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Berlino, aiutare i giovani attraverso la musica: il percorso di Enrico Decolle

Berlino, aiutare i giovani attraverso la musica: il percorso di Enrico Decolle

di Lucia Conti

Abbiamo intervistato Enrico De Colle nell’ambito della rubrica “Come trascorro la quarantena, #WirBleibenZuhause“, a cura di Gabriella Di Cagno, e ora torniamo a parlarne.
Musicista e produttore, Enrico si è distinto negli anni per collaborazioni importanti, come quella con gli Alias, prodotti da Manuel Agnelli e i Breakfast, ingaggiati dalla Mescal/Sony e accolti con entusiasmo dalla critica.
Con lo pseudonimo DEKO, Enrico Decolle ha quindi iniziato un percorso da solista a Berlino, dove ha iniziato a collaborare con la musicista catanese Marta Collica, aprendo nel 2011, proprio nella capitale tedesca, il concerto degli Afterhours.
Il musicista e produttore si segnala tuttavia anche per un progetto importante, che lo vede collaborare con diverse istituzioni e associazioni berlinesi al fine di aiutare giovani che a volte vengono da contesti complicati attraverso la musica.
Abbiamo cercato di saperne di più.

Enrico Decolle, foto di Enrico Bandera

Ciao Enrico, ci parli di te e del tuo lavoro?

Ciao e grazie! Con piacere. Dunque, sono nato a Gorizia e cresciuto in provincia, a Monfalcone per l’esattezza. Faccio musica ormai da 30 anni e dopo vari dischi e progetti in Italia, che mi hanno portato a frequentare anche palchi importanti, dal 2008 ho trasferito i miei interessi qui a Berlino, dove vivo con mio figlio di dieci anni. Grazie alle molte collaborazioni, ho potuto realizzare il sogno di lavorare in un contesto internazionale e suonare molto anche all’estero, portando la mia musica fino in Australia.

Sei parte di un progetto davvero interessante che coinvolge i giovani e la musica in distretti specifici di Berlino. Ti va di parlarcene?

Grazie ad un corso post-laurea frequentato qui a Berlino, da ormai sei anni lavoro anche nell’ambito della progettazione per e con i giovani, collaborando con diverse associazioni e centri giovanili. Queste realtà, finanziate direttamente dalla città di Berlino, mi mettono a disposizione dei piccoli studi di registrazione, dove ho l’opportunità di sperimentare assieme a giovani artisti, di registrarli o di aiutarli nelle loro produzioni. E lo faccio grazie alla lingua universale per eccellenza, la musica.

Come si sta sviluppando il tuo rapporto con i ragazzi e cosa ti sta insegnando questa esperienza?

Dopo un primo momento di diffidenza, ho visto l’interesse crescere in maniera esponenziale. I ragazzi, spesso veri e propri talenti, soprattutto della scena rap berlinese ma non solo, hanno imparato a fidarsi di me, del mio modo un po’ “vintage” di lavorare, del mio approccio umano alla musica e tecnologia. Sono ragazzi tedeschi, turchi, armeni, arabi, bulgari, siriani, egiziani, etc.. Insomma, spesso ci mancano le parole ma la musica ci fa comunicare e stare assieme benissimo. Questa esperienza mi sta insegnando ad essere semplicemente me stesso e a pensare che a volte basta poco per riuscire a comunicare con culture altre da noi.

Questo progetto ha cambiato anche te, in relazione al tuo lavoro o nel modo di concepire la musica?

Assolutamente. Ha portato nuovi stimoli, nuovi suoni, un rinnovato interesse per la musica “tout court”, non mettendo me al centro, bensì gli altri, dei ragazzi magari difficili, che grazie alla musica hanno un po’ ritrovato la strada giusta nella loro vita. Questo nuovo orizzonte, anche sociologico, ha profondamente cambiato me come uomo, regalandomi nuove soddisfazioni e significati.

È possibile sostenere in qualche modo te, i ragazzi e la musica che create insieme?

Il miglior modo per sostenere me o i ragazzi è in generale quello di dare loro spazio, seguire i loro interessi e, in streaming oppure dal vivo quando sarà possibile, andare ai concerti. E magari mandare i ragazzi italiani dove lavoro! Attraverso il mio sito mi si può contattare.

C’è qualcosa che ti piacerebbe aggiungere?

Mi piacerebbe semplicemente ringraziarvi, per lo spazio che avete dato ad una storia, che non è solo la mia, bensì quella di tanti altri che, come me, hanno deciso di dedicare tempo e sensibilità ad artisti e ragazzi, che saranno anche semplicemente uomini di domani.

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