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Salario minimo in Germania: l’aumento divide il governo

La Germania si trova di fronte a una decisione economica e politica fondamentale, tanto per il Paese, quanto per la coalizione di governo. Entro la fine di giugno 2025, la commissione indipendente appositamente costituita dovrà annunciare la propria raccomandazione per il salario minimo legale valido negli anni 2026 e 2027. Questa decisione, apparentemente tecnica, nasconde tensioni politiche profonde che potrebbero far precipitare l’attuale coalizione nero-rossa nelle prima vera crisi, a meno di sei mesi dall’insediamento del nuovo governo.

Al centro del dibattito si trova la richiesta dell’SPD di portare il salario minimo a 15 euro, rispetto agli attuali 12,82 euro, una proposta che incontra la ferma opposizione dell’Unione cristiano-democratica. La posta in gioco è altissima: si tratta di una questione che tocca milioni di lavoratori tedeschi e che potrebbe ridefinire gli equilibri politici del Paese.

Il salario minimo a 15 Euro: una battaglia dell’SPD, che l’Unione non condivide

Il salario minimo a 15 euro rappresenta una delle promesse elettorali centrali dell’SPD per le elezioni del Bundestag del 2025. Per i socialdemocratici tedeschi, questa non è semplicemente una questione economica, ma un tema identitario fondamentale che ancora il partito alle sue radici a sinistra dello spettro politico. D’altra parte, secondo le dichiarazioni ufficiali e tutta la retorica politica dell’SPD, sono proprio i lavoratori che percepiscono il salario minimo a “mantenere in funzione il paese”.

L’SPD inquadra questa richiesta in una visione più ampia di giustizia sociale: salari adeguati significherebbero pensioni migliori per il futuro e un alleggerimento della pressione sui fondi sociali pubblici – considerando anche il crescente problema della povertà lavorativa in Germania, che, inevitabilmente, grava sul sistema del welfare nazionale. All’interno del partito, molti sostengono una posizione di estrema fermezza: se la commissione non concede i 15 euro richiesti, sarà necessario un intervento politico diretto.

Dal lato opposto, l’Unione cristiano-democratica mantiene una posizione di resistenza granitica contro questa proposta. La CDU si allinea con le preoccupazioni del mondo imprenditoriale, che costituisce una parte non piccola del suo elettorato e che considera l’aumento proposto come un onere insostenibile per le aziende tedesche, che si considerano già sottoposte a eccessive pressioni economiche nel contesto internazionale attuale.

D’altra parte, se “redistribuzione delle ricchezze” non è certo lo slogan elettorale dell’SPD, “competitività” è certamente la parola preferita dell’Unione o, almeno, del cancelliere Friedrich Merz.

Cosa dice il contratto di coalizione sul salario minimo in Germania

L’SPD ha sostenuto a più riprese che il contratto di coalizione preveda esplicitamente l’aumento del salario minimo a 15 euro, ma le cose non stanno proprio così. La cifra è sì menzionata, ma il testo stabilisce i criteri che dovranno guidare la commissione e conclude dicendo che, seguendo le linee guida esposte, “nel 2026 sarà possibile raggiungere un salario minimo di 15 euro”. A volerlo interpretare alla lettera, cosa che l’Unione, a differenza dell’SPD, ha interesse a fare, il documento non contiene quindi un impegno definitivo, ma indica una possibilità condizionata al rispetto dei criteri stabiliti.

Il contratto di coalizione specifica esplicitamente che la commissione deve effettuare una “valutazione complessiva”. Questo principio è fondamentale perché significa che nessuno dei singoli criteri considerati può essere determinante da solo nella decisione finale. La commissione deve bilanciare diversi fattori: impatto economico, sostenibilità per le imprese, protezione dei lavoratori e competitività internazionale.

