La tragedia avvenuta a Cutro, nel Crotonese, ancora scuote chiunque possa definirsi umano. Mentre il mare continua a restituire i corpi dei migranti morti nel terribile naufragio, arrivati a 79, tra cui 33 minori e 24 bambini, ci si interroga su quanto si è fatto e quanto si poteva fare, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023. Parallelamente a considerazioni di carattere politico e istituzionale, la società civile non può distogliere lo sguardo da quelle bare allineate e mute, mostrate da foto e telegiornali e moltiplicate sui canali social. Le emozioni sono molte e non si placano.
In questo clima, abbiamo risentito Giuseppe Giambusso, scrittore nato in Sicilia ed emigrato nel Nord Reno-Westfalia, nonché co-fondatore della letteratura interculturale in Germania. Con lui abbiamo parlato spesso, sulle pagine del Mitte e anche in live, di poesia, parole e linguaggio, ma anche di bilinguismo, di identità culturale e migrazione, temi, insomma, che riguardano tutti noi italiani all’estero. Il nostro percorso però, per quanto a tratti duro e difficile, è stato sicuramente privilegiato. Non siamo morti, siamo stati accolti, siamo riusciti a trovare serenità e forse, a tratti, anche un po’ di felicità. Molti hanno invece perso l’unica cosa che avessero: la vita.
Una poesia sempre attuale: oggi in memoria delle vittime di Cutro
Una delle poesie di “Foto di ragazza senza gruppo”, la raccolta di Giambusso che abbiamo presentato quasi un anno fa, conteneva proprio una poesia sui migranti che muoiono nel Mediterraneo, splendido mare che però sa essere, a volte, terribile come il destino. “La tragedia immane di Cutro è tornata a buttare sale marino nelle mie ferite, sempre aperte da quando ho scritto quella poesia” ci ha detto recentemente Giambusso.
Abbiamo quindi deciso di riproporvela, per ricordare le vittime di Cutro e di tutti i naufragi. Il nostro pensiero va ai morti e tutta la nostra vicinanza ai vivi che li piangono.
Mediterraneu/Mediterraneo/Mittelmeer (poesia sperimentale in tre lingue e a due voci)
Questa poesia è stata scritta per essere recitata contemporaneamente da due persone.
Una legge i versi a sinistra della pagina, l’altra quelli a destra.
Chi ascolta può scegliere se farsi cullare dalle onde o immergersi nel Mediterraneo, il mare del poeta.
Essa nasce in tre lingue, per cui non può esserci la traduzione nella pagina a fronte.
Le tre lingue scorrono verso il basso, una dopo l’altra nei versi a sinistra, e si intrecciano invece in quelli a destra.
Sono le lingue dell’orizzonte, che la profuga e il suo bambino avrebbero parlato, un giorno, se lo avessero raggiunto.
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