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Nota terrorista neonazista all’ergastolo vuole deradicalizzarsi: il programma la rifiuta

La terrorista neonazista Beate Zschäpe, condannata all’ergastolo per il coinvolgimento nella serie di omicidi della terribile cellula tedesca neonazista nota come NSU (Nationalsozialistischer Untergrund o Clandestinità Nazionalsocialista, in italiano), ha fatto richiesta di essere ammessa a un programma di deradicalizzazione per estremisti, ma a quanto pare la richiesta è stata respinta. Secondo il suo avvocato, Mathias Grasel, il programma avrebbe rifiutato di accogliere Zschäpe perché sarebbe ancora “troppo presto”.

La neonazista Beate Zschäpe rifiutata da un programma di deradicalizzazione

Il rifiuto della domanda, presentata davanti all’organo competente per il Land Sassionia,  sarebbe avvenuto circa quattro settimane fa. Parlando con lo Spiegel il legale ha aggiunto, con toni critici, che non ci sarebbe stata nessuna ulteriore spiegazione e nemmeno la volontà di avere un colloquio personale. “Trovo la logica del programma poco convincente, perché ogni persona che vuole aderire merita un sostegno. Avrei ritenuto utile almeno un primo incontro per conoscersi” ha ribadito il legale.

Il programma in questione ha come obiettivo principale quello di aiutare le persone che in passato hanno rifiutato i principi democratici della società e hanno usato la militanza e la violenza estremista contro gli altri e contro le istituzioni, ma che ora sono pronte a cambiare. Sulla non ammissione dell’ex membro dell’NSU non sono disponibili ulteriori dettagli. “Non forniamo informazioni su indagini concrete o casi del programma in Sassonia” è la dichiarazione del direttore generale del Consiglio di Stato per la Prevenzione, Sven Forkert.

La donna è all’ergastolo per i crimini della cellula neonazista NSU

Nel 2018 Beate Zschäpe è stata condannata all’ergastolo come complice nei dieci omicidi commessi dalla cellula terroristica NSU, che comprendeva anche Uwe Mundlos (che all’epoca era il suo compagno) e Uwe Böhnhardt. Il tribunale superiore di Monaco ha riconosciuto la particolare gravità della colpa, rendendo di fatto impossibile l’uscita anticipata dal carcere dopo 15 anni.

Considerando anche la detenzione preventiva, Zschäpe ha già scontato dodici anni e l’8 novembre 2026 la donna avrà già passato in carcere esattamente 15 anni. A quel punto dovrà essere determinato per quanto tempo ancora Zschäpe dovrà rimanere in carcere dopo tale data. Secondo Grasel, la domanda di ammissione al programma potrebbe essere stata respinta anche perché la fine della detenzione della donna non è “ancora prevedibile”.


NSU

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Uccisi in quanto stranieri: l’orribile serie degli omicidi

Delle dieci persone uccise in Germania dell’NSU (cinque in Baviera), nove erano commercianti di origine turca e greca, uccisi solo perché stranieri, mentre un’altra vittima era poliziotta tedesca. Mundlos e Böhnhardt hanno anche compiuto due attentati dinamitardi a Colonia, ferendo decine di persone e si sono uccisi nel 2011 per evitare l’arresto.

Nonostante la presenza di Zschäpe sulle scene dei delitti commessi dalla cellula non sia mai stata provata, la corte ha stabilito che la donna ha “agito congiuntamente e intenzionalmente, in ognuno dei dieci casi, per uccidere in modo infido e per motivi biechi”, aiutando  a selezionare le vittime degli attacchi e proteggendo attivamente i suoi complici.

“Sono colpevole come se avessi premuto il grilletto”

A maggio, Beate Zschäpe ha ammesso per la prima volta la sua complicità negli omicidi, davanti a una commissione d’inchiesta del parlamento bavarese. La donna è stata interrogata per un giorno dai parlamentari bavaresi, nella prigione di Chemnitz, ed è stata la prima volta che ha parlato, dalla fine del processo, nonché la prima volta che ha risposto direttamente alle domande. A proposito degli omicidi ha detto: “anche se non ho premuto il grilletto, li ho tollerati” e ha aggiunto che se si fosse costituita in tempo, “la serie sarebbe finita”. “Non l’ho fatto e per questo sono colpevole quanto se avessi premuto il grilletto” ha aggiunto.

Pentimento sincero o tattica? Non sono poche le voci critiche, che si chiedono se la richiesta di aderire al programma di deradicalizzazione non sia un modo “tattico” di ottenere l’accesso a possibili istituti premiali, in vista del raggiungimento della soglia dei 15 anni di detenzione, che potrebbero, astrattamente, aprire nuove prospettive in questo senso.

Anche un professionista che opera nel settore della deradicalizzazione degli estremisti, interrogato a riguardo dal quotidiano Die Welt, a luglio, aveva parlato della complessità e della durata assolutamente non breve di un percorso di questo tipo. Aveva inoltre sottolineato come, nel caso di Beate Zschäpe, non ci sia stata ancora “un’espressione di empatia nei confronti delle famiglie in lutto delle vittime della NSU”, che ancora lottano, a distanza di anni, “per ottenere una spiegazione completa degli omicidi e degli attentati”.

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