I datori di lavoro si oppongono all’aumento

La resistenza del mondo imprenditoriale trova voce in Steffen Kampeter, amministratore delegato delle associazioni dei datori di lavoro e membro della commissione. Le sue dichiarazioni pubbliche non lasciano spazio a interpretazioni: ha definito la cifra di 15 euro priva di “qualsiasi fondamento razionale”, parlando di “populismo salariale” e di “missione suicida dal punto di vista economico”.

L’SPD ha mostrato una certa flessibilità tattica pur mantenendo ferma la sostanza della propria richiesta. Tim Klüssendorf, segretario generale del partito, ha specificato che anche 14,92 euro potrebbero essere considerati accettabili.

Come funziona la commissione

La commissione sul salario minimo è composta da tre rappresentanti dei lavoratori, tre dei datori di lavoro, e dalla presidente Christiane Schönefeld, ex membro del consiglio di amministrazione dell’Agenzia federale per il lavoro, che pur non appartenendo a nessuna delle due parti, mantiene il diritto di voto. Due esperti del settore partecipano in qualità di consulenti senza diritto di voto.

Il funzionamento della commissione è stato compromesso da eventi passati che hanno creato diffidenza reciproca. Nel 2022, la coalizione che formava il precedente governo aveva bypassato la commissione, fissando direttamente per legge un salario minimo di 12 euro per mantenere una promessa elettorale dell’allora cancelliere Olaf Scholz.

Durante la successiva riunione ordinaria si è verificata quella che può essere definita una “rivincita”: i rappresentanti dei datori di lavoro, insieme alla presidente, hanno imposto un aumento inferiore alle aspettative sindacali, generando forte irritazione tra i rappresentanti dei lavoratori. Questo precedente ha sollevato dubbi sulla capacità della commissione di raggiungere decisioni condivise.

Per cercare di superare queste tensioni, la commissione ha adottato un nuovo regolamento interno, in un tentativo di ricostruire il clima di fiducia necessario per decisioni consensuali.

Un elemento particolarmente significativo del nuovo regolamento è l’indicazione del 60% del reddito medio di tutti i lavoratori come criterio di orientamento. Questo rappresenta un successo negoziale importante per i sindacati, poiché tale percentuale è menzionata anche in una direttiva europea e porterebbe a circa 15 euro.

Tuttavia, è importante notare che questo criterio non ha carattere vincolante né nella direttiva UE né nel regolamento interno della commissione. La decisione finale dipende sempre dalla “valutazione complessiva” che deve essere effettuata considerando tutti i fattori rilevanti.

Cosa succede se l’aumento non passa?

La commissione ha diverse strade percorribili per la propria decisione. Un accordo rimane possibile, ma la sua natura dipenderà dai numeri specifici che emergeranno dalle deliberazioni. La raccomandazione viene sempre formulata per un periodo biennale, il che apre la possibilità di una soluzione in due fasi: un valore per il 2026 e uno più elevato per il 2027, che potrebbe avvicinarsi all’obiettivo dei 15 euro.

Esiste anche la possibilità che la commissione non riesca a trovare un accordo e si dissolva nel dissenso. Questo scenario rappresenterebbe una situazione di estrema delicatezza per la coalizione nero-rossa, mettendo a nudo le divergenze irriducibili tra i partner di governo. Non si può escludere che la presidente Schönefeld debba nuovamente esprimere un voto decisivo, scenario che lei stessa dichiara di voler evitare. Il nuovo regolamento interno è stato concepito proprio per rafforzare il processo verso decisioni condivise che non necessitino di un settimo voto per “sparigliare” una situazione di stallo.

Normalmente, il governo federale rende operativa la raccomandazione della commissione attraverso un semplice regolamento. Tuttavia, l’esecutivo non è vincolato a questa procedura e potrebbe decidere di fissare un salario minimo diverso attraverso la via legislativa, come ha fatto il governo precedente.

Il problema è che l’Unione non è assolutamente disponibile a considerare questa opzione. Se la commissione non raggiunge un accordo o propone un valore inaccettabile per l’SPD, la crisi rischia di arrivare molto prima di quanto non sia accaduto per il governo Scholz.

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