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Berlino: centri vaccinali mobili nelle aree socialmente svantaggiate. Ma non tutti sono d’accordo

Ha destato sorpresa e qualche perplessità, martedì, l’annuncio del Senato di Berlino di aver destinato 100.000 dosi di vaccino ai “punti caldi” della città, ovvero alle aree socialmente svantaggiate nelle quali risulta più difficile far rispettare le restrizioni anti-Covid attraverso i centri vaccinali mobili.

Nello specifico, a questo scopo sarebbe stato destinato il vaccino della Johnson & Johnson, che richiede una sola dose. Lo scetticismo deriva soprattutto dai piani per la somministrazione di queste dosi di vaccino, sulle quali non c’è ancora un vero accordo nell’amministrazione locale.


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Gli amministratori dei distretti di Neukölln, Charlottenburg-Wilmersdorf e Tempelhof-Schöneberg, per esempio, hanno dichiarato di aver appreso con un certo stupore che i luoghi adibiti alle vaccinazioni per le fasce svantaggiate della popolazione sarebbero stati i centri distrettuali. Secondo l’assessore alla salute di Tempelhof-Schöneberg, Oliver Schworck (SPD), infatti, non esiste al momento un’infrastruttura che renda possibile la riconversione di tali strutture in centri vaccinali con così poco preavviso.

Fra i pochi ad accogliere con favore questo nuovo progetto – che è mutuato da un progetto pilota sperimentato a Colonia – c’è il consigliere per la salute di Neukölln, Falko Liecke (CDU), che suggerisce però una variante logistica, ovvero la creazione di unità mobili (come autobus o furgoni) per somministrare le vaccinazioni in prossimità dei mercati settimanali. Ma qual è stata la reazione media, di fronte alla possibilità di investire in questi centri vaccinali mobili?

Falko Liecke. Von Klaus Mellenthin, Falko Liecke – http://www.falkoliecke.com/medien/#bilder, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=50595563

Patrick Larscheid, che è a capo del dipartimento per la salute del distretto di Reinickendorf, ha dichiarato che l’implementazione di una campagna vaccinale senza informazione non è destinata a produrre buoni risultati. Secondo Larscheid, infatti, alla base delle difficoltà di far rispettare le restrizioni ad alcune fasce della popolazione berlinese c’è un rifiuto culturale e di principio delle misure anti-Covid, che deve essere risolto con un lavoro di informazione ed educazione prima che con la creazione di centri vaccinali mobili.

Sul tema dell’informazione e della sensibilizzazione insiste anche Katarina Niewiedzial, commissario per l’integrazione della città di Berlino, che vuole stabilire una collaborazione con le moschee cittadine per agevolare la somministrazione del vaccino in quelli che vengono considerati i punti “socialmente critici” della città. Un progetto di collaborazione simile è già in corso per sensibilizzare le comunità rispetto all’uso dei test.

/ C.Suthorn / cc-by-sa-4.0 / commons.wikimedia.org(Note the three necessary links to author, licence and image file in the attribution.)

Niewiedzial insiste in particolare sulla necessità di utilizzare un approccio multiculturale e con personale multilingue, allo scopo di aiutare i cittadini con un background migratorio a superare la diffidenza verso il sistema sanitario tedesco. Sarebbero infatti proprio questi gruppi di cittadini ad avere minor accesso alla sanità locale, per motivi che vanno dalla difficoltà di esprimersi a una generalizzata sfiducia verso il sistema. Una politica mirata, che punti a raggiungere le persone nei contesti familiari e sociali più consoni e con messaggi ad hoc, ha più possibilità di successo rispetto a qualsiasi misura che venga percepita come organizzata e imposta dall’alto e che rischia di non essere compresa.

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