Belle di Faccia e la grassofobia: “Basta rassicurare lo status quo, vogliamo ciccione ribelli!”
Belle di faccia è un progetto femminista fondato da Chiara Meloni e Mara Mibelli. Nasce nel 2018 su Instagram e diventa in seguito un’associazione che combatte la grassofobia, muovendosi sul terreno della fat acceptance e della fat liberation.
Presto ne parlano i principali giornali italiani e contemporaneamente Meloni e Mibelli diventano il centro della discussione nazionale sul tema.
Nel 2021 esce per Mondadori il loro libro “Belle di Faccia. Tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico“.
Le abbiamo intervistate e abbiamo parlato del loro messaggio e della loro visione del mondo.
(di Lucia Conti)
Belle di faccia, perché?
Mara: Chiara e io abbiamo sempre parlato di come vivevamo la body positivity in Italia, così come recepita, a livello mainstream, nella sua versione più edulcorata. Alla fine abbiamo deciso di fondare il progetto su Instagram utilizzando la micro-aggressione più comune che ogni donna grassa si sente rivolgere, ovvero “Che bel viso!” Oppure “Sei bella di viso” o “di faccia”, se vogliamo usare una versione più vernacolare.
Questo è diventato il nostro nome di battaglia, è stato un modo di riappropriarci di quel disagio che gli altri hanno verso i nostri corpi, perché spostare l’attenzione sul nostro viso significa negare attenzione al nostro corpo o specificare che la bellezza si ferma, appunto, al viso.
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Come avete raggiunto questa consapevolezza? Come è nato e si è sviluppato il vostro attivismo?
Chiara: È stato un percorso, perché come la maggior parte delle persone neanche noi accettavamo il nostro corpo. Già normalmente è così, succede quasi a tutti, figurati se vivi in una società che rigetta in particolare i corpi come il tuo, proponendoti continuamente “soluzioni”. Il tuo corpo è un problema che va risolto e te lo dicono i familiari, gli amici, le pubblicità, i giornali, i film. Ed è naturale interiorizzare questo rifiuto e crescere pensando che il tuo corpo sia un problema.
Poi c’è stato il nostro incontro con la body positivity e la fat acceptance, che però non è stato immediato. Perché all’inizio, quando sei esposto a quel tipo di contenuti, la reazione normale è il rigetto o magari proietti l’ispirazione verso altri, dicendo ad esempio “Guarda com’è bella quella donna grassa che si accetta! È meravigliosa e ha proprio ragione, non ha niente che non vada”. Ma ovviamente tu no. Tu non vai bene comunque. Pian piano però la tua forma mentis cambia e alla fine siamo andate oltre, passando dalla body positivity più “mainstream” allo studio dei fat studies e a cose più politiche.
La fatphobia non esiste pic.twitter.com/0dDSeeFAbe
— sof (@SofiaShoe) April 19, 2020
Mara: Secondo me è arrivato il momento di andare oltre. Chi stava cavalcando il movimento in Italia lo faceva al grido di “Amati come sei con le tue imperfezioni, ma attenzione alla salute!” e questo argomento ci faceva veramente imbestialire.
Sento anche dire che le persone grasse pesano sul sistema socio-sanitario e la cosa mi fa sempre tanto ridere, perché mi chiedo se chi usa questo argomento se ne vada in giro negli ospedali a chiedere: “Lei ha un tumore? Ma è genetico? Siamo sicuri che sia genetico e non dipenda magari dalle sue abitudini?”. Non si rendono conto della pericolosità di discorsi del genere. La salute è un diritto e non un dovere e queste persone non ci pensano.
E del resto non interessa niente a nessuno della salute delle persone grasse, è solo una scusa per mascherare il rifiuto dei nostri corpi. Ho sentito anche parlare di quante tasse si paghino per coprire le operazioni cardio-chirurgiche delle persone grasse… ma se la prendessero per la flat tax e ci lasciassero stare!
