Il direttore dell’IIC di Monaco: promuovere la cultura italiana attraverso i nuovi media
di Lucia Conti
Francesco Ziosi è il giovanissimo direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Monaco. Ha appena trentacinque anni e il suo impegno si muove nella direzione dell’utilizzo intelligente dei nuovi media e della promozione della cultura italiana presso un pubblico transgenerazionale.
Dottor Ziosi, lei è giovanissimo, ma ancora più giovani sono le persone che sta cercando di raggiungere promuovendo la cultura italiana a Monaco
Questa è la sfida più grande, perché il pubblico delle nostre iniziative è un pubblico tradizionalmente non giovanissimo e anche a livello degli eventi che organizziamo spesso ci scontriamo con quelle che sono un po’ le abitudini delle diverse fasce anagrafiche di pubblico. Mi riferisco al fatto che per alcuni aspetti sia più facile far uscire di casa per andare a una conferenza un pubblico di cinquantenni, se non settantenni, mentre più difficile è riuscirci con un pubblico di venticinquenni, a volte trentenni o addirittura quarantenni.
In che modo questo è possibile?
Cerchiamo di farlo cercando soprattutto di sviluppare una sinergia con le università e i ginnasi, dove l’italiano si studia. Circa un mese fa siamo intervenuti alla presentazione del dipartimento di italianistica, cercando di coinvolgere un ginnasio dove è attivo un lettore di italiano e in generale cerchiamo di entrare in contatto con figure che lavorano nelle scuole e che possono coinvolgere i più giovani nelle nostre attività. Un altro atto di sinergia è invitare ai nostri eventi persone che lavorano nelle università o nei dipartimenti di italianistica. Ad esempio a gennaio avremo ospite Michele Mari, che ha scritto un romanzo uscito per Einaudi l’anno scorso, e una giovane professoressa universitaria di Monaco, che ha incentrato il suo corso proprio su Mari e lo concluderà da noi con la visita dello scrittore. Sono tentativi, ma stiamo cominciando a raccogliere qualche frutto.
In che modo comunicate con i giovani che volete coinvolgere nelle vostre attività?
Per avvicinarci ai giovani abbiamo molto investito sulla comunicazione online, abbiamo aperto un canale youtube e lanciato questa nuova forma di comunicazione con dei piccoli spot video, che si possono trovare appunto sul canale dell’Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera. Un giovane videomaker italiano, Matteo Chincarini, ha girato per noi dei video su cose anche diverse l’una dall’altra, ma la sfida è proprio questa: rendere in due minuti concetti culturali molto importanti, che possono essere Bernini, Venezia, gli Uffizi o Pirandello.
Su Pirandello le istituzioni culturali tedesche si stanno attivando molto. A Berlino per esempio l’attore Toni Servillo leggerà dei brani presso l’Ambasciata d’Italia
Ci sono indubbiamente molte iniziative, il legame tra Pirandello e la Germania è noto, e l’occasione dei 150 anni dalla nascita dello scrittore è un ottimo spunto per parlare di questo.
Avete già avuto dei riscontri, in questo senso?
Una cosa che mi piace dire è che il pubblico delle nostre iniziative è spesso inaspettato, ad esempio proprio Pirandello sta avendo un ottimo riscontro in un pubblico abbastanza giovane, dimostrandosi un autore che ha sempre qualcosa da dire, oltre che uno dei canoni della letteratura italiana.
La scelta del canale youtube pensato in questi termini riflette una riflessione più ampia sulla scelta di un certo tipo di comunicazione?
Siamo molto contenti di questa direzione, perché va a intercettare persone che usano questi linguaggi e non hanno un’eccessiva frequentazione con le istituzioni culturali in quanto tali.
Posso chiederle qual è la sua storia professionale?
Ho studiato storia antica, prima a Bologna e poi alla Normale di Pisa, dopo il dottorato in Normale ho fatto il concorso al ministero e sono rimasto per tre anni a Roma e questa è la mia prima missione.
Cosa l’ha spinta in questa direzione?
Sicuramente la voglia di fare qualcosa di diverso rispetto al mio curriculum accademico, di guardare un po’ al di là di quello che è il percorso “classico” che avrei potuto seguire, e questo devo dire che accomuna tutti quelli entrati nell’ultimo concorso, che ormai risale a cinque anni fa.
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