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Uno sguardo all’Italia: Venezia nelle parole e negli occhi. Intervista ad Anna Toscano

Uno sguardo all’Italia: Venezia nelle parole e negli occhi. Intervista ad Anna Toscano

di Giulia Mirandola

Venezia si presenta oggi come nessuno forse era in grado di immaginare fino a poco tempo fa. Completamente svuotata di turisti, attraversata da acque trasparenti, avvolta da silenzi e sonorità di nuovo tipo, popolata solo dai suoi residenti, i quali da settimane hanno l’obbligo di rimanere a casa. Nel centro storico si stima abitino circa 54.000 persone.
Tra loro c’è Anna Toscano, poeta, critica letteraria, giornalista e docente di lingua italiana presso la School for International Education dell’Università Ca’ Foscari.

Di solito quando esce di casa porta con sé una macchina fotografica. Da quando l’emergenza sanitaria ha reso impraticabili le sue lunghe passeggiate quotidiane Anna ha continuato a camminare in prossimità dell’abitazione e con al collo la Polaroid compie esercizi di sguardo ispirati alle Lezioni di fotografia di Luigi Ghirri (Quodlibet, 2010).

© Foto Anna Toscano

Quale aggettivo useresti per “dire” Venezia in questo momento?

Direi “meravigliosa”, perché lo è come non mai, ma non posso usare questo aggettivo perché il contesto umano in cui si manifesta è terribile. Dunque censuro meravigliosa e cito il titolo di un libro di un poeta veneziano che amo molto, Mario Stefani, per definire Venezia in questo periodo: “Una quieta disperazione”. Che è un poco anche una preghiera laica.

Che pensieri ti attraversano nel corso di queste settimane?

Come siamo ora aprirà le porte a come saremo dopo e chi è pessimo ora, lo era prima, lo sarà poi. Ma chi ha deciso in questo momento una strada alternativa a quelle precedenti, piccola o grande, credo abbia trovato una voce nuova. Il nostro compito non può che essere quello di fare al meglio le cose che fanno parte delle nostre giornate.

© Foto Anna Toscano

Come è avvenuto il passaggio dal lavoro in università al lavoro a casa?

Dopo l’ordine di sospensione delle lezioni siamo rimasti a casa per una settimana. Nel frattempo ci è stato comunicato che la didattica sarebbe ripresa a distanza. L’Università Ca’ Foscari aveva già una piattaforma compatibile per la didattica online adeguata a contenere gli attuali milleduecento insegnamenti. Dall’aula dove facevo lezione ho portato con me una lavagna cancellabile e due mazzi di pennarelli. Da quel momento in casa ho svolto lezioni di gruppo, registrate e in sincrono, e ricevimenti individuali. In questi giorni, sempre online, sono iniziati gli esami scritti ai quali seguiranno gli orali.

Cosa ti sembra stia cambiando nella vita dei tuoi studenti e studentesse?

Una studentessa brasiliana, dottoranda in storia dell’arte, è costretta a sommare una distanza sull’altra. Vive a Padova da dove non si può muovere né verso Venezia, né verso il Brasile, dove vorrebbe raggiungere la sua famiglia. Un’altra studentessa, turca, è volata in Turchia con un biglietto di andata e ritorno, quando è partita niente faceva prevedere che non sarebbe potuta rientrare in Italia. Qualche giorno fa ha sostenuto l’esame di italiano online (livello C1) e lo ha superato con il massimo dei voti. La sua prova brillante è per me un segno carico di positività.

© Foto Anna Toscano

Il tuo lavoro di scrittura in quale direzione sta andando adesso?

Ho appena consegnato due articoli. Uno uscirà sulla rivista digitale “Doppiozero” ed è dedicato alla scrittrice Goliarda Sapienza, l’altro sulla rivista cartacea “Leggendaria” e riguarda il saggio Le scritture delle donne in Europa di Tiziana Plebani (Carocci, 2019). Mi sono ritrovata in Goliarda Sapienza. Lei dà al presente un’accezione allargata. Analogamente a me sembra ora di star vivendo nel presente tutti i tempi della mia vita. Sogno di frequente i miei genitori e li penso spesso. Questa notte in sogno dicevo a mia madre “hai una gonna bellissima”, lei rispondeva “me l’hai regalata tu”, nel frattempo mio padre mangiava biscotti.

© Foto Anna Toscano

Che differenza c’è tra il disagio vissuto nei giorni dell’acqua alta di novembre 2019 e quello di queste settimane di isolamento?

La differenza è enorme. Il disagio per l’acqua alta era di una violenza inaudita sui propri beni, sulle proprie cose. Avere la casa con l’acqua ovunque fino alle ginocchia vuol dire perdere metà delle proprie cose – tra frigorifero e materassi e libri e tutto -, essere per giorni al buio, in inverno, con l’umidità che entra fino alle cervicali e il salso che corrode fino ai soffitti. Inoltre senza frigo e con tutti i negozi allagati non c’era da mangiare. Non ci sono stati aiuti pubblici nemmeno per portare via gli elettrodomestici fradici e puzzolenti. Nel complesso un disagio enorme, anche economico. L’unica cosa bella, tanto bella, sono stati gli amici e la solidarietà che ci ha salvati da molti punti di vista.

Oggi abbiamo un luogo dove stare, confortevole, che è la casa nella quale vivo da trent’anni e che pochi mesi fa era allagata. Con me ci sono i miei cani e Gianni, mio marito. Possiamo fare la spesa e lavorare da casa. Ma è vietato camminare per la città e siamo obbligati all’isolamento, che significa non poter uscire se non nei dintorni di casa; non poter stare fuori per ossigenarci, muoverci, ricaricarci; abbiamo paura per gli altri; c’è spavento per il mondo e per un elemento sconosciuto che mette in pericolo le nostre vite e non si sa come controllare.

Qual è l’immagine di Venezia in questo periodo che è più impressa nella tua memoria visiva?

Piazza san Marco con solo una manciata di piccioni e il vuoto attorno a loro.

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Giulia Mirandola si occupa di educazione visiva e progettazione culturale. Nel 2019 è giunta a Berlino grazie a “MoVE 2020″, un programma di mobilità transnazionale che le ha permesso di collaborare con la libreria berlinese Dante Connection. Scrive di editoria, librerie e biblioteche berlinesi per la rubrica “Finestra su Berlino” del magazine culturale di Goethe Institut Italia.

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