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Sempre più uffici a Berlino restano vuoti. E se diventassero appartamenti?

Chi si trova a passeggiare per Friedrichshain, in particolare per il ponte di Warschauer, guarda da un lato allo spazio RAW Gelände, destinato a essere parzialmente spazzato via per la costruzione di un nuovo grattacielo e di nuovi spazi per uffici, dall’altra alla mostruosità architettonica che è il grattacielo Amazon, giustapposto a quell’altra mostruosità architettonica che è l’East-Side Mall e si chiede: era proprio necessario? C’era davvero bisogno di altri uffici a Berlino? O non ha forse più bisogno di appartamenti questa città “povera ma sexy”, nella quale per affittare un appartamento da solo e condurre una vita da adulto e non da studente universitario devi essere ricco? Chi ha formulato questo pensiero e forse si è sentito un po’ a disagio, temendo di essere solo un vecchio socialista fuori moda, può tirare un sospiro di sollievo: i fatti concordano. Berlino ha sempre meno bisogno di uffici. Come facciamo a saperlo? Semplice: ce ne sono a migliaia vuoti, sfitti, inutilizzati, tanto che si sta iniziando a pensare di convertirli in appartamenti.

amazon tower
Amazon Tower, Berlino, dettaglio. A.Savin, FAL, via Wikimedia Commons

Un’opinione ottimista in tal senso è stata pubblicata di recente dal quotidiano locale Berliner Zeitung, che ha riportato il punto di vista del titolare di una grande agenzia immobiliare, che vede in questo tipo di conversione un potenziale di investimento. Per gli inquilini o aspiranti tali, questa dovrebbe essere una buona notizia. Perché – vale la pena essere chiari – a meno che l’idillio fra l’attuale governo di centro-destra della città-stato e i colossi dell’immobiliare non finisca all’improvviso, l’unica speranza che i berlinesi hanno di veder aumentare l’offerta di edilizia abitativa è che le aziende del settore la vedano come un investimento proficuo.

Gli uffici a Berlino restano vuoti dopo la pandemia: potrebbero essere convertiti in 2500 appartamenti

Veniamo ai fatti, così come riportati dall’agenzia Jones Lang Lasalle, in una dichiarazione alla Berliner Zeitung. Attualmente, si registra a Berlino una considerevole quantità di spazi per uffici vuoti. Parliamo di oltre 1 milione di metri quadrati di potenziale inespresso, che potrebbe essere indirizzato verso il settore residenziale. Di cosa parliamo, in termini di unità abitative?

Questi spazi vuoti, se opportunamente trasformati, potrebbero dar vita a circa 2.500 nuovi appartamenti. La conversione rappresenterebbe una risposta parziale al problema della carenza di alloggi che affligge la capitale tedesca. Ovviamente, c’è da considerare una serie di investimenti necessari, dal momento che il processo di conversione è soggetto a diverse restrizioni e sfide. Tra queste, vi è la necessità di individuare posizioni idonee per un utilizzo residenziale, che non sempre coincide con le aree dove si trovano gli uffici vuoti. Per esempio, se un edificio si trova in una zona con un fortissimo inquinamento acustico, per via della presenza di impianti industriali o altre strutture che generano moltissimo rumore, inevitabilmente le eventuali unità abitative sarebbero di scarso valore e scarsamente competitive sul mercato e, di conseguenza, convertire quel particolare edificio per uso residenziale non verrà considerato un buon investimento.

L’anno scorso, stando ai dati condivisi da JLL, a Berlino sono stati affittati circa 529.000 metri quadrati di uffici, ovvero il 31% in meno rispetto all’anno precedente. Quest’anno si prevede che la superficie di uffici affittati salga a 550.000 metri quadrati, ma il livello è sempre basso, se si considera che, nel 2019, si parlava di quasi il doppio: circa un milione di metri quadri. Verrebbe quasi da chiedersi, a voler fare della dietrologia spicciola, se non ci siano considerazioni sul “benessere” del mercato immobiliare dietro l’isteria che moltissime aziende hanno manifestato in materia di smart working, prima disperandosi perché il governo lo imponeva, durante la pandemia, poi facendo la voce grossa perché i dipendenti, avendo scoperto che potevano lavorare a casa, non volevano tornare in ufficio. Le nuove costruzioni riflettono l’ansia di convincere il personale a tornare a lavorare in presenza, per lo più con “concetti” (perché si chiamano sempre “concetti”, mai “disperati tentativi”) che, nella maggior parte dei casi, tradiscono il fatto di essere pensati da persone che non hanno le stesse esigenze dei lavoratori che vogliono attirare.

