AperturaAttualitàPoliticaPolitica Tedesca

La Germania pensa a una “tassa sui profitti in eccesso” contro il caro-carburanti. Chi guadagna dalla guerra?

Chi trae profitto dalle crisi? Che cosa dovrebbe fare lo Stato, quando un’azienda realizza profitti molto più alti del normale come diretta conseguenza di una situazione estrema, come può essere una pandemia o una guerra? Di questo si dibatte in questi giorni in Germania, dal momento che la coalizione di governo sta considerando l’ipotesi di introdurre una “tassa sui profitti in eccesso” (Übergewinnsteuer), destinata a livellare gli enormi utili che alcune particolari categorie industriali stanno traendo dalle ramificazioni geopolitiche ed economiche del conflitto in Ucraina. L’imposta, ovviamente, andrebbe ad alleggerire l’impegno economico che lo Stato tedesco sta profondendo nel far fronte alla congiuntura attuale.

Il dibattito politico: chi è a favore di una “tassa sui profitti in eccesso”?

Cosa comporterebbe una tassa sui profitti in eccesso o, come è già stata definita, una “tassa sui profitti di guerra”? I primi soggetti di questa imposta sarebbero con ogni probabilità le compagnie petrolifere e l’industria bellica nel suo complesso. Il co- leader dei Verdi Omid Nouripour si è espresso in merito senza mezzi termini: “alcune aziende stanno sfruttando l’inflazione”. Anche la sua collega Ricarda Lang ha definito “logico” un provvedimento di tassazione supplementare per le compagnie petrolifere che stanno traendo profitti dalla guerra e dal conseguente aumento dei prezzi. Il riferimento è al prezzo del carburante, che è calato solo temporaneamente con la riduzione dell’imposta sull’energia. La situazione è disomogenea, ma presso molti distributori i prezzi sono già tornati a salire, spingendo i partiti di governo a considerare misure atte a scoraggiare gli aumenti o a convogliarli in un maggiore gettito fiscale che non vada a gravare sulla popolazione. Favorevoli all’idea sono, fra gli altri, il co-leader dell’SPD Lars Klingbeil e il sindaco di Brema Andreas Bovenschulte (SPD). Anche la CDU si dichiara possibilista circa l’introduzione di questa misura, mentre Die Linke è apertamente favorevole. Fra i membri della coalizione “a semaforo”, l’unica resistenza all’introduzione di una tassa sui profitti eccessivi si registra da parte dell’FDP.

Il capogruppo parlamentare dell’FDP Christian Dürr e il ministro delle finanze Lindner hanno dichiarato, rispettivamente al tabloid Bild e al quotidiano Der Spiegel, cha una tale imposta potrebbe spingere aziende innovative e importanti a lasciare la Germania. Dürr in particolare ha menzionato BioNTech, che ha realizzato ottimi profitti negli ultimi due anni. Secondo Lindner, anche cercare di “temperare” questo effetto, limitando la tassa ad alcuni comparti, rischierebbe di esporre il governo ad accuse di arbitrarietà.

Il servizio scientifico del Bundestag ha esaminato la questione individuando un certo margine per il legislatore in merito all’introduzione di una misura di questo genere, che rientrerebbe nei limiti costituzionali. A marzo, la Commissione UE ha dato il via libera agli Stati membri per “prendere in considerazione misure fiscali temporanee sui profitti inattesi e decidere eccezionalmente di destinare parte di questi profitti alla ridistribuzione ai consumatori”, evitando però le “distorsioni eccessive del mercato”. Gli economisti sono divisi sull’opportunità della misura e sulla sua fattibilità (considerando che una buona parte dei profitti delle compagnie petrolifere sono difficilmente tassabili poiché generati all’estero).


Leggi anche:
Berlino, prezzo carburanti in calo: effetto dello sconto benzina?

Come si determinano i “profitti in eccesso” dovuti alla crisi?

Per determinare se e quando un’azienda stia traendo utili superiori alla norma in conseguenza di una crisi, naturalmente, occorre prima di tutto stabilire cosa si intenda con “profitti normali”. Un calcolo simile è già stato fatto nel 2021, per valutare l’impatto economico della pandemia di Covid-19. Per determinare la sussistenza di profitti oltre la media, si prendono in considerazione gli utili di periodi equivalenti precedenti alla crisi (ovvero, in questo caso, periodi di pace) e si considerano le variabili che hanno portato alle variazioni nei guadagni dell’azienda o del comparto in esame. Misure simili sono state applicate, per esempio, nel Regno Unito, negli USA e in Francia durante le due guerre mondiali, per supportare le spese belliche dei rispettivi governi, ma anche perché il profitto derivato direttamente dalla situazione di conflitto veniva percepito di per sé come ingiusto.

La situazione in Europa

La Germania, al momento, non è l’unico Paese a prendere in considerazione un’imposta del genere. Una proposta simile è stata avanzata anche in Inghilterra, Ungheria e Italia. I tassi di imposta sono diversi nei vari Paesi, ma in media i governi prevedono di poter raccogliere così un gettito fiscale supplementare in ragione di diversi miliardi di Euro (5,9 secondo il piano presentato dal ministro delle finanze britannico Rishi Sunak, 6,5 secondo le previsioni avanzate in Italia).

P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio