Perché i prezzi degli affitti a Berlino sono così alti? Il fenomeno della gentrificazione e il caso Prenzlauer Berg

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Prenzlauer Berg
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di Francesca Ferrauto

Sono seduta a casa mia e guardo fuori dalla finestra. L’immagine riflessa nel vetro è pacifica: diversi palazzi d’epoca, gli Altbau, ben ristrutturati, strade pulite con cani e bambini che corrono, un albero posto ad arte alla fine della strada. È per questa vista che ho cercato casa qui, questo è l’angolo di Berlino che chiamo casa: Prenzlauer Berg. Tuttavia se cercaste casa mia con Google Street View, le immagini sullo schermo differirebbero notevolmente da ciò che vedo ora dalla mia finestra: le strade sono deserte e diversi murales sporcano di colore i muri altrimenti tristemente grigi, ben diversi dai palazzi color panna e verdi cui sono abituata. Questo perché il quartiere che tanto amo è nato solo di recente, attraverso un processo noto come “gentrificazione”.

Che vi siate trasferiti a Berlino più di dieci anni fa o solo l’altro giorno, non vi sarà sfuggito come l’immagine “trasandata e povera” di Berlino stia via via svanendo, con la nascita di quartieri sempre più eleganti e curati. L’inesorabile cambiamento dei quartieri di Berlino da shabby a shabby chic non si sta compiendo in modo indolore ed economico. Molti berlinesi sono stati costretti ad abbandonare le proprie case, perché il loro quartiere nel giro di pochi anni era diventato troppo costoso. Ad avvertire il cambiamento non sono solo i residenti stabili, bensì anche gli amanti della città, che le fanno visita regolarmente. La testimonianza di Tania, che ha vissuto a Berlino durante il suo Erasmus, denuncia come a distanza di soli 5 anni lei abbia notato un cambiamento nell’anima stessa della città tale da renderla quasi irriconoscibile:

Non è stato facile lasciarti (Berlino), eppure rincontrarti è stato ancora più difficile. Perché entrambi siamo cambiati. Io proiettata verso l’Asia, con la voglia di scoprire nuove culture, tu con i segni della stanchezza di chi fa fatica a integrarne tante, di culture. La patina ribelle che leggevo nei tuoi occhi ha lasciato spazio alla tristezza, e il rincaro del costo della vita ti ha fatto allontanare dalla nostra amata Kreuzberg. Quell’aria ricca di possibilità e speranza che respiravamo ora non c’è più” — Tania, 27 anni

Il fenomeno che sta cambiando l’aspetto di Berlino in modo così repentino è chiamato gentrificazione, che può essere descritto come la conseguenza dell’arrivo di un cospicuo numero di residenti facoltosi in un quartiere economicamente vantaggioso. Questi residenti abbienti hanno disponibilità economiche maggiori rispetto ai “vecchi” residenti, la loro presenza influenza il costo della vita nel quartiere risultando in un costante aumento dei prezzi, che costringe i residenti meno facoltosi a trasferirsi altrove. Il repentino cambio nella base demografica del quartiere snatura l’immagine dello stesso. Il fenomeno della gentrificazione è dolorosamente evidente se si guarda al costante rinnovo delle abitazioni a Berlino e al conseguente aumento nei prezzi negli affitti.

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Prenzlauer Berg per scappare dalla DDR

Per capire meglio cosa sia successo nel quartiere, è necessario tornare indietro di qualche anno, a quando Prenzlauer Berg non era il rinomato e costoso distretto che è oggi. Durante gli anni della DDR era un quartiere senza verde e senza spazi per bambini.
Sino agli anni Novanta, i palazzi Altbau di Prenzlauer Berg — a questo punto vecchi di circa 100 anni, privi di servizi igienici o riscaldamento — non vennero mai ristrutturati, in quanto piuttosto che investire nella bonifica dei vecchi palazzi il governo preferì costruire i palazzoni che fanno oggi parte dell’immaginario comune su Berlino: i Plattenbau.

