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Intervista a Federico Fiumani, a marzo a Berlino per i 40 anni di “Siberia”

A marzo, a Berlino, i Diaframma di Federico Fiumani saliranno sul palco del Frannz Club per un concerto imperdibile, che vuole celebrare i 40 anni di “Siberia“. In quell’occasione verrà eseguita integralmente la tracklist di un album che ha fatto la storia dell’underground. Qui potete acquistare i biglietti per il concerto.

Dopo un tour italiano che ha confermato l’amore transgenerazionale per questo album rimasto una pietra miliare, nel panorama indipendente, i Diaframma arrivano anche nella capitale tedesca grazie a BIS! (Berlin Italian Shows), che a Berlino ha già organizzato l’ormai iconico primo concerto di reunion dei CCCP, a 34 anni dallo scioglimento ufficiale della band. Nell’attesa di quello che di sicuro sarà un altro grande concerto, Lucia Conti ha fatto qualche domanda a Federico Fiumani, voce, songrwriter e fondatore della band.

Quarant’anni fa usciva “Siberia”, un disco iconico e praticamente non scalfito dal tempo. Perché pensi che abbia inciso così tanto nella musica alternative italiana?

Preferisco non saperlo, il motivo. Sono ovviamente molto felice di questo, che abbia resistito al passare del tempo, che non sia caduto nell’oblio, il disco, a differenza di tantissimi altri.

La qualità particolare della tua malinconia è unica, nel suo genere, perché in qualche modo riesce a coniugare profondità e levità. Che rapporto hai con questo stato d’animo e che rapporto ha la malinconia con la tua musica?

Sì, è vero, sono un tipo malinconico che sta bene solo, cha ama il silenzio e la pace. Mi piace la malinconia anche nella musica, penso al Chameleons UK, o anche ai miei amati Television.

Ho scritto molte canzoni tristi. Quelle in “Siberia” lo erano quasi tutte. Non è stata una giovinezza spensierata, la mia. Ho perso il padre a 5 anni, è cominciato tutto da lì.

Ti prepari a riproporre interamente questo vostro album storico a Berlino, per i suoi quarant’anni. Che effetto ti fanno gli “anniversari”?

Questo qua molto bello: abbiamo fatto un sacco di date, molte sold out. Per il resto direi abbastanza indifferenti.

Faccio coming out: non sopporto Sanremo. Anche se rispetto i gusti di chi lo ama, naturalmente. Tu hai rifiutato di partecipare non perché fossi particolarmente “contro”, ma perché non lo sentivi adatto a te. Oggi come la pensi? E che ne pensi in generale di questo show, che sembra aver fagocitato anche l’indie contro-culturale di un tempo?

Se fossi andato a Sanremo ci sarei andato da solo, senza band e con l’imperativo categorico da parte della Ricordi di fare musica commerciale, e non me la sono sentita, né mi sono mai pentito di questa scelta. Rispetto ovviamente chi ci va.

È vero, ormai Sanremo sta inglobando quasi tutti i generi musicali, compresi quelli solitamente underground. Le cose vanno così… ai miei tempi esisteva un circuito underground fatto di locali, fanzines, negozi di dischi… era un mondo diverso.

Hai sempre letto molto e si nota, nei testi e nelle atmosfere che riesci a creare. Cosa stai leggendo al momento?

Ho finito ieri l ‘autobiografia di Lol Tholrust dei Cure, molto bella. Poi sto leggendo “Pastorale Americana” di Philip Roth (pesantuccio), ” Il mare colore del vino” di Sciascia e “La leggenda di Johnny Thunders” di Andrea Valentini.

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