Elezioni in Germania: CDU primo partito, ma coalizione a rischio – Articolo in aggiornamento

Aggiornamento: risultati del voto per le elezioni in Germania – 24.2.25
L’aggiornamento dei risultati dello spoglio, così come si presentava alle 5 del mattino di lunedì, è il seguente: la CDU è in testa con il 28,6%, seguita da AfD con il 20,8%. Al terzo posto l’SPD con il 16,4%, al quarto i Verdi con l’11,6%, poi Die Linke con l’8,8%.
Fuori dal parlamento tutti gli altri: il BSW con il 4,97% (per soli 14.000 voti, il partito non ha superato la soglia di sbarramento), l’FDP con il 4,3% e tutti i partiti minori, complessivamente hanno totalizzato il 4,6% dei voti. In termini di seggi, questo vuol dire 208 per l’unione, 152 per AfD, 120 per l’SPD, 64 per Die Linke e uno non assegnato a nessuno dei partiti principali. Una cosiddetta “Grande Coalizione” fra CDU ed SPD è possibile: darebbe luogo a una maggioranza, seppur risicata, con 328 seggi. La cosiddetta “Coalizione Kenya” che includerebbe anche i Verdi, arriverebbe a 413 seggi. La coalizione nero-blu, ovvero fra CDU e AfD, che Merz ha giurato di escludere, porterebbe a 360 seggi.
Il significato delle elezioni in Germania: un futuro difficile
Le elezioni in Germania hanno attirato l’attenzione non solo dell’Europa, ma del mondo. Il risultato viene atteso come una specie di oracolo, nel quale si andranno a cercare risposte a domande più ampie: l’avanzata delle destre estreme verrà arrestata o continuerà? Le politiche orientate al welfare sono destinate a essere sostituite da un liberismo che elimina gli ammortizzatori sociali? Il fronte conservatore europeo diventerà più centrista o si sposterà ancora più a destra? Per quanto tutti questi quesiti siano importanti, il prossimo governo – che, possiamo dirlo con certezza, sarà guidato dalla CDU di Friedrich Merz – deve preoccuparsi prima di tutto di restare in piedi e di far uscire il Paese dalla peggiore recessione della sua storia post-bellica.
Affluenza record: 84% alle urne
Al momento della scrittura e pubblicazione di questo articolo, i risultati non sono definitivi, ma le previsioni sono tutte piuttosto simili. Tutti i sondaggi danno la CDU fra il 28,6% e il 30%, AfD secondo partito, fra il 19% e il 20,5%, l’SPD terzo partito, fra il 16% e il 16,5%, i Verdi poco sopra il 12%, Die Linke fra l’8,7 % e il 9%. Serata col fiato corto per BSW ed FDP, che ondeggiano appena sopra o appena sotto la soglia di sbarramento e che, fino al conteggio dell’ultima scheda, non sapranno se riusciranno a entrare in parlamento. Una cosa è certa: l’affluenza alle urne è all’84%, la più alta dal 1990.
Elezioni in Germania: risultati e impressioni a caldo
Il trionfo della CDU: “parleremo con il centro democratico”
L’atmosfera alla Konrad Adenauer Haus, dove i cristiano-democratici osservano lo spoglio festeggiando, è euforica. Friedrich Merz, nel suo discorso, raccoglie gli allori e promette che “da domani ci sarà da lavorare”, anche perché il suo progetto prevede di presentare un nuovo governo al più tardi entro Pasqua. Questo vuol dire che, come sempre, il partito più votato avvierà i colloqui esplorativi per la formazione di una coalizione entro otto giorni.
Ovviamente, il desiderio di Merz sarebbe quello di non dover essere costretto a formare una coalizione a tre, ma, al momento questa opzione potrebbe essergli preclusa. Anche perché si è sempre detto disponibile a parlare “con tutti i partiti del centro democratico in parlamento”, il che è considerato un modo elegante per dire che non intende parlare con AfD e nemmeno con Die Linke. Dopo i recenti sviluppi e le ultime dichiarazioni, tuttavia, tanto gli altri partiti quanto l’opinione pubblica dubitano della solidità di questa sua risoluzione (riguardo ad AfD, ovviamente: Die Linke non sarebbe comunque un’opzione e non c’è bisogno di nessun “Brandmauer” per renderlo ovvio). Di una cosa, però, è certo il della CSU Markus Söder: quale che sia la coalizione che porterà la CDU/CSU al governo, non avrà bisogno dei Verdi, i quali “Dovrebbero andare all’opposizione”. Söder sembra puntare su un’alleanza con l’FDP, ma naturalmente bisognerà prima vedere se i liberali riusciranno a tornare al Bundestag.
AfD vuole governare: “lo vuole il popolo”
Anche in casa AfD si festeggia: il risultato è indubbiamente ciò che Alice Weidel e soci si aspettavano e i consensi del partito sono quasi raddoppiati rispetto al 2021. La candidata cancelliera non ha perso tempo ed è passata subito all’attacco, dichiarando a ZDF che “I cittadini vogliono una coalizione blu-nera”, ma dicendosi anche consapevole che difficilmente Merz accetterà il suo invito. Sempre dai microfoni di ZDF ha però ricordato al leader cristiano-democratico e futuro cancelliere che, in una coalizione con l’SPD e/o con i Verdi, non riuscirebbe a realizzare nessuna delle sue promesse elettorale. AfD è pronta, a concluso, a “mettere in atto politiche sensate per il nostro Paese con la mano tesa”. In tedesco, questa frase non si presta agli stessi livelli di satira che vengono praticamente spontanei in italiano.

