al mondo: noi” hai dichiarato. Cosa ti ha colpito di più, durante questo viaggio? 

La dolcezza dei miei simili. Alla fine credo vivamente che non esista la cattiveria, anche in coloro che per azioni compiute potremmo serenamente definire “i peggiori”. Così come non credo che esista la bontà.

Siamo un coacervo di sentimenti contrastanti e morali dettate dalle condizioni sociali e gli ambienti circostanti. Rispondiamo alla natura, come fanno tutti gli altri esseri viventi, ma lo facciamo immersi in questa condizione di semi-coscienza che chiamiamo anima. In noi convivono le cose più alte e quelle più basse. La vita sembrerebbe essere un costante gioco di equilibrio fra questi due estremi. 

Cosa porterai sul palco, a Berlino, e cosa vuoi dire a chi ti segue da anni, nell’imminenza di queste tre date “conclusive”?

Porterò il tour più bello che ho fatto quest’anno, ovvero quello solitario per chitarra, voce, stomp ed effetti. Perché è la modalità che sento più mia e che riporta le canzoni a dove sono nate. Mi piace l’idea di riporre queste canzoni in custodia per altri dieci anni, o quanto sarà, in luoghi più lontani del solito.

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