Quindi si dà il via all’utilizzo di spazi “ricreativi” sempre più ampi e luminosi, sale per lo yoga, per la meditazione, per il rilassamento, terrazze panoramiche e open space flessibili. Tutte idee che si scontrano contro un principio fondamentale: chi svolge un lavoro, quasi sempre lo fa perché ha bisogno di lavorare e, se ha voglia di passare del tempo con qualcuno su una terrazza, lo fa volentieri con gli amici che ha scelto, piuttosto che con i colleghi che gli sono capitati in sorte. Ci sono, ovviamente, delle eccezioni e quelle eccezioni finiscono nelle campagne di assunzione delle aziende, spacciate per regola.

Berlino sa quello che vuole. E non vuole altri uffici

E nonostante moltissime aziende abbiano imposto il ritorno al lavoro in presenza (ed è stato necessario “imporre”, perché le terrazze e gli open space non bastavano a “invogliare”), lo smottamento verso l’home office è rimasto notevole. Certo, non tutti i lavori si possono fare in remoto e non tutti i lavoratori desiderano o possono restare a casa, ma molti preferiscono di gran lunga questa opzione, magari perché permette loro di risparmiare sui tempi di trasporto e avere più tempo libero o semplicemente perché sono introversi e non sopportano le interazioni alla macchinetta del caffè. Quali che siano i motivi sociologici del cambiamento, è innegabile che tale cambiamento sia in atto e le sue conseguenze sono materiali, numeriche e calcolabili: gli uffici restano sfitti e bisogna fare qualcosa con quegli spazi.

Potrebbe essere questa la soluzione alla crisi abitativa di Berlino? Certamente no: si tratta infatti di un problema complesso, ma questo potrebbe essere un tassello interessante, destinato a cambiare il volto di almeno una parte degli investimenti in questo settore. Per dare un’idea delle dimensioni relative dei due fenomeni, basti pensare che il Senato di Berlino si è posto l’obiettivo di costruire 20.000 appartamenti all’anno: se anche si riuscisse davvero a ricavarne 2.500 riconvertendo spazi adibiti a uffici non più utilizzati, si tratterebbe di una percentuale relativamente piccola, ma non sarebbe comunque giusto ignorarla, se si considera che gli obiettivi per le nuove costruzioni, fino a questo momento, non sono stati raggiunti.


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Un altro dato che vale la pena di notare è quello relativo ai canoni di locazione, che non si comportano come sarebbe naturale pensare. Nonostante l’aumento della disponibilità di uffici vuoti, infatti, il canone di locazione primario continua a crescere, raggiungendo i 44 euro al metro quadrato. Questo dato suggerisce che la domanda di edifici ritenuti “di alta qualità”, soprattutto dal punto di vista dell’efficienza energetica, rimane alta sul mercato immobiliare berlinese, e che vi è un segmento di mercato disposto a pagare di più per spazi di lavoro di eccellenza e i cui costi in termini di consumi saranno ridotti in futuro, ammortizzando una spesa di affitto maggiore.

A.Savin (Wikimedia Commons · WikiPhotoSpace), CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Non è la soluzione della crisi immobiliare

Affinché la conversione di spazi per uffici in spazi residenziali sia redditizia, conclude il responsabile berlinese di JLL parlando al quotidiano locale, “spesso sono necessari programmi di sovvenzioni locali o l’approvazione di un uso più intensivo del terreno”. I principali argomenti a favore della conversione sono, inevitabilmente, “la redditività a lungo termine e la sostenibilità”. Questo significa che le aziende del settore edile devono lavorare a stretto contatto con le autorità locali per assicurarsi che i progetti di conversione siano sia fattibili che sostenibili dal punto di vista finanziario e sociale. Ancora una volta, quindi, è, almeno in parte, una questione di scelte politiche e amministrazione dei fondi locali. La soluzione ottimale sarebbe quella in cui gli interessi di chi costruisce gli spazi combaciano con quelli di chi dovrà utilizzarli. Fino a questo momento, Berlino sembra avviata con decisione nella direzione opposta ed è ancora presto per parlare di inversione di tendenza. Si può parlare invece di un fenomeno ridotto, ma i cui sviluppi meritano di essere seguiti.

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