Tali strutture erano di fatto economiche, potevano essere costruite velocemente ed erano in grado di ospitare comodamente molte persone. A tutti gli effetti, il governo cercò di liberarsi dei vecchi Altbau, ad esempio evitando di ri-affittare gli appartamenti che si liberavano dai loro affittuari precedenti, in quanto un intero palazzo disabitato poteva essere raso al suolo.
Considerando che i nuovi appartamenti erano solitamente forniti di riscaldamento e servizi igienici, i Plattenbau erano abitazioni largamente più desiderabili degli Altbau e si riempirono presto degli ex-residenti di altri quartieri, incluso Prenzlauer Berg. Ciò risultò nello svuotamento di molte abitazioni e nella loro successiva occupazione da parte di abusivi.

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È proprio in questo momento, nel pesante clima della DDR, dove i vicini si spiavano a vicenda, dove qualunque iniziativa personale era un atto di ribellione politica, che nacque il mito di Prenzlauer Berg come un’oasi di collettivi, pieni di artisti, dissidenti politici, intellettuali scomodi, artisti e punk. Questa vasta e colorata collettività si concentrò in Prenzlauer Berg, prendendo possesso degli Altbau rimasti vuoti, per due motivi principali: ad alcuni di loro, per un motivo o per un altro, non era stata assegnata un’altra abitazione e altri invece apprezzavano la lontananza dall’occhio vigile della DDR. La testimonianza della scrittrice Annette Gröschner per il Museum Pankow, ne è una prova. Annette comunica come si sentisse molto più nascosta dal partito nella grande città di Berlino che nel suo paese natale, Magdeburg.

Bisogna in effetti credere che la DDR non sorvegliasse molto Prenzlauer Berg, tenuto conto di come gli occupanti abusivi riuscissero abbastanza facilmente ad ottenere un contratto per le case che occupavano. Chiunque poteva entrare nei palazzi, magari dalla porta sul retro, entrare in un’appartamento e porvi un lucchetto. Dopodiché il difficile era riuscire a pagare l’affitto alla KWV (Kommunalen Wohnungsverwaltung) per tre mesi consecutivi, senza che questa si accorgesse di quale indirizzo si trattasse. Il successo dell’operazione dipendeva dalla bravura nel riuscire a descrivere la motivazione per il pagamento in modo sufficientemente poco dettagliato e fuorviante. Infine, come le ricevute della KWV era possibile recarsi alla polizia, cambiare il proprio indirizzo di residenza, per poi tornare dalla KWV e richiedere un contratto per la propria “regolare” abitazione.

È bene puntualizzare però, che il mito su una spettacolare subcultura intellettuale di Prenzlauer Berg non è mai stato fedele alla realtà. La colorata collettività, lontana dal controllo della DDR, in un clima di ritrovata libertà creò sì arte, ma senza fare scuola. Non si creò mai un circolo di artisti anti-politici, bensì vi erano semplicemente artisti, alcuni più bravi di altri, che creavano in maniera indipendente.

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Prenzlauer Berg per anarchia e utopia

Malgrado ciò che il mito pubblicizzava non esistesse realmente, il mito in sé fu tutto ciò che servì per porre Prenzlauer Berg sulla strada verso il suo destino.
Spostandoci avanti negli anni sino al crollo del Muro e al trasferimento della capitale da Bonn a Berlino, è possibile assistere ad un altro grande cambiamento legato alle grandi opere di ricostruzione della città. Le linee guida per la “nuova” Berlino sono presenti nel modello di sviluppo urbanistico chiamato Planwerk Innenstadt varato dal Senato berlinese nel 1999. Da tale documento traspare il diffuso desiderio di ricostruire Berlino come una città “europea”, polo di attrazione per una linfa vitale nuova e creativa, così da consentire alla capitale tedesca di rivaleggiare con Parigi, Roma, Londra etc..

