Nando dalla Chiesa a Berlino: «La Mafia viaggia verso Nord, anche nell’ex DDR»

© Antonio Scardinale / CC BY-NC-SA 2.0
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di Alessandro Brogani

Diceva Giovanni Falcone: “La mafia si caratterizza per la sua rapidità nell’adeguare valori arcaici alle esigenze del presente, per la sua abilità nel confondersi con la società civile, per l’uso dell’intimidazione e della violenza, per il numero e la statura criminale dei suoi adepti, per la sua capacità ad essere sempre diversa e sempre uguale a se stessa”.

Parte da questo concetto il libro di Nando dalla Chiesa e Martina Panzarasa Buccinasco, la ‘ndrangheta al Nord” presentato giovedì scorso alla libreria Mondolibro in Torstraße a Berlino.

Il professore, figlio del generale Carlo Alberto che fu ucciso dalla mafia a Palermo nel 1982, insegna all’università di Milano Sociologia della criminalità organizzata. Si trova nella capitale tedesca in occasione di una serie di incontri organizzati alla Humboldt Universität, in collaborazione con l’associazione italiana Mafia, nein danke.

La mafia, o meglio le mafie (Mafia, ‘ndrangheta, Camorra) sono un fenomeno che si è trasformato con il tempo, ed il vecchio stereotipo del mafioso coppola e lupara è una realtà che ben poco ha a che fare con la realtà dei fatti. Oggi esistono due tipi di mafia: la prima è quella dei cosiddetti colletti bianchi, che si occupa dei grandi affari di politica e di finanza; poi c’è la mafia del territorio, quella che s’infiltra nei piccoli comuni, in modo capillare, permeando la società a tutti i livelli.

È quasi incredibile osservare lo spettro sociale ricoperto dai mafiosi: si va dalla piccola imprenditoria, per lo più in campo edilizio, ai ruoli amministrativi (impiegati comunali ad esempio), dagli uomini delle Forze dell’Ordine ad avvocati, medici e liberi professionisti in genere. Ed è proprio questo mondo, il mondo dell’apparente normalità quotidiana, che non ha saputo resistere al fenomeno mafioso, lasciandosi invadere al suo interno senza apparentemente (tranne poche lodevoli eccezioni) porre resistenza.

È così che piccole realtà provinciali del Nord d’Italia, come Buccinasco per l’appunto, si sono viste invadere il proprio territorio da questo virus letale che le ha strozzate lasciandole senza respiro, fino all’assuefazione completa. Un fenomeno, quello delle cosche al Nord, che è stato a lungo sottaciuto e tutt’ora è spesso negato un po’ per marcare una supposta diversità rispetto al Sud d’Italia, malavitoso e corrotto, un po’ per esorcizzare un pericolo divenuto una triste realtà.

Come dice un antico adagio, c’è sempre qualcuno più a Nord di noi. Anche in questo caso il concetto è valido ed è stato fatto proprio dalle organizzazioni malavitose in cerca di terreno fertile per il loro malaffare. Pertanto anche qui in Germania stanno lentamente espandendosi sul territorio.

Abbiamo fatto qualche domanda in proposito al professor Dalla Chiesa alla fine del dibattito seguito alla presentazione del libro.

Professore, il fenomeno della mafia in Germania esiste? E se sì, dove è maggiormente diffuso?
«Il fenomeno mafioso in Germania è presente già da molto tempo. Oltre alla strage di Duisburg (15 agosto 2007) dove furono uccise 5 persone ad opera di killer della ‘ndrangheta, possiamo ricordare gli esecutori dell’omicidio del giudice Rosario Livatino (21 settembre 1990), che provenivano da Düsseldorf dove lavoravano nei cantieri».

Dunque prevalentemente in Renania Settentrionale-Vestfalia?
«Beh, quella è una zona dove ha avuto senz’altro solide radici, ma direi che oggi non è più così. Sembra che le zone d’interesse maggiori siano quelle delle regioni della ex DDR».

E questo per quale ragione?
«Vede, il meccanismo tipico della mafia è sempre stato quello di seguire l’emigrazione italiana, in Italia come qui. Il fenomeno del capitalismo illegale nato nella ex Germania dell’Est è stato un input molto forte per le cosche. Ci si accredita presso le comunità locali, magari commettendo piccoli reati non molto vistosi così da poter dire di non aver fatto niente di male».

L’infiltrazione nel mondo politico tedesco è ancora marginale a suo parere?
«Non direi che è marginale, semmai è carsico (cioè dissolutivo prima e costruttivo poi). Mi sembra evidente che le Autorità tedesche lo abbiano un po’ sottovalutato. Si sa che la Germania ha da sempre rappresentato un luogo prediletto dalla criminalità organizzata per il riciclaggio del denaro sporco».

Cosa mi dice della roccaforte del potere economico tedesco? Francoforte, per capirci.
«Tutte le capitali finanziarie, della Borsa, sono oggetto d’attenzione da parte della Mafia. Spesso quella del territorio e quella della finanza fanno parte degli stessi clan. Quello che però è importante capire è che fra potere e profitto, la mafia sceglie il primo. Quando arrivano, i clan cercano il controllo del territorio. Quella della finanza è quella che muove più soldi, ma non è quella che conta realmente di più».

La Germania è più “terra di conquista” di Mafia, ‘ndrangheta o Camorra?
«La Mafia è senz’altro presente, veda l’esempio di Livatino di cui parlavamo prima, così come la Camorra, ma è senz’altro la ‘ndrangheta che ha più preso piede. Ci hanno anche scommesso, mettendo come basi le proprie comunità, dei propri paesi».

Berlino secondo lei è un’isola felice rispetto il resto della Germania riguardo l’espansione dei fenomeni mafiosi?
«Non saprei. Forse la sua storia gli ha conferito una maggiore tranquillità, ma non penso che ne sia immune. C’è turismo, c’è il divertimento, pertanto è attraente. Questo non va sottovalutato. Io starei attento».

Ci sono collaborazioni attive fra le polizie dei due Paesi circa questo fenomeno?
«Sicuramente ci sono contatti tra i due Paesi, soprattutto su insistenza delle Autorità italiane, ma non ho fonti precise al riguardo».

Fra poco si aprirà in Italia l’Expo 2015. Forti infiltrazioni mafiose sono state già scoperte da parte delle autorità investigative italiane. La Germania avrà il più grande padiglione presente sul campo. Quali accortezze dovrebbe prendere per non rischiare di trovarsi in spiacevoli coinvolgimenti?
«Deve guardarsi dai servizi che le vengono offerti. A partire dal catering, al facchinaggio, alle pulizie ed installazioni in genere. Sono le entrature nelle quali hanno maggiori capacità le cosche mafiose».

La Mafia verrà mai sconfitta?
«Conoscendola, sì. Occorre farla conoscere ed ammettere che c’è. Solo così si potrà sconfiggerla».

Lascio il professore con questo auspicio e mi tornano in mente altre parole di Giovanni Falcone, grande conoscitore della criminalità organizzata, che aveva sfidata sul campo e che per mano di essa perse la vita: “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”.