Unconventional Berlin Diary: Berlino, non mi hai resa hipster

hipster

Berlino è ancora blandamente gelida e anche io. Ieri mattina, poco prima dell’alba, ho sognato di essere nelle mani dell’Inquisizione e quando mi sono svegliata ho visto che il cielo era ancora grigio e Berlino era ancora hipster.

Era grigio anche ad Essen, dove la settimana scorsa abbiamo suonato in un club dall’arredamento porno-horror. La città ha versato alla nostra partenza le stesse lacrime che la capitale ci ha riservato al rientro. Piove in continuazione, ovunque, ho l’impressione che lo faccia da anni, in Germania. Non so dove si concluderà la mia esistenza, ma vorrei che almeno quel giorno non piovesse. “Non può piovere per sempre” diceva Eric Draven. Bugiardo!


immondizia

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Non sono hipster, ma non sono neanche cool

La mia ragazza, Wolfie, mi ha accusato di essere diventata troppo “cool”, una delle ennesime declinazioni dello stereotipo berlinese classico. Onestamente, non so come le venga in mente anche solo di pensarlo.

Una che di domenica mattina va a chiudersi nella cripta degli Hohenzollern al Berliner Dom e se ha tempo va a mangiarsi uno strudel di fronte al Castello di Charlottenburg non può essere considerata “cool” su nessun piano di realtà.

Non sono mai stata al Tresor o al Sisyphos, la mia unica esperienza al KitKat è stata irrilevante e soprattutto non sono mai stata al Berghain. O meglio, ci sono stata una volta sola, ma per assistere a un concerto di Blixa Bargeld e Theo Teardo insieme al produttore degli Einstürzende Neubauten, che ha registrato alcuni pezzi della mia band. È il mio coinquilino e chitarrista la creatura della notte, è lui a volare sulle ali delle ore piccole con ali di latex e il corpo coperto di glitter, è lui che frequenta i cappellai matti e le regine allucinate di quella Wonderland berlinese che puoi raggiungere solo se segui il Bianconiglio fino in fondo al suo buco. Io al massimo sono il buco, ma non ho fondo.

I migliori club di Berlino
Il Berghain. Foto: EPA-EFE/HAYOUNG JEON

Ad ogni modo, tornando a Wolfie, credo che le sue accuse nascano, in realtà, dall’odio che nutre nei confronti del mio attuale taglio di capelli, che un tempo era un undercut, poi è diventato un sidecut e alla fine un mohawk. A me piace moltissimo, ma Wolfie lo detesta, perché ritiene che mi mascolinizzi troppo (la solita, vecchia storia) e anche perché guarda con sospetto a tutto ciò che può sembrarle “alla moda”, dal taglio di capelli a un certo tipo di vita notturna berlinese. Insomma, Berlino le avrebbe sottratto una conturbante fidanzata di provincia per restituirle un replicante hipster con le tette fasciate e sempre meno capelli in testa.

“Ricordati che hai inciso un ep chiamato Uncool!” mi ha ammonita severamente qualche giorno fa. Me lo ricordo benissimo, ma ritenere che io stia diventando una fashion victim per un “moicano” è folle quanto ritenere che per la stessa ragione io stia diventando un maschio. Facciamola finita con questa roba, ok?

Sono sempre io, ma forse non ti vado bene

A giugno ce ne andremo qualche giorno in Scozia e sono sicura che l’atmosfera gioviale e schiettamente socialista di una terra bellissima contribuirà a rasserenarla e a fugare ulteriormente il folle dubbio che io sia hipster o maschio e in ogni caso qualcosa di diverso dalla persona con cui da anni ascolta la Callas a colazione, anche se la sera prima ci siamo rotolate su un palco urlando come ossesse, con il suono stridulo dei feedback nelle orecchie e un trionfo di birra e acari nelle narici.

Sono sempre io, perché pensi che sia diversa? Sono sempre io, perché non riesci ad amare tutto? Ich bin immer noch ich, meine liebste. Nessun pericolo.

♠ Colonna sonora: “Creep”– Radiohead♠

Machete

Machete vive a Berlino dal 2013.

Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.

A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.

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