“Bleach: Aurora Hunters”: il 5 dicembre la Compagnia Matanicola porta in scena i ragazzi del Teatro Thikwa

Titel: Tanzabend 2 - Ueberbelichtet Teil 2 Bleach. Choreografie: Nicolas Mascia und Matan Zamir / matanicola. Buehne: Isolde Wittke. Kostueme: Pablo Alarcon. Licht: Arnaud Poumarat. Ort: Studio von Theater Thikwa. Urauffuehrung: 7. Oktober 2015. No model release. Copyright: david baltzer/bildbuehne.de. Taenzer: Hilarius Urban, Matan Zamir, Lia Massetti, Anne-Sophie Mosch und Felix Bruenig u.a..

Il 5 dicembre, presso il Teatro Thikwa, la Compagnia Matanicola porterà in scena lo spettacolo “Bleach: Aurora Hunters“. Lo spettacolo avrà inoltre delle repliche durante tutto il mese di dicembre (da giovedì 6 a sabato 8, da mercoledì 12 a sabato 15 e da mercoledì 19 a sabato 22, sempre alle 20.00).

Il Teatro Thikwa (Thikwa viene dall’ebraico e significa Speranza), nasce come teatro indipendente a Berlino nel 1990. Fondato come progetto pilota dal 1995 al 1997 e finanziato dal Ministero federale della sanità, è diventato nel tempo un laboratorio di teatro e di arte gestito in collaborazione con la Nordberliner Werkgemeinschaft gGmbH (NBW).
Tutte le produzioni sono co-prodotte da attori con e senza disabilità e hanno in comune la ricerca di un’estetica che esprima sia la particolare diversità dei partecipanti, sia le loro somiglianze. Il tutto nelle aree artistiche di dramma, performance, musica, lingua e danza.

Descrizione dello spettacolo

Illuminando lo spazio con un bagliore vibrante, una tribù di sette cacciatori di aurore vive in un universo sbiancato e sovraesposto. Condannati a svanire, praticano un fragile equilibrio per riunirsi con le forze della natura.
Spostando la figura, i loro corpi iridescenti vogliono guidare gli spettatori attraverso uno spettro carico di sogni lucenti: un viaggio trasformativo, che modifica la comune percezione spaziale e fisica.
Un tuffo nella profondità del bianco, alla ricerca dell’arcobaleno.

Amelia Massetti, presidente di Artemisia e.V., ha intervistato Nicola Mascia e Matan Zamir, registi, danzatori e coreografi dello spettacolo.

Teatro Thikwa
Titel: Tanzabend 2 – Ueberbelichtet Teil 2 Bleach. Choreografie: Nicolas Mascia und Matan Zamir / matanicola. Buehne: Isolde Wittke. Kostueme: Pablo Alarcon. Licht: Arnaud Poumarat. Ort: Studio von Theater Thikwa. Urauffuehrung: 7. Oktober 2015. No model release. Copyright: david baltzer/bildbuehne.de. Taenzer: Hilarius Urban, Matan Zamir, Lia Massetti, Anne-Sophie Mosch und Felix Bruenig u.a..

Potete raccontare brevemente la vostra storia?

Nicola: Sono di Torino e vivo a Berlino da 22 anni e dal 2005, insieme a Matan Zamir, danzatore e coreografo israeliano, abbiamo fondato la compagnia Matanicola. Collaboriamo dal 2015.
Ho studiato danza classica in Italia e negli Stati Uniti, da quando ero bambino fino ai 15 anni, circa. In seguito ho iniziato a studiare danza contemporanea. Mi sono trasferito a Berlino nel 1996 e ho iniziato a lavorare con la compagnia di Sasha Waltz & Guests, con cui collaboro tutt’ora, e con vari altri coreografi internazionali.

Matan: sono nato e ho studiato in Israele, dove mi sono formato lavorando nella Compagnia di Batsheva. Vivo a Berlino dal 2001 e lavoravo con Sasha Waltz, dove ho conosciuto Nicola e abbiamo deciso di lavorare con coreografie personali.

Da quanti anni lavorate in collaborazione con il teatro Thikwa?

