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Rimborsi per i test Covid in Germania: sospette frodi

Fa discutere da diversi giorni, in Germania, il sospetto di frodi nella gestione dei rimborsi per i test Covid. Dopo i casi confermati in diversi centri nel Nord-Reno Westfalia, Baviera e Schleswig-Holstein, tanto il ministro della salute Jens Spahn (CDU) quanto i singoli ministri degli stati federali coinvolti sono chiamati a esprimersi sulla gestione di quella che si profila come una delle violazioni più estese e continuative dall’inizio della pandemia.

Come vengono gestiti i test rapidi

Una delle basi su cui poggia l’intera strategia di contenimento della pandemia messa in atto dal governo tedesco. Chi non è completamente vaccinato o non può presentare un documento che provi la guarigione dal Covid ha bisogno di un test negativo per accedere a diversi spazi commerciali o servizi, dai parrucchieri alla gastronomia all’aperto. Questa situazione ha naturalmente determinato un considerevole incremento dell’offerta di test rapidi, che non sono più offerti solo da medici o farmacisti. Per poter effettuare i test non è necessario alcun requisito particolare: è sufficiente frequentare un corso online e presentare una domanda di autorizzazione al ministero della salute. Non stupisce, quindi, che in tutta la Germania siano stati aperti migliaia di “centri” test, laddove nella definizione di “centri” si includono anche le unità mobili e i servizi forniti dai gestori di altre attività commerciali che hanno aggiunto questa prestazione alla propria offerta, per facilitare l’accesso dei clienti.


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Quando i test sono gratuiti, il costo viene coperto dalle assicurazioni pubbliche, che a loro volta vengono rimborsate dallo Stato in ragione di 18 Euro per ogni test, 12 dei quali vanno a rimborso della prestazione e i restanti sei vanno a coprire l’acquisto dei materiali. Centinaia di milioni di Euro sono stati spesi per rimborsare il costo dei test gratuiti, fino a questo momento. Va da sé che il proliferare dei centri test e l’aumento delle attività commerciali che li richiedono renda difficilissimo, se non impossibile, effettuare controlli accurati sulla gestione dei test e sui rimborsi che vengono chiesti da ogni centro. A complicare ulteriormente le cose interviene anche la necessità di tutelare la privacy dei cittadini. Nel testo che regola la gestione dei test e i doveri dei centri che li effettuano, infatti, si legge esplicitamente che “Le informazioni da trasmettere non devono mostrare alcun riferimento alla persona testata“. In altre parole, i centri test non devono dichiarare i nomi delle persone testate e non sono neppure tenuti a presentare documenti giustificativi che provino l’acquisto di kit per i test. Tutto ciò che devono fare per ricevere i rimborsi è inviare alle associazioni dei medici convenzionati con le casse mutue (Kassenärztlichen Vereinigungen) una dichiarazione circa il numero dei test effettuati.

Sospette frodi rilevate in Nord Reno-Westfalia, Baviera e Schleswig-Holstein

In alcuni Stati, i ministeri hanno richiesto che il numero dei test venga aggiornato quotidianamente online. Proprio uno di questi, il Land del Nord Reno-Westfalia, ha notato le prime irregolarità a partire dal numero di test dichiarati da MediCan, uno dei principali operatori del settore, che gestisce decine di centri test in tutta la Germania. Alcuni giornalisti hanno infatti osservato l’afflusso presso i centri gestiti da MediCan in alcune località del NRW, per poi confrontarle con i dati dichiarati dall’operatore nei giorni e nei centri in questione. I dati “ufficiali” presenti online, in alcuni casi, erano quasi dieci volte superiori al numero degli utenti osservati. A causare sospetti è stato anche il fatto che, su migliaia di test dichiarati da MediCan, non ci sarebbe quasi nessun positivo. Sospetti di simili irregolarità sarebbero stati segnalati anche ad alcune procure in Baviera e Schleswig-Holstein e sono attualmente oggetto di indagine.


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Il ministro Spahn chiamato a commentare l’accaduto

Da più parti sono stati espressi dubbi sull’opportunità di gestire i rimborsi per i test senza richiedere ai centri prove concrete sul numero dei tamponi effettuati. Chiamato a rispondere sulla questione, il ministro Spahn ha fatto sapere, tramite i portavoce del ministero, che richiederà più controlli a campione, ma anche che i centri test, pur non dovendo divulgare i dati delle persone testate, sono tenuti a conservarli e che, in casi di sospetta frode, le associazioni dei medici convenzionati con le assicurazioni pubbliche possono effettuare delle verifiche. Le associazioni in questione, per contro, dichiarano di non essere responsabili di tali controlli. Da tutti i partiti, soprattutto fra le file dell’opposizione, ma anche dai compagni della coalizione di governo, si moltiplicano gli appelli al ministro Spahn perché vengano effettuate indagini accurate sulle frodi e si modifichi il meccanismo dei rimborsi, onde evitare l’emorragia di denaro pubblico che tali abusi sembrano aver generato.

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