Esistono gli antivax e poi esiste l’uomo ossessionato dai vaccini, nello specifico da quelli contro il Coronavirus. Un tedesco sostiene infatti di essersi vaccinato 217 volte contro il Covid. Il vero mistero non è tanto perché l’uomo abbia fatto questa scelta, ma per quale motivo e in base a quale etica e a quali principi deontologici i medici lo abbiano accontentato, considerando che, in Germania, le vaccinazioni sono registrate e che quindi almeno alcuni dei professionisti coinvolti dovevano essere consapevoli della quantità di vaccini già ricevuti dal paziente in questione.
L’uomo sostiene di essersi vaccinato 217 volte, i medici ne hanno confermate “solo” 134
Il caso è stato studiato dai ricercatori dell’Università di Erlangen e del relativo Ospedale Universitario, in Baviera, i quali, dopo che l’uomo stesso aveva rivelato ai media la sua particolare ossessione per i vaccini, lo hanno invitato a far analizzare loro alcuni campioni di sangue, per comprendere meglio le conseguenze di un tale, spropositato numero di vaccinazioni. In tale occasione, i ricercatori hanno potuto trovare conferme ufficiali di almeno 134 immunizzazioni, nonostante l’uomo sostenga di essere stato vaccinato 217 volte e abbia preteso di ricevere un altro vaccino in occasione dello studio di Erlangen.
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I ricercatori invitano a non imitare il comportamento dell’uomo
Nonostante il numero eccezionalmente elevato di vaccinazioni, per sua fortuna, l’anonimo tedesco è risultato essere in salute: il suo sistema immunitario funzionava, secondo i ricercatori, in modo normale. Non sorprende il fatto che la percentuale di anticorpi contro il Covid-19 sia risultata più alta rispetto alla media di coloro che hanno ricevuto le tre vaccinazioni considerate “normali”. I medici ci hanno tenuto a specificare, comunque, che il comportamento dell’uomo non dovrebbe essere imitato e non è da considerarsi sano né privo di rischi.
Per quanto se ne sa, l’uomo si è fatto somministrare numerosissime volte ben otto vaccini diversi, compresi vari vaccini a mRNA. I ricercatori bavaresi hanno pubblicato i risultati dello studio martedì sulla rivista scientifica “The Lancet Infectious Diseases”.
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