Chiara: Alla fine è solo un pretesto. In realtà questa presunta “preoccupazione per la nostra salute” finisce con l’estetica, perché una persona potrebbe mangiare malissimo e fare una vita sregolata a base di droghe, alcol e fritti ma rientrare nei canoni di bellezza e a quel punto della sua salute non ci importerebbe nulla. È soltanto una scusa apparentemente nobile per continuare a bullizzare le persone che non ci vanno bene fisicamente.
Vi vengono in mente altre forme di ipocrisia “benevola”, con cui si veicola un messaggio grassofobico?
Mara: Io dico il pietismo, ovvero argomenti come: “Poveri obesi, non li dovete trattare male perché poi la violenza psicologica li spinge a ingrassare ancora di più, per cui se le persone sono grasse è anche colpa vostra!”. Insomma, il messaggio che questo approccio sottende è: “Se li trattate bene, si degneranno di dimagrire”.
E quali sono i luoghi comuni peggiori sulle persone grasse?
Chiara: sicuramente che tu non abbia mai visto in vita tua una foglia di insalata, per cui ti devono spiegare che nel mondo esistono le verdure, o che tu non abbia mai fatto sport o camminato e passi la vita sul divano a ingozzarti di patatine. E poi il fatto di associare le persone grasse alla mancanza di forza di volontà e alla pigrizia. Ma anche la convinzione che una persona grassa non possa essere contenta così com’è. L’idea è che una persona grassa si odi, anche se non la conosci. Tu sai che si odia, e se ti dice di non odiarsi sta mentendo a se stessa. L’idea è questa.
Voi parlate spesso di grassofobia, vogliamo spiegare meglio termine e concetto?
Mara: qui in Italia ci accusano di esserci inventate il termine grassofobia, mentre in Francia è stata fatta una petizione per far entrare il termine nel vocabolario. Non è merito nostro, purtroppo! La grassofobia è l’atteggiamento di una società ostile, alimentato non solo dal terrore di diventare grassi, ma anche dal disprezzo e dalla repulsione verso le persone che sono già grasse, con tutti i pregiudizi che abbiamo visto. Non è solo fat shaming o body shaming, magari fosse semplicemente questo!
È anche un rifiuto istituzionalizzato e istituzionale, perché la società italiana non è progettata per accogliere corpi che vadano oltre un certo standard, che è ovviamente normo-ponderale.
Quindi parliamo di mezzi pubblici, dal tram all’autobus, delle sedute negli ambulatori o negli ospedali, della scuola… i banchi con le ruote durante il Covid sono stati la cosa più grassofobica del mondo. Penso anche ai tipici banchetti che si chiudono che troviamo nelle università. Ma la cosa riguarda anche gli arerei, i tornelli nelle banche e al supermercato, le sedute dei ristoranti e al cinema. La società non manca in ogni momento della tua vita di ricordarti che il tuo corpo non va bene. Ci piacerebbe che fosse solo un problema di commenti non richiesti, ma purtroppo è molto peggio di così.
Mi ha molto colpito la ferocia con cui siete state attaccate per il vostro messaggio e per il vostro attivismo. Quale può essere secondo voi la ragione di un tale accanimento?
Chiara: Intanto mi sento di dire che c’entra anche il fatto che siamo donne. Qualunque donna esprima la sua opinione online riceve un odio non paragonabile a quello che ricevono gli uomini e anche la qualità degli insulti è commisurata al sessismo. Per quanto riguarda le ragioni di questa ostilità, ci sono vari fattori.
E poi quando una persona fa parte di un gruppo privilegiato ed è abituata a essere “al top della società”, perché ad esempio maschio, etero, cis e non disabile, tende a essere fortemente infastidito quando i gruppi rispetto ai quali si è sempre sentito superiore fanno sentire la loro voce. Se parliamo specificamente del corpo grasso, posso dirti che nella nostra società chiunque ha problemi con la propria immagine, anche se ha un corpo conforme. Quindi vedere qualcuno che si accetta nonostante il suo corpo non rientri negli standard, probabilmente è frustrante. Come se i sacrifici fatti da alcuni per rientrare nello standard fossero “offesi” da chi “si permette” di piacersi senza fare nulla per cambiare.
