Laura Carbone, l’italo-tedesca che ha suonato al Berghain

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© Laura Carbone official

di Lucia Conti

Per metà tedesca e per metà italiana, ha finanziato il suo ultimo disco con una campagna di crowdfunding di grandissimo successo e a fine aprile 2015 è stata invitata a suonare a Berlino sul palco del celebre Berghain, club “leggenda” e nome di primo piano dell’underground internazionale. Siamo riusciti a contattarla e a intervistarla. Ci ha parlato della sua musica, dei suoi numi tutelari e di quanto Berlino la faccia sempre sentire in balia di emozioni contrastanti.

Ciao Laura, piacere di conoscerti. Il tuo nuovo album, “Sirens”, è uscito nel gennaio del 2015 ed è stato definito in vari modi: chi ne ha parlato come di un disco “femminista”, chi lo ha descritto come qualcosa che cammina sul lato oscuro della “pop street”. Tu come lo vedi?

Non so perché alcuni lo abbiano definito “femminista”. È indubbiamente il disco forte e indipendente di una femminista e, forse, questo è abbastanza perché lo si possa definire tale. Il pop è una componente essenziale della mia musica, in relazione alle armonie, le linee vocali e la struttura dei brani, ma di sicuro non sono in sintonia con i colori al neon e il “bubblegum fun” che il pop ha da offrire. Ho bisogno di cose agrodolci e per me non c’è altro modo di ottenerle che camminare sul lato oscuro di questo mondo per poi farlo mio.

La tua musica mostra influenze dark e wave, ma ricorda anche P.J. Harvey e alcuni artisti della 4AD. Quali sono le tue radici?

Di sicuro PJ Harvey è stata la mia eroina di riferimento, quando ho cominciato a lavorare su “Sirens”, ma anche le band 4AD degli anni novanta come Breeders e That Dog sono state influenze importanti. E poi amo molto i Cure e i Sister of Mercy.

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© Laura Carbone Official

Hai supportato il tuo progetto con una campagna di crowdfunding che è andata molto bene e il crowdfunding in generale sembra essere una soluzione alla crisi che sta attraversando l’industria discografica mondiale. Che ne pensi di tutto questo?

All’inizio ho avuto dei dubbi, ma adesso sono felicissima di aver sperimentato questa possibilità. La mia campagna ha avuto molto successo e io ho avuto l’opportunità di prendere tutte le decisioni relative al disco nella più assoluta indipendenza. Supporter di tutto il mondo hanno dato fiducia al mio progetto e preordinando “Sirens” lo hanno sostenuto prima ancora che venisse concretamente realizzato. Quanto all’industria discografica sappiamo ormai da anni che ha dei problemi. Sei fortunato se hai una label che ti aiuta a coprire i costi, ma non è più la regola e il crowdfunding è un buon modo di realizzare quello che hai in mente senza bisogno di un investitore esterno.

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© Laura Carbone Official

Sei per metà tedesca e per metà italiana. Hai mai suonato in Italia e che ne pensi del circuito alternative italiano?

Anni fa ho suonato in un piccolo club underground di Milano con la mia band electro-punk “Deine Jugend”. È stato uno dei miei concerti migliori, sold out e serata praticamente perfetta. Attualmente non ho grandi contatti con la scena alternative italiana. Conosco Tying Tiffany, è veramente una persona dolce e con un gran gusto musicale, mi piace molto.

Hai lavorato al tuo album con il tuo produttore Bonassis, in precedenza membro dei Pyogenesis e Liquido, due band death metal. Come avete interagito?

Bonassis ed io siamo amici da molto tempo, ormai. Ci siamo incontrati nel 2008 su Myspace, quando cercava una voce femminile per un remix. Il remix non è mai stato realizzato ma, in compenso, abbiamo dato vita ai “Deine Jugen”. Quando poi ho voluto iniziare un progetto solista in inglese mi ha spinto e supportato, gli devo molto. È un genio creativo e un caro amico.

Nell’aprile del 2015 hai suonato al Berghain. Com’è stato? E che ne pensi di Berlino?

È stato fantastico essere invitata a suonare in una location così famosa, mi sono sentita davvero onorata. I miei soggiorni a Berlino sono sempre eccessivi e intensi. Non lascio mai la città senza i lievi postumi di una sbornia e un brivido di anticipazione all’idea di tornare a casa. Questa città può darti quanto vuoi e si prende quello di cui ha bisogno, è molto agrodolce. Mi piace venirci, ma allo stesso tempo dopo pochi giorni non vedo l’ora di andarmene.

Prossimi passi?

Al momento sono in studio a scrivere il secondo album. Incrocio le dita, sperando che non ci vogliano altri tre anni!

Grazie, tienici aggiornati!