L’invito di Weidel si è concluso con una velata minaccia: se si continua così, con un sistema che rinnova le scelte politiche della coalizione uscente, AfD diventerà il primo partito entro i prossimi anni.
Peraltro, il leader parlamentare di AfD Bernd Baumann si è detto disposto a una cooperazione con la CDU/CSU anche senza una partecipazione alla coalizione di governo.
Il crollo dell’SPD. Scholz: “me ne prendo la responsabilità”
“Mi prendo la responsabilità di questo risultato”, ha dichiarato un Olaf Scholz decisamente abbattuto dal palco della Willy Brandt Haus, sede del partito Socialdemocratico, definendo “amaro” l’esito del voto. Il cancelliere uscente, che ha dichiarato di voler svolgere il suo incarico “fino all’ultimo giorno”, si è congratulato col vincitore e ha dichiarato di non volere nessun incarico nel prossimo governo.

Vale la pena di notare che è praticamente certo che l’SPD continuerà a restare al governo, dal momento che è il primo e il principale alleato che la CDU vorrà considerare negli accordi di coalizione, ma ciò non toglie che Scholz debba fare i conti con un partito che ha vissuto un’emorragia di consensi dalle ultime elezioni a oggi. Certo, è facilissimo che questo accada, quando un partito passa dall’opposizione al governo, specialmente se si tratta di un governo che affronta la più grande crisi geopolitica dalla fine della seconda guerra mondiale, ma in casa SPD si dovrà comunque fare una riflessione profonda sugli errori commessi. In particolare, Scholz si è detto sconvolto in particolare dall’ascesa dell’AfD. “Non lo accetto e non lo accetterò mai”, ha affermato.
Il suo è il terzo cancellierato più breve della storia: 1173 giorni. Preceduto in questa triste classifica solo da Ludwig Erhard (CDU, 1142 giorni) e Kurt Georg Kiesinger (CDU, 1055 giorni). Indubbiamente ci sarà chi attribuirà il fallimento alle elezioni anche alla scelta di ricandidare come cancelliere Scholz, invece che Boris Pistorius, il Ministro della Difesa, che si è classificato sempre e sistematicamente in cima agli indici di gradimento per i singoli politici. Anche Pistorius ha commentato amaramente la serata “Questo è un risultato devastante, catastrofico” da dichiarato.
Scholz si è detto sconvolto in particolare dall’ascesa dell’AfD. “Non lo accetto e non lo accetterò mai”, ha affermato.
Verdi pronti a collaborare in una “Coalizione Kenya”
Anche i Verdi devono fare i conti con una perdita di consensi considerevole, come tutti e tre i partiti di governo, ma percentualmente la disfatta non è paragonabile a quella dell’SPD. Per questo, il leader del partito e attuale Ministro dell’Economia Robert Habeck, appare più sereno di Scholz e si dice pronto a discutere di una cosiddetta “coalizione Kenya”, ovvero a un governo con CDU/CSU ed SPD (con buona pace di Söder). “Siamo sempre pronti ad assumerci le nostre responsabilità” ha dichiarato Habeck a ZDF. Se poi Merz voglia aprirsi a questa possibilità e se, volendolo, riesca a forzare la mano alla CSU è tutto da vedere.

Habeck ha anche sottolineato come il risultato della CSU sia più impressionante di quello della CDU, all’interno dell’Unione “Visto da lontano” ha dichiarato all’agenzia di stampa dpa “l’equilibrio di potere si è spostato nettamente contro Merz”.
La crescita sorprendente di Die Linke: “un partito vivo come non capitava da anni”
“Negli ultimi 35 anni” ha dichiarato Gregor Gysi dal palco dell’evento ufficiale di Die Linke “ho vissuto più volte la sensazione che questo partito fosse morto. Oggi lo vedo vivo come non capitava da molti anni”. Fra tutti i filmati di festeggiamenti elettorali di questa sera, quelli di Die Linke sono senza dubbio quelli che esprimono il maggior entusiasmo, perfino più di quelli della CDU. Un po’ perché i membri della CDU nazionale non sono tipi da urlare e abbracciarsi, un po’ perché il risultato di Die Linke non era affatto scontato. Neanche due mesi fa rischiavano di non entrare in parlamento se non con i mandati diretti dei tre candidati storici, oggi possono contare su un risultato di tutto rispetto: quasi il 9% secondo le stime attuali (circa le 21.00 di sabato).