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Recentemente ricorrono come un mantra espressioni come “La dittatura del politicamente corretto”, oppure “Ormai la satira è imbavagliata”, oppure “Stiamo arrivando al punto di doverci sentire in colpa se siamo maschi, etero, cis, etc.”. Cosa ne pensate?
Mara: A noi dispiace tanto che ci siano così tanti “fiocchi di neve” là fuori, sinceramente. Fondamentalmente io capisco cosa li spaventa, gli stereotipi sono rassicuranti, è il mondo che hanno sempre conosciuto. Invece la novità li mette di fronte innanzitutto ai loro privilegi e se c’è qualcosa che fa imbestialire la gente privilegiata, e mi ci metto anche io in quanto donna bianca, mid-fat, abile etc., è riconoscere questo privilegio. Perché sembra che questo neghi le sofferenze di una vita da maschio bianco etero basic.
Ci tengono a farti sapere che, nonostante tutto, non è vero che sono privilegiati e sostanzialmente non si capisce perché vogliano partecipare a questa competizione su chi è più svantaggiato.
Per quanto riguarda la presunta “satira imbavagliata”, il punto è che se hai bisogno di usare come punchline le persone trans, grasse, disabili, nere o comunque di usare stereotipi triti e ritriti o personaggi-macchietta senza profondità, il problema non è della lobby del politically correct, ma tuo, perché evidentemente non sei capace di far ridere senza tenere nel mirino categorie discriminate.
E questo è stato fatto sempre: ai tempi dei minstrels show in America (sketch comici risalenti al periodo successivo alla guerra civile americana, in cui gli afroamericani venivano interpretati da attori bianchi con la faccia dipinta di nero e rappresentati in maniera denigratoria, ndr), negli anni 80, negli anni 90… la differenza è che adesso le persone discriminate fanno sentire la loro voce e gli altri le preferirebbero zitte.
Chiara: Questo ci porta anche alla questione dell’inclusività. Mi fa sempre ridere quando gli appassionati di cinema dicono: “Oggi nelle sceneggiature devi per forza inserire una persona grassa, disabile, nera o una lesbica…”. La questione è che queste persone esistono nella vita! Non è più possibile fare una serie come “Friends”, ambientata a New York, in cui per nove stagione erano tutti bianchi.
Forse si equivoca il termine privilegio, che in realtà non è una colpa ma una condizione. Forse spiegarlo può essere un’idea, anche in rapporto al vostro discorso?
Mara: No! Ci abbiamo provato, basta.
Chiara: è difficile accettare il privilegio, rispetto al tema specifico della grassofobia. Se io dico ad esempio che sono privilegiata perché bianca, è abbastanza facile capire di cosa stiamo parlando, a meno che io non abbia di fronte una persona che nega l’esistenza del razzismo. Ma siccome essere grassi è considerato una colpa e una cosa che si può controllare, i magri non si sentono privilegiati ma meritevoli, perché si sono impegnati, perché non mangiano come ritengono mangino i grassi, e cioè come i procioni dai cassonetti. Quando dici loro che sono privilegiati, la prendono malissimo.
Parliamo dei grassi al cinema e nella cultura
Mara: La rappresentazione delle persone grasse è povera, e quando c’è è penosa. Diciamo che ci sono tre narrazioni maggiori: c’è quella pietistica, che ha anche a che fare anche con i reality sulla perdita di peso e sulla necessità di aiutare i poveri obesi, poi c’è la macchietta, un personaggio il cui arco narrativo si sviluppa attorno al suo essere grasso. Queste macchiette non hanno mai una relazione romantica, normalmente un personaggio standard è quello dell’amica cicciona, che fa tanto ridere e che nessuno si fila.
E e poi c’è il villain, il cattivo, che è pigro, avido e occasionalmente cerca di soggiogare la povera principessa, come nel caso del governatore Ratcliffe in Pocahontas. In questo caso, da un lato c’è il bellissimo e muscoloso capitano John Smith e poi c’è appunto Ratcliff, che è grasso, pigro e ha un carlino che è stronzo come lui.
