Perù in rivolta, intervista con Lourdes Huanca Atencio: “Non ci fermeremo!”

La situazione in Perù, al momento, è incandescente. L’ex presidente Pedro Castillo, del partito marxista-leninista-mariateguista Perù Libre, è in detenzione preventiva dal 7 dicembre per aver tentato di sciogliere il Parlamento, al fine di evitare una procedura di impeachment, ma si dichiara vittima di una “vendetta politica” da parte dei suoi avversari. Eletto nel 2019, è durato appena 17 mesi. La vicepresidente di Castillo, Dina Boluarte, ha prestato giuramento come nuovo capo di Stato lo stesso giorno della destituzione dell’ex presidente, da cui ha preso le distanze.
A seguito della vicenda, si è scatenata nel Paese un’ondata di proteste da parte dei sostenitori di Castillo, che hanno portato a scontri pesanti con le forze dell’ordine e a quasi 60 morti, senza contare centinaia di feriti e di arresti. Ad appoggiare Castillo sono soprattutto contadini e studenti, che vedono in quanto accaduto il risultato di un’abile manovra, orchestrata dalla destra conservatrice per togliere di mezzo un outsider “pericoloso” .
Il 28 gennaio, a Berlino, si è tenuta una manifestazione per chiedere la liberazione di Pedro Castillo e la destituzione di Dina Boluarte. Tra i manifestanti c’era anche Lourdes Huanca Atencio, presidente della Federazione nazionale delle donne indigene contadine artigiane salariate del Perù. L’ha intervistata per noi Oswaldo Dìaz Medina, autore del pezzo che segue. Ringraziamo Lorin Decarli per la mediazione e la traduzione.

di Oswaldo Dìaz Medina
Pochi giorni dopo l’arresto del presidente peruviano Pedro Castillo, la presidente della Federazione nazionale delle donne indigene contadine artigiane salariate del Perù (FENMUCARINAP), Lourdes Huanca Atencio, è stata rinchiusa in una stanza, contro la sua volontà. Da lì a poco la polizia avrebbe messo in atto ricerche su tutto il territorio per trovarla e incarcerare anche lei. I suoi amici e collaboratori l’hanno quindi nascosta, riuscendo poi a farle lasciare il Paese. Huanca ha lavorato al fianco del Presidente, ma rappresentando la sua organizzazione.
La fine di Castillo, accusato di voler esautorare il Congresso e di tradire così il Paese, ha lasciato un vuoto e tanti quesiti. L’attuale governo – in carica da inizio gennaio – è responsabile già di oltre 60 vittime e di una violenza brutale che scuote ormai tutto il Paese e cha generato un’insurrezione nazionale che non sembra voler finire.
Le radici di questa protesta sono da cercarsi però nelle lotte delle organizzazioni contadine e indigene locali, nazionali e pan-amazzoniche, che hanno svolto un ruolo sempre più attivo nel sostenere politiche che rispettano i loro diritti territoriali e l’ambiente. Si teme ora che, senza Castillo, le regioni peruviane ricche di materie prime vengano saccheggiate e avvelenate definitivamente dalle multinazionali hi-tech. Una condanna finale per le popolazioni che li vivono. Lourdes Huanca Atencio è ora in Europa. L’abbiamo incontrata e intervistata a Berlino, durante una manifestazione organizzata dalla comunità peruviana.

Vorrei iniziare dalla polemica generata dalla sua presenza qui. Dal fatto che l’ambasciatore peruviano in Spagna e alcuni media di Lima sostengono che lei sta visitando l’Europa per disinformare l’opinione pubblica su quel che sta accadendo in Perù
Dobbiamo capire che devono giustificare il massacro dei nostri fratelli contadini indigeni. La destra, purtroppo, è artefice di una politica neoliberista che ci danneggia.
Da quando Pedro Castillo ha assunto la presidenza, per loro è stato sempre e solo un sasso nella scarpa. È durato solo un anno e sei mesi, durante i quali non lo hanno mai lasciato governare. Non gli hanno mai concesso nemmeno una tregua affinché potesse dedicarsi a governare bene il Paese. Io parlo perché gli siamo stati vicini. Le contadine indigene, che fanno parte della Federazione Nazionale delle Donne Contadine, Artigiane, Indigene, Native e Salariate del Perù, hanno deciso di dargli questo appoggio in un’assemblea, prima del secondo turno elettorale.

In Perù si finisce sempre per votare per il meno peggio. Questa volta le nostre compagne femministe più anziane, di oltre 60 e 70 anni, si sono alzate e hanno detto: “Queste elezioni non voteremo per il male minore. Questa volta voteremo per un figlio del popolo, Pedro Castillo, un figlio della provincia. È un contadino, sua madre e suo padre sono contadini”.
Ecco perché noi, come donne, fino ad oggi non abbiamo smesso di lottare. La destra ci ha tolto la democrazia partecipativa, per la quale siamo andate a votare. E queste destre, le grandi imprese e i monopolisti, devono spiegarci come possono sostenere che vi sia democrazia nel nostro Paese se poi – eletto democraticamente un presidente – non ne accettano il mandato popolare.
In una riunione in cui erano presenti anche i ministri, abbiamo chiesto a Castillo: “Signor Presidente, i nostri bambini muoiono con il piombo nel sangue, hanno il cancro, i nostri fiumi sono inquinati, la nostra Pachamama è sterile e avvelenata. Lei, come presidente, cosa farà?”. Lui ci ha risposto che era il momento di rivedere le concessioni pubbliche e i contratti di estrazione e sfruttamento accordati in passato. Ebbene, questo è stato il suo peccato. Lo ha sostenuto in tutto il Paese, regione per regione. Ecco perché oggi contadini e indigeni si stanno sollevando, perché è chiaro che vogliono continuare a toglierci ciò che è nostro, la nostra patria.

