“Anche io mi starei sulle balle, se non fossi io”: intervista con Checco Zalone

Photo by Vittorio Bonanni Caione
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di Lucia Conti

È venerdì pomeriggio e fa caldo, Berlino continua a graziarci con un tempo magnifico, un prolungamento di un’estate che resiste anche a metá settembre. Mi incontro ad Alexanderplatz con uno dei nostri fotografi, Vittorio. Abbiamo appuntamento con Checco Zalone (all’anagrafe Luca Medici), che sta per presenziare nel fine settimana a una maratona di suoi film al cinema Babylon. Saliamo in stanza e due assistenti ci indicano una specie di salottino con un divano e una poltrona. Non ci siederemo mai lì. Quando il protagonista di “Quo vado” arriva, è visibilmente stremato da una serie ininterrotta di interviste che si accavallano dalle 9.00 del mattino. “Sono distrutto”, ci dice, ma si mostra comunque molto disponibile. Poi ci spiazza. “Fumate? Andiamo sul terrazzo, io ho smesso, fatemi respirare un po’ di fumo passivo!”. Non scherza e ci spostiamo davvero fuori, dove resteremo per tutta la durata dell’intervista. “Ho smesso da quattro mesi, ma ci penso sempre. Ho comprato anche la sigaretta elettronica” ci spiega. “Non fumare!” lo ammonisce l’assistente, rimasta all’interno.
Prima di iniziare scambiamo due chiacchiere, parliamo di Berlino, dei suoi cantieri, del prezzo degli appartamenti. Ci dice che il giorno prima era a Vienna e che ha passato tutto il suo tempo con la stampa. Ci chiede da quanto tempo viviamo in Germania e se sia meglio dell’Italia. Si mostra “verace” come siamo abituati a vederlo sullo schermo e al tempo stesso molto cortese. A un tratto mi dice, in modo quasi sommesso, “io mi chiamo Luca”. Lo sapevo, ma il fatto che lui lo precisi mi dá l’idea di quanto la maschera si sia saldata al volto dell’attore, nella percezione collettiva. Chi lo conosce personalmente, infatti, lo chiama Luca, ma per il pubblico è sempre Checco e anche le addette stampa tedesche si riferiscono a lui come a “Mr. Zalone”. Alla fine ci mostra la sua sigaretta elettronica, è evidente che muore dalla voglia di fumare. Quando alla fine ci salutiamo, ci accompagna alla porta e gli dico: “tieni duro!”. Sorride poco convinto. Spero ce la faccia.

Photo by Vittorio Bonanni Caione
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“Quo vado”, se vogliamo, è anche un film sugli italiani all’estero. Hai mai fatto questa esperienza direttamente?

Una volta sono stato un paio di settimane a Londra. Volevo rimanerci, ma ho cambiato subito idea, sono troppo mammone, troppo legato all’Italia.

Non ti piaceva Londra?

No. Tutti dicono che sia “fighissimo” stare a Londra, a me stava sul c… e quindi non mi sono mai trasferito. Non ho mai fatto un’esperienza da povero in un Paese straniero. Ah, siamo in radio, ho detto c… non si può dire! Ce l’avete il bip?

No, tranquillo, non siamo in radio, è un’intervista per un quotidiano online, la trascrivo

Allora trascrivi il bip.

Nei tuoi film mostri le peggiori caratteristiche dell’italiano medio. Al di lá della deformazione comica, cosa pensi davvero degli italiani?

Che abbiamo un sacco di difetti, ma abbiamo anche il pregio di saperli riconoscere, di saperci ridere su. Poi come dicevi tu, quello che un comico fa è esasperare tutto per far ridere, però attinge dalla realtá, muove da considerazioni vere. L’italiano che suona il clacson, che è uno stronzo, che parcheggia in doppia fila, che è esterofilo… perché così è Checco in questo film (“Quo vado”, ndr), quando pensa che tutto ciò che appartiene alla Norvegia sia meglio e addirittura si fa crescere il pizzetto biondo, insomma, questo tipo di italiano esiste. Io l’ho rappresentato in modo esasperato, ma esiste.

I tuoi film hanno avuto subito un enorme successo. Questo ha scatenato un putiferio, dibattiti su di te, sul cinema, reazioni di ogni tipo. Ti aspettavi tutta questa bagarre?

Io ero lì a guardare, a leggere la roba che scrivevano… scienzati, sociologi, blogger, pornostar, tutti davano un parere! Mi ricordo una battuta bellissima del mio regista, che una volta mi ha svegliato e mi ha detto: “Luca, svegliati! Accendi la televisione!”, “Che è successo?” ho risposto e lui “Non parlano di noi!”. Poi in questi casi quando capisci che fa audience, parlare di un certo argomento, inviti gente che non ne sa un c… e si mettono tutti a sparare delle stronzate incredibili, quindi a un certo punto ho smesso di guardare la televisione. È durata una settimana, forse un paio, tutta questa attenzione mediatica sul “caso Zalone”.

Photo by Vittorio Bonanni Caione
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Che film ti piace guardare?

Beh, mi piacciono i film di Martin Scorsese. Il cosiddetto cinema autoriale, invece, forse non tanto. Mi piacciono i film che tengono conto del pubblico che li va a vedere e non della vanitá di chi li gira. Per esempio per me un grandissimo film è “The wolf of Wall Street”, l’avete visto? Io l’ho visto tre o quattro volte, è un film fatto da un grandissimo maestro, che però guarda anche al pubblico.

E del cinema italiano che opinione hai?

Che ne penso? Ci stiamo tutti un po’ sulle balle. Immagino che a tutti gli altri colleghi, per ovvi motivi, io stia un po’ sulle balle, ma è umano, lo capisco… anche io mi starei sulle balle, se non fossi io, per il fatto di aver incassato così tanti soldi. Peró ci sono tante nuove energie, tanti bravissimi registi, come Virzì, come Sorrentino.

Ti piace Sorrentino?

Sicuramente le immagini che costruisce Sorrentino riempiono lo sguardo di gioia, poi alcune cose mi piacciono, altre non mi piacciono o forse semplicemente non sono all’altezza di giudicarlo…

Perché? Il cinema è fatto per chi guarda, chiunque può giudicarlo

Alcune cose sue mi piacciono, altre meno. Chi altro c’è, tra gli italiani? Quello che fa i soldi sono solo io, poi… non mi ricordo. Chi altro c’è? Garrone è un altro bravissimo.

Ho visto da poco “Reality”, bellissimo

“Reality” è un bel film. E poi mi è piaciuto un sacco “Lo chiamavano Jeeg Robot”.

Sai che Luca Marinelli vive qui a Berlino?

Bravo quell’attore! Mi piace molto, complimenti a Marinelli, ha vinto anche tutti i David del mondo. Complimenti a tutti questi ragazzi, nonostante il reddito bassissimo.

Checcho Zalone e l'autrice dell'intervista. Photo by Vittorio Bonanni Caione
Checcho Zalone e l’autrice dell’intervista. Photo by Vittorio Bonanni Caione