Beate Zschäpe: contatti con le autorità tedesche mentre era nella NSU?

Di recente, il tabloid tedesco Das Bild ha sollevato alcuni interrogativi sul possibile coinvolgimento diretto delle autorità tedesche con Beate Zschäpe, unica sopravvissuta del gruppo eversivo neonazista NSU (Nationalsozialistischer Untergrund), responsabile di una lunga scia di omicidi tra il 2000 e il 2006. Secondo quanto riportato dal giornale, che cita fonti coinvolte nelle indagini, durante la sua fuga nel novembre 2011, Zschäpe avrebbe effettuato dodici chiamate a un numero riconducibile all’Ufficio per la Protezione della Costituzione del Ministero dell’Interno della Turingia, il servizio di intelligence interno del Land.
Il report della Bild: Beate Zschäpe in contatto con i servizi mentre era ancora nella NSU?
Le chiamate, secondo “Bild”, sarebbero documentate in file riservati e confermate da più fonti. Dorothea Marx (SPD), ex presidente della commissione d’inchiesta della Turingia sul caso NSU, ha confermato al giornale che le comunicazioni tra Zschäpe e i servizi sarebbero state “almeno dieci”. Tuttavia, non risulta ancora chiaro chi rispondesse alle sue telefonate, né con quale finalità.
Già prima che il gruppo entrasse in clandestinità, i servizi avrebbero preso in considerazione un possibile reclutamento di Zschäpe come informatrice. La proposta fu formalmente respinta per “mancanza di idoneità”, ma il sospetto che si siano protratti dei contatti informali è rimasto presente nel dibattito sulla vicenda. Il tabloid cita presunti ambienti della sicurezza nei quali si ipotizzerebbe che Zschäpe fosse in possesso di informazioni compromettenti o che volesse esercitare pressione durante la fuga.
I fascicoli distrutti e il dubbio sul contenuto dei cellulari
Ulteriori dubbi sono emersi in relazione a un episodio avvenuto l’11 novembre 2011, pochi giorni dopo la morte di Uwe Mundlos e Uwe Böhnhardt. In quella data, diversi fascicoli vennero distrutti presso la sede dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV) a Colonia. Axel Minrath, nome in codice “Lothar Lingen”, responsabile dell’operazione, avrebbe in seguito ammesso di aver agito per “evitare danni all’istituzione”. Secondo le fonti citate – ma non nominate – da “Bild”, il numero effettivo dei dossier eliminati sarebbe molto più alto dei sette sinora resi noti.
Anche l’analisi dei telefoni cellulari in uso a Zschäpe solleva interrogativi. Stando a una trascrizione dell’interrogatorio citata da “Bild”, un agente dell’Ufficio federale di polizia criminale (BKA) avrebbe cercato di eliminare i dati estratti dai dispositivi su incarico diretto dell’istituto. Sebbene i dati siano stati recuperati, non è chiaro quali informazioni contenessero né quali contatti vi fossero memorizzati. Un dirigente del BKA ha espresso il sospetto che nella rete di Zschäpe potesse trovarsi un informatore.
Il funzionario avrebbe inoltre sottolineato che tale tentativo di cancellazione risultava “irregolare” e privo di giustificazioni formali. L’episodio è stato riferito a due alti funzionari del Ministero dell’Interno, ma non ha portato ad alcuna azione disciplinare. Il BKA, dal canto suo, ha dichiarato di non aver mai avuto accesso ai dati in questione, una versione che diversi esperti e membri della commissione parlamentare smentiscono.
Zschäpe, oggi cinquantenne, non ha mai rilasciato dichiarazioni pubbliche sulla propria fuga né sui contatti che avrebbe avuto durante quel periodo. La sua posizione rimane centrale nell’indagine su quella che è considerata la più grave serie di omicidi di matrice neonazista della Germania postbellica. Tra il 2000 e il 2006, il gruppo NSU ha ucciso dieci persone, perlopiù di origine turca, e ha compiuto altri reati gravi. Il 4 novembre 2011, Mundlos e Böhnhardt si sono tolti la vita. Da quel momento, Zschäpe è rimasta l’unico membro vivente del trio.