Con la caduta del muro e di tutte le restrizioni degli anni precedenti, il quartiere di Prenzlauer Berg fu aperto al mondo e parve per un breve momento che il mito di anarchia e utopia si stesse davvero materializzando. L’esodo dalla Germania dell’Est verso l’Ovest fino ad allora proibito, lasciò ancora più appartamenti liberi per coloro i quali volevano trasferirsi in Prenzlauer Berg, poiché attratti dal suo senso di libertà e dall’alta concentrazione di artisti e intellettuali.
Purtroppo la verità dei fatti fu un’altra, ciò a cui si assistette in quegli anni fu un semplice e momentaneo vuoto di potere durante il passaggio dal potere onnipresente del controllo forzato del partito al potere del denaro, nel senso più capitalistico del termine.

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Nel Novembre 1999, per tre giorni consecutivi, il governo, con l’ausilio della polizia, tentò di far sgombrare le decine di palazzi occupati. I residenti risposero all’azione oppressiva con altrettanta violenza, cosa che risultò in ben 300 arresti. La violenza di quelle tre giornate fu tale che da entrambe le parti preferirono risolvere la questione in maniera diplomatica. Gli occupanti abusivi ottennero tutti un contratto nell’arco dei due mesi successivi a quelle terribili tre giornate, e venne creato un Comitato di residenti che veniva regolarmente interpellato per le decisioni del governo riguardo la ristrutturazione del quartiere.
I piani per il rinnovamento di Prenzlauer Berg erano estesi e radicali, l’obiettivo era quello di trasformarlo in un quartiere di intrattenimento e ciò si espresse con la costruzione di numerosi bar e ristoranti, parchi e Spielplatz. Grazie alla collaborazione tra governo e residenti, la speculazione commerciale cui siamo abituati oggi non cominciò subito, ma è chiaro che qualcosa non deve essere andato esattamente secondi i piani.

Il governo espresse la volontà di mantenere l’equilibrio socio-culturale presente in Prenzlauer Berg, reso noto dal Senato tramite il Leitsätze zar Stadterneuerung für die Sanierungsgebiete in Berlin. Tuttavia se questo era vero, non si spiega la decisione presa negli anni immediatamente successivi di alzare artificialmente gli affitti della Berlino Est per renderli più omogenei a quelli dell’Ovest. Si trattava di aumenti di quattro o cinque volte l’intero affitto originario, un costo che molti dei residenti di Prenzlauer Berg non erano in grado di sostenere. Tra l’altro, l’aumento dei prezzi era avvertito come un atto assolutamente ingiustificato, considerando che le case erano ancora in condizioni precarie.

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In molti quindi cominciarono a chiedere che all’aumento degli affitti corrispondesse un restauro delle abitazioni, un costo che il governo berlinese non era in grado di sostenere. Unica scelta possibile fu ridare la proprietà delle case a coloro i quali era stata inizialmente tolta durante la DDR, ciò spostando la gestione della ristrutturazione dalla sfera pubblica a quella privata.
La decisione più comune nei nuovi (o ritrovati) proprietari fu quella di vendere le case, ma non era raro che qualcuno vi appiccasse fuoco per ottenere i soldi dall’assicurazione, i più scaltri infine cacciarono i vecchi residenti per ristrutturare il complesso e affittare gli appartamenti a prezzi molto più alti. Certo, moti di protesta non mancarono, il motto di “Wir bleiben alle” si udiva a intervalli regolari da una manifestazione all’altra e la presenza del Mietobergrenze (limite massimo di affitto) mantenne la situazione più o meno stabile, almeno sino ai primi anni 2000.

