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Sophie Scholl, ghigliottinata dai nazisti a 21 anni. La resistenza della Rosa Bianca

Sophie Scholl è nota come una delle più giovani vittime della resistenza tedesca antinazista. Fu infatti trucidata dal regime, ghigliottinata ad appena ventun’anni insieme a suo fratello Hans. Ma Sophie Scholl è nota anche per il fatto di aver scelto come strumento di lotta la non violenza, una scelta che a molti sembra surreale, visto il nemico che si trovava di fronte, ma che nel suo universo di valori trovava giustificazione sulla base della sua fede.

Nata Sophia Magdalena Scholl, “Sophie”, come venne chiamata per tutta la vita, nacque a Forchtenberg, nel Land del Baden-Württemberg, il 9 maggio del 1921. Sua madre era stata diaconessa della chiesa luterana mentre suo padre era un liberale cattolico, ragion per cui Sophie venne cresciuta sulla base dei principi di entrambe le religioni.

Il municipio di Forchtenberg, la città dove nacque Sophie e dove i fratelli Scholl trascorsero la loro infanzia. By Rudolf Stricker – Opera propria, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25416697

Dalla gioventù hitleriana al rifiuto del regime

Come molti altri ragazzi tedeschi, a dodici anni Sophie venne iscritta alla gioventù hitleriana. Inizialmente subì la propaganda di regime, ma presto questa fascinazione sparì e la ragazza cominciò ad avvicinarsi sempre di più all’insegnamento evangelico, approfondendo tuttavia anche autori che parlavano del rinnovamento cattolico francese. Ancora una volta, quindi, i valori delle due religioni che aveva recepito in famiglia durante l’infanzia, tornarono a formarla durante l’adolescenza. Questo percorso fu condiviso con il fratello Hans, a cui Sophie era legatissima e con cui condivise la resistenza al nazismo e anche la prematura fine.

Sophie Scholl e il fratello Hans: dissidenti e credenti

Nel 1937 Hans, Sophie e altri dei loro fratelli vennero arrestati per i loro legami con l’organizzazione dissidente Deutsche Jungenschaft. In seguito ebbero modo di conoscere Otto Aicher, che li avvicinò al movimento giovanile Quickborn (Sorgente di vita), ispirato alla figura di Cristo come unica guida e allora guidato da Romano Guardini, sacerdote di origine italiana. Arrivò il 1940 e mentre Sophie, che lavorava a Söflingen come maestra d’asilo, fu costretta a impiegarsi come ausiliaria in un istituto statale di Blumberg, Hans fu inviato sul fronte orientale ed ebbe così modo di assistere agli orrori che le SS infliggevano agli ebrei. Fu un punto di non ritorno.

Foto di Hans Scholl scattata dalla Gestapo dopo la cattura della ragazza, avvenuta il 18 febbraio 1943. Fonte: Sophie Scholl and the White Rose

La nascita della Rosa Bianca

Tornato a Monaco e cambiato per sempre, Hans prese a frequentare gli studenti che frequentavano l’Università Ludwig Maximilian, che non nascondevano, ma al contrario cercavano di mettere in atto la loro volontà di opporsi al regime.

Ma fu nella primavera del 1941 che il destino dei fratelli Scholl prese a scivolare velocemente verso l’appuntamento finale. Sophie e Hans si unirono infatti a un gruppo di intellettuali cattolici anti-nazisti e cominciarono a pianificare la loro resistenza: stava nascendo la Rosa Bianca, movimento di oppositori religiosi e non violenti che faceva della resistenza passiva il suo strumento e della legge morale superiore la ragione del rifiuto delle leggi vigenti. Il gruppo era originariamente costituito dai fratelli Scholl, da Christoph Probst, Willi Graf e Alexander Schmorell. In seguito si unì a loro il professor Kurt Huber, musicologo e docente di filosofia.

Werner Scholl con Sophie Scholl. Foto presumibilmente scattata da Hans Scholl. Hans Scholl (1918–1943), Public domain, via Wikimedia Commons

Le prime azioni furono la preparazione e la distribuzione di volantini con cui si esortava la popolazione a resistere in modo non violento al nazismo. Il primo testo, pubblicato nel 1942, citava Friedrich Schiller e Johann Wolfgang von Goethe. Seguirono centinaia di altri volantini, diffusi in tanti modi diversi. Venivano spediti a indirizzi scelti a caso, venivano lasciati nelle cabine telefoniche o alla fermata dei mezzi pubblici, nel desiderio di scuotere l’opinione pubblica e portarla a riflettere per poi scegliere il bene, anziché il male. Intanto anche il padre degli Scholl veniva condannato a un breve periodo di reclusione, per aver criticato pubblicamente la politica di Adolf Hitler.

Rose e scarpe sotto il busto di Sophie Scholl. no bias — קיין אומוויסנדיקע פּרעפֿערענצן — keyn umvisndike preferentsn, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

Scoperti e arrestati

Il 18 febbraio 1943 Sophie fu scoperta mentre distribuiva volantini all’Università. Aveva quasi finito ed era salita al secondo piano dell’edificio per lanciare gli ultimi fogli dalla balaustra e farli cadere sugli studenti che affollavano l’atrio, quando venne notata e denunciata dal custode, Jakob Schmid.

Fu quindi arrestata insieme al fratello Hans e venne interrogata e torturata dalla Gestapo per quattro giorni. I tre non fecero nomi, non tradirono gli altri membri dell’organizzazione e si attribuirono ogni responsabilità. Venne offerta loro la possibilità di ritrattare, non lo fecero. Interrogati, risposero di aver agito secondo coscienza.

“Non si sente colpevole di aver diffuso e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?” le chiese Robert Mohr, l’ufficiale della Gestapo che la interrogò. Sophie Scholl rispose: “No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e sono pronta a subire la pena”

Roland Freisler, il giudice-boia di Hitler. Di Bundesarchiv, Bild 183-J03238 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5364250

Il processo

Il 22 febbraio 1943, a Monaco, venne celebrato il processo per alto tradimento contro gli Scholl e l’amico Christoph Probst, che nel frattempo era stato arrestato anche lui. I tre ragazzi furono condannati a morte da un tribunale presieduto Roland Freisler, divenuto tristemente noto come “il giudice-boia di Hitler“.

Questa fu la sentenza: “Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto ai nemici del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte“.

Subito dopo la conclusione del processo, in cui non ebbero alcuna difesa, i tre ragazzi furono condotti nell’edificio dove avvenivano le esecuzioni, all’interno della prigione di Stadelheim, ma prima di morire fu loro concesso di vedere i genitori per l’ultima volta.

Tomba dei fratelli Scholl e di Christoph Probst. Di Rufus46 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2870213

La morte di Sophie Scholl, di Hans e di Christoph Probst

Sophie ed Hans Scholl e Christoph Probst vennero ghigliottinati nel cortile della prigione di Stadelheim, dal boia Johann Reichhart. Avevano rispettivamente 21, 25 e 24 anni. Si mostrarono tutti incredibilmente calmi e coraggiosi. Come una martire del suo credo, trascinandosi con una gamba rotta e con i segni delle percosse sul corpo, Sophie si avviò al patibolo senza ripensamenti. Le sue ultime parole furono queste:

“Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone si sono risvegliate e sono state spinte all’azione?”.

Sophie e Hans Scholl e Christoph Probst riposano nel cimitero di Monaco di Baviera. Sulla tomba dei fratelli Scholl spiccano due croci di legno scuro, unite in un abbraccio trasversale ed eterno.

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