Germania: Richiedenti asilo obbligati a lavorare per 80 centesimi l’ora. Le associazioni protestano

Uno dei problemi principali di coloro che hanno o richiedono lo status di rifugiati in Germania è quello del lavoro. Da un lato, il loro accesso al mercato del lavoro tedesco “normale” è limitato, dall’altro, per legge possono essere obbligati a svolgere una sorta di servizio civile. Di recente, però, alcune organizzazioni per la tutela dei rifugiati hanno denunciato questa pratica, dichiarando che si tratta di una forma di sfruttamento, poiché le persone che rientrano in questo programma sono costrette a lavorare per 80 centesimi l’ora.
Lavorare per 80 centesimi l’ora: per le associazioni dei rifugiati è sfruttamento
Ne ha parlato di recente la testata berlinese rbb, con riferimento a quattro rifugiati provenienti dalla Cecenia, dalla Turchia e dall’Iraq che sono “impiegati” – le virgolette sono d’obbligo, dal momento che il loro non è un regolare contratto di lavoro – presso il centro sportivo e ricreativo di Beeskow (nel distretto di Oder-Spree, in Brandeburgo) da dicembre. Le loro mansioni hanno a che fare soprattutto con il giardinaggio e la pulizia degli spazi e quello di 80 centesimi l’ora non è definito come un salario, ma è riconosciuto come un’indennità, una sorta di copertura spese.
Questa condizione di limbo riguarda coloro che attendono un permesso di lavoro e può durare mesi o perfino anni. Questi incarichi sono intesi, formalmente, come una misura per introdurre i richiedenti asilo nel mercato del lavoro mentre aspettano che la loro richiesta venga elaborata e quindi di sapere se potranno restare o meno in Germania.
Commentando la vicenda, l’amministratore del distretto di Oder-Spree Frank Steffen (SPD) si è detto favorevole a questa misura, dichiarando che queste forme di lavoro sono da intendersi come qualcosa che i richiedenti asilo possono dare al Paese che li ospita, in cambio dell’accoglienza.
Per contro, Emily Barnickel, membro del Consiglio per i Rifugiati di Berlino, definisce questa condizione come sfruttamento, senza mezzi termini, soprattutto perché il lavoro a queste condizioni è obbligatorio. Se i richiedenti asilo si rifiutassero di svolgerlo a queste condizioni, infatti, incorrerebbero in sanzioni, come la riduzione delle prestazioni sociali. La legge in materia, d’altra parte, stabilisce che i richiedenti asilo ospitati in centri di accoglienza condivisi possano essere obbligati a svolgere lavori socialmente utili, specificando che le attività designate non devono sostituire un posto di lavoro retribuito e devono servire al bene comune (nel caso del distretto di Oder-Spree, infatti, i quattro richiedenti asilo aiutano il giardiniere del centro, ma non sostituiscono figure che verrebbero altrimenti ricercate sotto forma di regolari assunzioni). Inoltre, il salario non è considerato uno stipendio, ma un rimborso spese, quindi non soggetto alla legge sul salario minimo.
Secondo Barnickel, sarebbe molto più importante dare alle persone un permesso di lavoro fin dal primo giorno e permettere loro di contribuire alla società: obbligarli invece a lavorare per 80 centesimi l’ora, commenta, “è degradante e sbagliato”.
Anche a Berlino ci sono richiedenti asilo che lavorano per la stessa cifra o, per meglio dire, per lo stesso rimborso spese. Tuttavia, secondo quanto dichiarato a Rbb dalla Senatrice per gli Affari sociali Cansel Kiziltepe (SPD), tutti coloro che vi si impegnano lo fanno volontariamente.