Italiani senza lavoro espulsi dalla Germania? Le cose non stanno proprio così

Photo by EU2017EE
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Ha creato molto scalpore la notizia divulgata da Radio Colonia, in base alla quale circa cento italiani avrebbero corso il rischio di essere rimpatriati perché sprovvisti di lavoro. Al netto di ulteriori informazioni, la cosa è stata ingigantita al punto da far paventare espulsioni di massa di connazionali disoccupati e le degenerazioni strumentali non sono mancate, rendendo il tutto ancora più confuso.

A chiarire le cose è stata la stessa Radio Colonia, con un aggiornamento di Luciana Mella, che ha preso le distanze dalla libera interpretazione della stampa meno attenta. Intanto, si è chiarito che non si parla assolutamente di un fenomeno di massa. Inoltre, quello che è successo ai cento italiani disoccupati che hanno ricevuto lettere in cui si prospettava loro un eventuale rimpatrio, non esula da quanto accade di solito, conformemente alla leggi vigenti. In Germania, dopo aver lavorato per un anno, si matura infatti il diritto al sussidio di disoccupazione, che ha la durata di sei mesi, dopo i quali è possibile ricevere altre forme di sostegno. A quel punto, se non si risiede in Germania da almeno 5 anni (in virtù della legge Nahles, prima della quale il termine era di tre mesi), o non si dimostra di avere un lavoro di almeno 10.5 ore settimanali, non si possono più ottenere aiuti ed è possibile ricevere una comunicazione dai comuni, informati dai job center, con il consiglio di lasciare il Paese.

Tommaso Pedicini, caporedattore di Radio Colonia, ritiene che comunque questo “consiglio” sia discutibile, ma ci tiene a rimarcare che da qui a paventare espulsioni di massa ce ne corre. E a chi ha parlato in queste ore di una Germania ostile agli italiani poveri, sempre Pedicini ha risposto “di fronte a titoli di giornali, secondo i quali la Germania caccerebbe gli italiani poveri dal proprio territorio, facciamo notare che, degli oltre 700.000 italiani residenti in Germania, circa 70.000 percepiscono in modo pieno e legittimo un sussidio sociale”.