Nicola: Abbiamo iniziato nel 2015 perché Nicole Hummel e Gerd Hartmann sono venuti a vedere una nostra produzione al Ballhaus dal titolo “Bodys Language” e ci hanno chiesto di fare una piccola produzione con i danzatori del Thikwa all’interno di “Tanzabend 2”.
La prima produzione che abbiamo realizzato con loro si chiamava “Bleach” e coinvolgeva quattro danzatori-performer del teatro Thikwa e Matan.
Questa esperienza ci ha fatto capire che amavamo lavorare insieme ai performer del teatro Thikwa e quindi abbiamo pensato di proporre una produzione con uno spettacolo unico, con differenti regie e artisti. Adesso, dopo due anni, stiamo realizzando il nostro prossimo spettacolo, un’espansione di “Bleach”.

@David Baltzerl

Cosa vi ha spinto a lavorare con persone diversamente abili?

Nicola: Con Matan, dall’inizio della fondazione Matanicola, il nostro desiderio era quello di lavorare in un contesto di inclusione che comprendesse le diversità e durante il percorso, quasi per caso, abbiamo incontrato persone diversamente abili che ci hanno chiesto di dare vita a nuovi progetti insieme a loro.
Abbiamo quindi cominciato a interagire con persone udenti e non udenti e in generale con realtà differenti, che ritenevamo importanti sia sul piano della crescita personale che come esperienza artistica e sociale.

Matan: Ho lavorato con artisti dallo spettro autistico in Israele e ho una sorella che ha una disabilità neuro-cognitiva. Con lei ho una relazione molto stretta e quindi è stato naturale, per me, interessarmi a queste tematiche. Ho un interesse particolare relativo al tema dell’inclusione nel mondo.

Cosa rappresenta questo spettacolo?

Nicola: È un po’ difficile definirlo, perché noi tendiamo a non ricercare o descrivere necessariamente il significato del nostro lavoro.
In “Bleach: Aurora Hunters” abbiamo deciso di partire come da una tela bianca, di non avere troppe idee, all’inizio, ma di procedere dall’idea del bianco e del nulla e cercare nel nulla quello che i performers sono come essere umani.
Il fine è quello di entrare in questa sfera di bianco e tirarne fuori colori o nuance differenti, che possano parlare dei singoli performer ma anche, più in generale, dell’umanità. Insomma, dipingiamo un paesaggio emozionale cercando di lavorare molto sull’astrazione, per poi cercare immagini precise che possano evocare un sentimento, un’emozione particolare.

Quanto tempo ci vuole per lavorare sulle scene con i performer del teatro Thikwa?

Nicola: Difficile dirlo, ma con loro avremo quattro settimane di prove. Questo per loro è un tempo abbastanza lungo da sostenere, per noi invece, professionalmente, è piuttosto corto, perché noi lavoriamo in una produzione per circa due o tre mesi, in genere.
Per noi quindi questa è una sfida tesa a cercare di ridurre i tempi di produzione, per essere più precisi e semplici, anche a livello espressivo. Nella creazione artistica cerchiamo di essere chiari e giocosi e sperimentiamo per cercare di selezionare le figure in un tempo abbastanza ristretto, cosa che diventa per noi uno stimolo per rendere più decifrabile il risultato.

Titel: Tanzabend 2 – Ueberbelichtet Teil 2 Bleach. Choreografie: Nicolas Mascia und Matan Zamir / matanicola. Buehne: Isolde Wittke. Kostueme: Pablo Alarcon. Licht: Arnaud Poumarat. Ort: Studio von Theater Thikwa. Urauffuehrung: 7. Oktober 2015. No model release. Copyright: david baltzer/bildbuehne.de. Taenzer: Hilarius Urban, Felix Bruenig, Anne-Sophie Mosch, Matan Zamir und Lia Massetti u.a..

Con i performer del Thikwa riuscite a farlo anche perché sono già dei danzatori professionisti?

Nicola: Ovviamente con loro la situazione è molto specifica, perché sono abituati al lavoro sul corpo e a fare spettacoli, ma è come se lavorassimo con dei comuni danzatori. Naturalmente ci sono giornate più redditizie e altre no. Come coreografi e registi è interessante cercare di accettare questa dinamica e di lavorare e trarre il meglio da ogni fase del lavoro. Questa è la nostra sfida, perché ci arricchisce nel modo di pensare, di lavorare, perché quello che si fa non è giusto o sbagliato. Nel momento in cui accetti che possa succedere anche qualcosa di inaspettato, infatti, può nascere una nuova idea, talvolta anche più interessante.