Bingeing #Shrill again before S3 in May. Going to miss this show! 😢@hulu pic.twitter.com/m8zevnMHsj
— Christina Williams 🎭 (@fiveninegal) February 17, 2021
Chiara: ci sono pochissimi prodotti che ci hanno fatto sentire rappresentate, ma sono guarda caso molto recenti, pochissimi e di solito scritti da donne grasse.
Mara: ma soprattutto non italiani!
Chiara: Di interessante c’è “Dietland“, “Shrill“… ma come ti dicevo sono veramente pochi. Noi vogliamo vedere più persone grasse protagoniste di ogni tipo di storia, non sorbirci solo storie che parlano della solita povera ragazza grassa che non si piace… basta.
Le scrittrici Sarai Walker e Costanza Rizzacasa d’Orsogna dialogano sul tema della forma fisica: rivendicano per sé stesse l’aggettivo “fat” per spogliarlo di tossicità; e dicono che la discriminazione verso gli obesi è una “questione politica” https://t.co/mafkogIPHC
— Corriere della Sera (@Corriere) July 24, 2020
C’è qualcosa che vorreste aggiungere?
Chiara: Se questi argomenti vi danno fastidio di primo acchito, approfondite con una mentalità aperta, senza partire già con i pregiudizi.
Mara: Se pensate che questa battaglia si leghi a una questione di autostima e l’obiettivo sia tornare ad amarsi, vi sbagliate. Questa potrebbe essere una piacevole conseguenza, ma la ragione per cui abbiamo scritto questo libro è per far imbestialire le persone grasse, affinché prendano coscienza. Non è una ricetta per la felicità o per amarsi in toto quando ci si guarda allo specchio perché neanche noi, come attiviste, ci riusciamo sempre. Non si tratta di essere incoerenti, semplicemente ora siamo meno ossessionate dalla nostra immagine. E grazie a quello che sappiamo, quando ci capitano quei giorni in cui non siamo entusiaste del nostro corpo ci ricordiamo le ragioni per cui non lo siamo, che sono sostanzialmente dei condizionamenti esterni. E riusciamo a non dare troppo peso a quei momenti.
Insomma, il nostro non è un manuale di self-help per diventare “la buona cicciona che si vuole bene”, noi vogliamo ciccione riottose. Basta rassicurare lo status quo, non ci ha mai dato niente, abbiamo passato anni a essere autoironiche e a prenderci gioco di noi stesse e in cambio non abbiamo ricevuto rispetto, ma al contrario, con le battute che noi stesse facevamo su di noi, legittimavamo anche gli altri e lasciavamo la porta aperta a commenti negativi.
Chara: Quello di prendersi in giro da sole è un meccanismo di difesa che alcune persone attuano sperando che gli altri siano clementi. Io mi prendo in giro così almeno sapete che so già che sono grassa e che non vado bene, ma sono simpatica, per cui accettatemi, ok? Io non voglio più dare una mano a questa gente, si devono sentire a disagio nei miei confronti.
Per saperne di più:
Belle di Faccia, Instagram
Belle di Faccia, Il libro
mangiare sano e fare ginnastica sono libere scelte e fanno bene a chiunque non solo a chi è sovrappeso, fanno bene anche alle persone normopeso
non ci sono standard imposti o modelli irrangiungibili, va accettato che ci sono corpi fisicamente più belli e/o più sani di altri ma non occorre trovare qualcuno bello fisicamente per rispettarlo nè occorre essere sani per essere rispettati. un corpo obeso è meno bello fisicamente di uno formoso armonico o normopeso, un corpo scheletrico è meno bello fisicamente di uno snello sano o normopeso e non solo ma anche questione di lotteria genetica avere corpi più belli fisicamente di altri e vale allo stesso modo per uomini e donne . va accettato anche tralasciando la questione salute che pure esiste. e dire queste cose non è grassofobico, accusare i film di essere grassofobici è sbagliato. poi certo la pigrizia non ha taglia e ognuno deve vestirsi come vuole. pocahontas e altri film non sono grassofobici. bullismo e offese vanno combattuti