La voce dei popoli indigeni sembra non essere ascoltata da tante organizzazioni che vigilano sul rispetto dei diritti umani, cosa ne pensa e quali strategie o misure ritiene necessarie in Perù?
L’unica cosa che resta a noi popoli indigeni è continuare a lottare per i nostri figli. Sappiamo che ci sono molti organismi internazionali che difendono i diritti umani, non possiamo tornare indietro. Perché tra 10 anni, tra 15 anni, saremo sempre noi, i nostri figli e nipoti, a essere uccisi. Quello che ci stanno facendo è questo… per più di 500 anni le nostre nonne, le nostre bisnonne hanno combattuto, i nostri leader hanno dato la vita. Anche per questo oggi è importante strutturare alleanze strategiche dentro e fuori la nostra comunità. Oggi non è solo il Perù ad averne bisogno. Dina Boluarte e il suo governo sostengono che la Bolivia e Colombia stanno interferendo nelle questioni peruviane. Beh, vadano al diavolo! I popoli indigeni non hanno confini.

Lei è presidente della FENMUCARINAP. Come è arrivata esattamente in questa posizione?
Siamo un’organizzazione presente in tutto il Paese, siamo circa 160.000 donne. Ma all’interno dell’organizzazione non ci sono solo le socie, ci sono anche i soci, i nostri figli, le nostre figlie. Le nostre famiglie fanno parte della nostra organizzazione. L’unica differenza è che gli uomini non possono essere dirigenti. Non possono perché è un’organizzazione femminile e femminista.
In questa organizzazione abbiamo due colonne portanti: la prima, come femminista in un’organizzazione di donne, è difendere i nostri diritti, dei nostri territori, dei nostri corpi e farci rispettare. Darci quindi potere economico, politico, sociale e culturale. L’altra è la difesa della sovranità alimentare, cioè la difesa della terra, dell’acqua, dei semi e di tutta la nostra cosmovisione.
Questa organizzazione è nata 16 anni fa perché le organizzazioni dei nostri Paesi andini sono sempre state machiste, paternaliste, patriarcali e sessiste. Il lavoro delle donne, il lavoro che le donne fanno, è sempre stato reso invisibile. Per questo ci siamo organizzate e per questo oggi ci stiamo preparando per un’assemblea costituente plurinazionale paritaria, perché noi donne dobbiamo farne parte e anche i popoli indigeni.

Per chiarire il rapporto e il ruolo che avete avuto nel governo, come avete conosciuto Pedro Castillo e come mai eravate così vicini? In che misura ritiene che i popoli nativi stessero ottenendo nuovi canali politici grazie a questo presidente?
Ho detto che abbiamo organizzato un’assemblea per decidere se votare Pedro Castillo e poi siamo andati a votare. Una volta eletto il presidente, sapevamo che non sarebbe finita lì, e di certo sapevamo che non gli avremmo lasciato fare quello che voleva. Sapevamo che è necessario partecipare per raggiungere i nostri obiettivi. L’indicazione dell’assemblea era stata chiara: appoggio a Castillo, ma il nostro movimento non fa parte del partito Perù Libre, il suo partito. Non fa parte di alcun partito politico, ma difendere i diritti. Oggi ci stanno uccidendo e lui è rinchiuso. Così qual è il messaggio della destra? Cari contadini indigeni, volete candidarvi di nuovo come autorità? Bene, vi aspetta la prigione. Vi mobilitate dalle aree rurali e dalle province? 50 morti e continuiamo a uccidere. Così, pensavano forse che saremmo tornati alle nostre case. Le donne a prendersi cura dei loro mariti, a prendersi cura dei bambini e cose del genere… no!
Io sono qui, nella dannata Europa! Mi accusano di essere qui con i soldi di Castillo e stanno mettendo in atto una contro-campagna per diffamarci. Ma io rappresento un’organizzazione, non vengo a titolo personale, ma per voce di un’assemblea di popoli dove ci sono la confederazione sindacale peruviana CGTP, dove ci sono i partiti di sinistra, dove ci sono i sindacati agrari. È un fronte ampio, in cui ci siamo anche noi della FENMUCARINAP. Continuino ad accusarmi, a dire che ora avrei una casa di proprietà, che sfrutto le donne. Sappiano che qui c’è una donna che ha dei principi, che ha le sue ovaie.

Ha accennato al fatto che Pedro Castillo le ha offerto, a un certo punto, la carica di Ministro degli Affari Femminili. In questo momento sta pensando di candidarsi a rappresentare la voce dei popoli indigeni originari?
Il Presidente mi ha offerto di diventare ministro. Mi ha detto: “puoi fare il ministro delle donne, sei coraggiosa”. Io gli ho risposto chiaramente che non avrei potuto assumere una posizione del genere e non per mancanza di capacità, ma perché è necessario rafforzare le organizzazioni esterne, per poter affrontare questo sistema capitalista neoliberista. Così sono rimasta con il mio popolo. E ora vogliamo una nuova Costituente, plurinazionale e paritaria, perché le nostre sorelle e i nostri fratelli possano partecipare, perché possano essere autorità. E con questo non intendo dire che io voglio esserlo. Sono decisioni del popolo e dipendono da processi collettivi.
Quello che vogliamo ora è la destituzione di Dina Boluarte. Vogliamo giustizia per i nostri 64 morti. Vogliamo lo scioglimento di questo congresso e l’insediamento di un’assemblea Costituente. Chiediamo la libertà per Pedro Castillo. Questo è ciò che vogliamo, poi il resto verrà a tempo debito. (Qui trovate il video dell’intervista completa)
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