Matan: Ci spingono ad essere molto nel momento, non possiamo spingere o accelerare i processi che sono in loro, e i ragazzi ci aiutano a rispettare i loro tempi e ci fanno riflettere sui nostri. Questo equilibrio si trasferisce nella performance e noi lo dobbiamo accettare, in generale e nella giornata specifica. Ma nel momento che questo avviene, esplode qualcosa che non emergerebbe, altrimenti.

C’è una continuità con lo spettacolo “Bleach”?

Nicola: È quasi una morte e una rinascita, Matan disegna la sua sagoma e in questa versione probabilmente la sagoma si animerà con la luce ed è come se tutto questo rappresentasse una morte e una rinascita in un’altra dimensione.

Questa dimensione si trasforma in una danza o vuole rappresentare la rinascita attraverso l’amore?

Nicola: La danza nasce da un’idea dell’abbraccio per enfatizzare il contatto fisico dell’amore per gli altri, il prendersi cura del prossimo. Volevamo dare un tono di gioia a quella che può essere un’immagine di resilienza.

Matan: Lavoriamo in vari momenti di trasformazione e conduciamo i performer in modo che questo avvenga serenamente, per esplorare un paesaggio emozionale.

Cosa vi rimane, dopo circa due mesi tra preparazione e messa in scena, della relazione con i ragazzi che avete scelto per lo spettacolo?

Matan: Il cuore si espande, si apre, impariamo attraverso di loro ad essere nel momento e accettarlo, senza controllare l’immagine che si viene a creare e senza cercare di esplorare quello che non c’è.

Ci sono dei momenti in cui avete incontrato delle particolari difficoltà con i ragazzi?

Nicola: Ci sono sempre delle sfide, che del resto si vivono con chiunque, ma nel momento in cui si accetta che esistano, allora tutto questo diventa parte del gioco a cui stiamo giocando insieme. Di conseguenza, se un giorno una persona non ha voglia di collaborare e vuole restare seduta a guardare, si aspettano i suoi tempi e il momento in cui avrà voglia di rientrare nel gioco. Altrimenti, se forziamo, l’intero processo diventa un obbligo senza significato.

Matan: Ci sono diverse strade per costruire il lavoro. Per esempio, quando Lia dice “non voglio”, cerco di capire dov’è il problema, di comprendere le ragioni per cui non vuole collaborare e di convincerla ad entrare nel gioco attraverso un altro percorso. È una sfida.

In ambito “artistico” avete trovato una maggiore sensibilità verso il tema delle diverse abilità oppure avete incontrato, anche in questo campo, discriminazioni o disinformazione?

Nicola: Io penso che il pubblico che viene a vedere i nostri spettacoli sia più aperto, senza pregiudizi. Al contrario nei circuiti dei festival, spesso, ci sono dei pregiudizi da parte degli organizzatori e invece della pratica dell’inclusione, a volte esiste più esclusione.
Nell’ambito del nostro lavoro Matan non è tanto una guida, ma un aiuto dentro il gruppo.

Matan: Loro sono più liberi. In questa costellazione sono io il diverso, loro sono più presenti nel momento, non si disperdono. Cerco di avere quasi un rapporto simbiotico con loro, la comunità con cui lavoro, la mia idea è cercare di creare una situazione in cui non si sentano le differenze.

Ricordate qualche episodio divertente, o commovente, o un particolare legato alla vostra esperienza con i ragazzi con cui lavorate?

Nicola: Ridiamo sempre con loro. Qualche volta è difficile, se loro sono nel mood giusto, ma anche se ci sono dei momenti di tensione non esiste niente di vietato.

Matan: Io sono molto contento di poter lavorare ancora con i ragazzi del Thikwa. La relazione diventa molto interessante ed è meraviglioso fare 12 repliche. Anche il lavoro ha una grande possibilità di svilupparsi, in questa direzione.