Il Me Too della Linke produce i primi effetti: si dimette la co-leader del partito, Susanne Hennig-Wellsow

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Susanne Hennig-Wellsow. Photo credits: EPA-EFE/FILIP SINGER / POOL

Si è dimessa con effetto immediato Susanne Hennig-Wellsow, co-leader della Linke insieme a Janine Wissler. Hennig-Wellsow ha motivato la sua scelta in un comunicato pubblicato sul sito ufficiale del partito.

Tre sarebbero le ragioni, la prima di natura personale, la seconda di natura politica e la terza legata a brutti episodi di sessismo che hanno portato la Linke al centro dei riflettori.

Susanne Hennig-Wellsow si dimette dalla Linke: ennesima batosta per il partito

Le dimissioni della co-leader arrivano forse nel momento peggiore per la Linke. Incapace di superare la soglia di sbarramento del 5% alle elezioni di settembre, si è garantita la rappresentanza al Bundestag solo grazie a tre mandati diretti, mentre a fine marzo il partito è stato cacciato dopo 13 anni dal parlamento regionale del Saarland, antico feudo del partito, debacle immediatamente successiva all’abbandono del leader Oskar Lafontaine.

Nel suo comunicato, Hennig-Wellsow prende atto della sconfitta elettorale e accusa il partito di non aver potuto mantenere la promessa di essere parte di un cambiamento politico progressista. Aggiunge quindi che tutto questo sarebbe avvenuto “a causa della nostra debolezza” e di aver “consegnato troppo poco di ciò che abbiamo promesso”.


Oskar Lafontaine

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Accuse di scarso pragmatismo: “La gente non può aspettare noi”

L’ormai ex co-leader di die Linke, che rappresentava l’ala pragmatica e moderata del partito, ha fatto riferimento ai troppi problemi concreti non risolti, quelli delle madri single che non hanno soldi, delle famiglie impossibilitate a pagare le bollette del riscaldamento, e dei pensionati costretti a raccogliere bottiglie per guadagnare qualcosa.

“Non voglio più aspettare il cambiamento, perché questa gente non può più aspettare e non può aspettare neanche noi” ha commentato. Una dichiarazione che riecheggia le dichiarazioni rese al momento della sua elezione a co-leader, quando Hennig-Wellsow aveva detto: “Siamo stati un partito di protesta per molti anni, ma la gente non ha tempo di aspettarci, vive nel qui e ora”.

Le tre ragioni delle dimissioni di Hennig-Wellsow

Riconoscendo di aver comunque commesso anche degli errori personali, e facendo in questo senso autocritica, Hennig-Wellsow sostiene di dimettersi per tre motivi.

Janine Wissler, co-leader della Linke insieme a Susanne Hennig-Wellsow e ora leader unica del partito. Photo credits: EPA-EFE/CLEMENS BILAN / POOL

Il primo è la vita privata. Ha dichiarato infatti di avere un figlio di otto anni che ha bisogno di lei e il diritto di passare del tempo con sua madre. Così come, d’altro canto, la Linke ha bisogno di un leader capace di essere presente al 100%.

Il secondo motivo è che il partito sta attraversando uno dei periodi più difficili della storia e viene da mesi difficilissimi. Ha dunque bisogno di rinnovamento e quindi anche di volti nuovi, per essere credibile.

La terza ragione si riferisce a episodi più inquietanti. Hennig-Wellsow ha infatti parlato di una gestione del sessismo negli stessi ranghi della Linke che “ha messo in luce dei deficit evidenti nel nostro partito”. Si è scusata con le persone colpite e ha dichiarato di sostenere tutti gli sforzi che ora si rendono necessari per rendere la linke “un partito in cui il sessismo non ha posto”.

Il brutto caso dei presunti abusi nel partito

Il background di questa generica affermazione è un’inchiesta dello Spiegel che il Venerdì Santo ha denunciato casi di presunti abusi di potere e “machismo tossico” legati alla Linke, soprattutto in Assia. Secondo Jakob Hammes, portavoce nazionale di Solid, l’organizzazione giovanile del partito, ci sarebbero tuttavia circa 60 casi, distribuiti sull’intero territorio nazionale, in diversi Länder. Sarebbe inoltre coinvolto anche un ex partner di Janine Wissler, co-leader del partito insieme a Hennig-Wellsow.

Le dimissioni di quest’ultima sono arrivate proprio nel giorno in cui l’esecutivo federale voleva discutere delle accuse in questione. La mossa di Hennig-Wellsow ha quindi un impatto tremendo sugli equilibri interni e continua ad aggravare la crisi della Linke. Resta intanto al timone Janine Wissler, che eredita una situazione sicuramente non facile e piena di complesse implicazioni strategiche e personali.

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