Elon Musk rifiutato al Berghain. O del perché siamo felici quando un miliardario se la passa male

elon musk ride testicoli
Elon Musk. JD Lasica from Pleasanton, CA, US, CC BY 2.0 , via Wikimedia Commons

Chiunque viva a Berlino o segua alcuni popolari account Instagram dedicati alla satira in forma di meme sulla capitale tedesca ha scoperto, in questi ultimi giorni, che c’è un tema più pervasivo e ingombrante della crisi internazionale e dell’aumento dei prezzi: la notizia di Elon Musk rifiutato al Berghain. O meglio, l’appassionante dibattito incentrato intorno al fatto che il miliardario sudafricano sia stato o meno “rimbalzato” alla porta dal leggendario Sven – un uomo di mezza età che potrebbe vivere di rendita e servizi fotografici, ma sceglie comunque di stare fuori dalla porta di un club con temperature sotto zero, perché ha una missione da portare a termine.

Elon Musk rifiutato al Berghain? Il miliardario sostiene di no

La versione di Musk è una variazione sul tema dell’uva acerba e del “non sei tu che mi lasci, sono io che me ne vado”. In un Tweet scritto intorno alle 3 del mattino – orario in cui solo gli ubriachi, le persone con gravi disturbi del sonno e Donald Trump si dilettano con i social media – il CEO di Tesla e campione mondiale di cringe in presenza di giornalisti ha dichiarato: “hanno scritto PACE sulla facciata del Berghain. Mi sono rifiutato di entrare”.

 

In risposta all’ondata di prevedibile derisione seguita al suo Tweet, lo scaltro Musk ha elaborato con una supercazzola che citava Romeo e Giulietta (“Pace? Odio questa parola”) e specificava che chi pensa davvero alla pace, come lui, non ha bisogno di sentirne parlare.

 


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Il trionfo della Schadenfreude

Nel frattempo, oltre a un proliferare di meme che raffigurano Musk come Chris Rock e Sven come Will Smith o che inquadrano il tweet di Musk con il titolo “Dimmi che ti hanno rimbalzato al Berghain senza dirmi che ti hanno rimbalzato al Berghain”, la rete ha prodotto anche diversi post su Reddit, nei quali presunti testimoni oculari giurano di aver assistito alla scena e dichiarano che senza dubbio Musk ha tentato, invano, di entrare nel celebre tempio della techno berlinese. C’è da chiedersi se lo abbia fatto con la stessa maschera di Zorro che, si dice, indossava quando è andato a ballare al Sisyphos o se abbia preferito replicare l’abbigliamento scelto per la sua visita al KitKat.

Quel che è certo è che di questa “notizia” hanno parlato testate rispettabili di diversi Paesi e che la Schadenfreude all’idea di un miliardario che non può accedere a un’esperienza che è invece concessa a molta gente “normale”, che non possiede fabbriche e non lancia razzi nello spazio, sembra essere un sentimento in grado di unire in modo universale più di qualsiasi altro contenuto. Non c’è foto di cuccioli che tenga, di fronte al piacere di poter dire che Elon Musk è stato lasciato fuori da un posto in cui io, berlinese di nascita o d’adozione con anni di esperienza nella scena techno e un Girokonto in rosso alla Sparkasse, posso entrare ogni settimana perché so come comportarmi in fila.

Sul tema, Vice ha perfino intervistato il fondatore di Playful Magazine (rivista dedicata alla Berlino creativa e alternativa), Filip Sandström Beijer, il quale ha pensato bene di peggiorare la situazione di Musk dandogli consigli sbagliati per entrare al Berghain e suggerendogli di non presentarsi con troppa gente (giusto), ma anche di non preoccuparsi del dress code ed essere semplicemente se stesso (sbagliato, per chiunque la cui personalità non consista al 90% di esistenzialismo, silenzio e broncio). E d’altra parte, il Berghain è tutt’altro che allergico ai VIP: Lady Gaga non sembra aver avuto problemi a entrare, portandosi dietro un gruppo di amici e collaboratori che includeva, fra l’altro, la scrittrice Caitlin Moran (la foto che le ritrae insieme è una delle poche note scattate all’interno del celebre club). La gestione del Berghain, prevedibilmente, non ha commentato.

C’è chi riesce a entrare al Berghain e chi compra una fetta di Twitter

Musk, come molti di noi di fronte ai dolori della vita, si è consolato, come quasi tutti, facendo shopping online. Evidentemente non doveva esserci niente della sua taglia su Zalando, perché la “retail therapy” del sudafricano più odiato di Berlino è consistita nel comprare una quota azionaria di Twitter pari al 9.2 per cento. E, a pensarci bene, non c’è niente di meglio, per un uomo che si è appena reso il centro di un uragano di derisioni su Twitter, che assicurarsi una interessante percentuale di guadagno sulle future “shitstorm”.

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