Questo successo ha un nome: Heidi Reichinnek. Il carisma e la capacità comunicativa del nuovo volto mediatico e social-mediatico della sinistra tedesca hanno fatto guadagnare al partito iscritti e voti, in un’ascesa verticale sulla quale nessuno contava. Die Linke ha registrato, sempre secondo i sondaggi, risultati particolarmente positivi fra gli elettori più giovani, soprattutto fra coloro che hanno votato per la prima volta. ARD ha analizzato il voto dei diversi gruppi demografici: fra i giovanissimi che sono andati alle urne per la prima volta questa domenica, Die Linke ha registrato circa il 27% delle preferenze, il 25% se si considerano tutti gli under 25 indipendentemente dalle precedenti esperienze di voto. Secondo lo stesso sondaggio, nel 2021, appena l’8% degli elettori in questa fascia d’età votava Die Linke.
Questo risultato, fra l’altro, vuol dire che al Bundestag Die Linke non sarà più un “gruppo”, come era diventato dopo l’esodo di Wagenknecht e dei suoi, ma tornerà ad essere un partito con un proprio gruppo parlamentare.
La debacle dell’FDP. Lindner: “Se non entriamo in parlamento lascio la politica”
Christian Lindner ha provato fino all’ultimo a esprimere una sicurezza che, forse, non sentiva. Fino a sabato si diceva convinto di poter arrivare al 5%, ma anche oltre. Nel pomeriggio di domenica era ancora ottimista: “Da domani la bandiera dei Liberi Democratici tornerà a sventolare”, perché il partito non è stato “definitivamente sconfitto”. Entro le 21, durante l’evento alla Hans Dietrich Genscher House di Berlino, aveva già dichiarato che si ritirerà dalla politica se l’FDP non riuscirà a entrare nel Bundestag. Più lapidaria e meno incline ai giri di parole Marie-Agnes Strack-Zimmermann che, secondo quanto riportato dal Tagesspiegel, ha commentato lo spoglio con un lapidario: “Risultato di merda, serata di merda”.

E d’altra parte, Lindner non ha che se stesso da biasimare: l’FDP aveva già perso consensi, ma il colpo di grazia è stata la scelta, apparentemente pianificata nell’ormai tristemente famoso documento sul “D-Day”, di far cadere il governo. Stando alle sue dichiarazioni durante lo spoglio, tuttavia, Christian Lindner è ancora indietro sul terreno dell’autoconsapevolezza, poiché ha attribuito il crollo di popolarità del suo partito a un problema di comunicazione. “Non siamo stati in grado di mostrare i successi ottenuti nella coalizione”, ha detto “E non siamo stati in grado di spiegare adeguatamente le ragioni del suo fallimento”. Nessuno dei suoi ex compagni di coalizione ha commentato questa affermazione, ma viene da pensare che la reazione possa essere amara, dal momento che proprio quella coalizione, i cui “successi” Lindner avrebbe voluto valorizzare meglio, è stata affondata definitivamente da una sua scelta politica precisa e ponderata. O, come l’ha definita lo stesso Lindner, un “rischio politico” che il partito si è assunto e per il quale “stiamo pagando un prezzo alto”.
Mentre scriviamo, non sappiamo ancora se il partito riuscirà o no a entrare al Bundestag. Se dovesse riuscirci, anche per pochissimo, si troverà di nuovo a fare da ago della bilancia in una possibile “coalizione Germania” con CDU ed FDP. Il tipo di “seconda possibilità” che non capita spesso, nel corso di una carriera politica.
BSW deludente: fuori dal parlamento per un soffio
La campagna iniziale del BSW, dopo la sua formazione, era partita sull’onda di un entusiasmo che poteva sfociare a tratti nel culto della personalità. D’altra parte, l’Alleanza Sahra Wagenknecht è l’unico partito tedesco che reca il nome della fondatrice e principale candidata e non dei principi sui quali si fonda – anche per questo riesce con una certa disinvoltura a inglobare istanze della destra più radicale (su Russia e immigrazione, Wagenknecht la pensa esattamente come Björn Höcke) e di una parte di sinistra (redistribuzione della pressione fiscale, patrimoniale, tasse per i grandi gruppi internazionali e le rendite finanziarie).

Come spesso accade per l’entusiasmo legato alle singole personalità, però, è difficile raggiungere la massa critica necessaria per un risultato davvero dirompente a livello nazionale. Alla sua prima elezione, il BSW, partito con grandi speranze, non è entrato in parlamento per un soffio. Si è infatti fermato al 4,97%.