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Prenzlauer Berg per mettere su famiglia

Il mito dell’accattivante cultura di Prenzlauer Berg, insieme alla sua ottima posizione e al collegamento ai trasporti, ne fecero una residenza invidiabile per coloro i quali potevano permettersi gli affitti più costosi. Nel 1996 il 70% di Prenzlauer Berg era stato ristrutturato, nel nuovo millennio con l’eliminazione del Mietobergrenze, la privatizzazione, la crisi economica con la conseguente diminuzione degli investimenti pubblici, la percentuale degli abitanti di Prenzlauer Berg residenti da prima degli anni Novanta crollò a un misero 20%.

Nell’arco di poco più di un decennio Prenzlauer Berg era passata dal quartiere più povero di Berlino a uno dei più ricchi, ciò non perché il tenore di vita dei residenti fosse aumentato, ma perché erano cambiati i residenti stessi.
Il fallimento da parte del governo di mantenere le promesse fatte, spinse il Senato nel 2005 a cambiare in retrospettiva il Leitsätze zar Stadterneuerung, l’obiettivo della bonifica di Prenzlauer Berg passo dal “mantenimento” (Erhalt) della struttura socio-culturale del quartiere alla sua “stabilizzazione” (Aufwertung). Con questo piccolo cambio retroattivo diventa possibile guardare al cambio demografico nel quartiere, ovvero al flusso verso l’interno di persone con “effetti stabilizzanti” (nello specifico giovani famiglie) contro il flusso verso l’esterno degli “instabili”, come a un successo. Osservando come ad oggi l’abitante medio di Prenzlauer Berg sia perlopiù alto-borghese con famiglia, c’è chi sostiene che questo obiettivo sia stato raggiunto.

La gentrificazione di Prenzlauer Berg lascia ampio spazio a diversi dubbi. È chiaro che il governo preferisse un aumento dei colletti bianchi e di famiglie nel quartiere, rispetto all’abbondante concentrazione di artisti, intellettuali e punk, ma è logico pensare che il vero problema fu la mancanza dell’ingente quantità di risorse necessarie per la ricostruzione, fortemente aggravata dalla crisi finanziaria degli anni duemila. È tuttavia vero che l’atteggiamento del lassez-fair di fronte alla speculazione commerciale del settore privato, nonché la modifica del Leitsätze zar Stadterneuerung (compiuta senza la regolare presenza di una rappresentanza cittadina), non consentono di sollevare il governo da tutte le sue responsabilità.

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Prenzlauer Berg come casa

Più che verso il governo, il mio interrogativo si sposta verso i nuovi residenti del quartiere, me inclusa. Apprendere della passione con cui i “vecchi” residenti di Prenzlauer Berg hanno cercato di proteggere le loro case e il loro stile di vita, mi getta in un profondo stato di costernazione: abbiamo privato questo quartiere dei suoi legittimi proprietari?
Immagino di non essere la sola che si è trasferita qui attratta da tutte le strutture amene costruite dagli anni Novanta ad oggi: i parchi e i bei palazzi ristrutturati che sono la causa della diaspora dei precedenti residenti del quartiere. La consapevolezza di assomigliare molto poco a chi ha chiamato “casa” le mura che ora mi circondano, e del probabile divario economico che ci divide, mi spezza il cuore e mi fa sentire complice.

Era necessario creare un quartiere così lussuoso? Non poteva essere sufficiente ristrutturare le vecchie Altbau per renderle confortevoli, per migliorare la qualità di vita degli inquilini con servizi igienici e riscaldamento? Chi abita in un’appartamento non ha forse diritto di scegliere se ha bisogno della comodità di un ascensore, se questo significa un aumento dell’affitto? Le migliorie al quartiere sono servite più alle imprese immobiliari che ai residenti?

Ad ogni modo, trovare risposta a queste domande può avere poco valore per la Prenzlauer Berg di oggi. L’importante è guardare al futuro consapevoli degli errori commessi in passato e cercare di non ripeterli. Io che credo che una città come Berlino non possa esistere di soli ricchi, ma questo sembra essere il desiderio della ristrutturazione ancora in corso della città, in quanto se si guarda a Kreuzberg e Neukölln, la gentrificazione non sembra affatto compiuta.