La Silicon Allee di Berlino: intervista a Thomas Bachem, fondatore della Code University

Thomas Bachem-Photo by Georg-Strohbücker

Code University

di Cinzia Colazzo

Tutto il mondo guarda Berlino. Artisti, creativi, professionisti free lance fuoriusciti dagli Stati Uniti e da altri Paesi si sentono attratti dalla capitale tedesca. “Con la Brexit Londra perderà talenti e investitori, che si orienteranno verso Berlino“, sostiene Thomas Bachem. Perché questa metropoli diventi una Silicon Land, ci vuole tempo: “Berlino, a differenza di Colonia e Monaco, non ha un’economia consolidata. Nessuna grossa azienda internet ha sede qui. Abbiamo assolutamente bisogno di attrarre più capitali, più investitori e più talenti“.
Come allevare i talenti in casa? Thomas riconosce una lacuna nella formazione universitaria dei futuri esperti nel mondo di internet e delle start-up.
“Informatica è troppo teorica, economia è troppo poco tecnologica“. Questa lacuna rappresenta un buco nel mercato del lavoro. Anziché attendere soluzioni esterne, nel 2016 Thomas ha preso la decisione di fondare la prima università per programmatori, o meglio, per pionieri digitali. Si chiama CODE e aprirà le porte ad ottobre 2017.

Camp Cologne-Photo by Manuel Dolderer
Camp Cologne-Photo by Manuel Dolderer

“All’inizio accoglieremo solo 50 studenti. Abbiamo già ricevuto 400 candidature, di cui il 40% da ogni parte del mondo, Turchia, Polonia, Iran, Nigeria, India, Australia… nessuna dall’Italia“.
Inizialmente CODE sarà ospitata da Factory Berlin, “in un edificio gigantesco a Kreuzberg, più grande dell’attuale sede Factory Berlin di Mitte… ma il luogo è ancora segreto“.
Factory Berlin è una comunità di innovatori e investitori, il più grande campus di start-up in Europa (l’ultimo evento ha avuto luogo proprio ieri e ha avuto come tema: machine learning systems).

Certamente Thomas ha saputo tessere in pochi anni connessioni e relazioni fondamentali, muovendosi rapidamente sin dagli anni della scuola. Ha imparato a programmare da solo, da ragazzino.
“A 12 anni sono andato in una libreria e ho comprato un libro sul linguaggio di programmazione Visual Basic. Ho cominciato allora a programmare giochi e funzioni, che oggi chiamiamo app.
A 15 anni ho guadagnato i primi soldi realizzando siti web per la cerchia di conoscenti, il panettiere, i parenti. Da hobby è diventato un vero lavoro quando mi sono registrato sulla piattaforma Schülerjobs: lì ho trovato i primi clienti. Poi si è sparsa la voce di quello che sapevo fare. Contemporaneamente ho sviluppato da solo una community, con forum e chat.
A 19 anni ho fondato la mia prima start-up, Sevenload, un canale antesignano di Youtube, con un partner dieci anni più grande di me: io mi sono occupato della programmazione, lui ha fatto il resto. La start-up è arrivata ad avere 120 collaboratori e 30 milioni di euro di venture capital. Nel 2010 è stata comprata da Hubert Burda Media. Nel 2014 Xing ha comprato Lebenslauf.com, editor di percorsi professionali che ho fondato nel 2011“.
Ed è entrato il primo milione nel conto.

Thomas Bachem- Photo by Manuel Dolderer
Thomas Bachem- Photo by Manuel Dolderer

Thomas è nato a Colonia nel 1985 e ha studiato European Management alla Cologne Business School. Per lui la facoltà di informatica era troppo teorica, troppo matematica: “La scienza teoretica del computer non coincide con l’applicazione pratica dello sviluppo di software“.
Il tema dei percorsi di studio anima la sua voce. Gli chiedo che ricordi abbia delle scuole elementari. “Ho avuto una maestra gentile e disponibile, ci ha lasciato tanta libertà. Ricordo che chi finiva presto i compiti poteva andare in una stanza separata a giocare: lì ho imparato a diventare velocissimo“.
E che opinione ha dei ragazzini immersi nei giochi al computer? “Naturalmente ci sono anche casi estremi, ma si può parlare di dipendenza molto più raramente di quanto pensino i genitori. Bisogna tenere in mente che sono solo fasi. Ho conosciuto molte persone che hanno giocato intensamente al computer, eppure sono diventati qualcuno. Ci sono poi diverse tipologie di gioco, i cosiddetti Ego-Shooter, giochi strategici, di ruolo, di simulazione etc..
Penso che in ogni gioco in cui ci sia una porzione di strategia, il giocatore alleni il pensiero analitico e strategico. Alcuni giochi sono davvero sofisticati. Inoltre, c’è l’elemento socializzazione: all’osservatore sembra che il ragazzino stia seduto lì da solo davanti allo schermo, invece sta giocando con altri 3-4, e sulle strategie di gioco si discute anche offline“.

Founding Team-Photo by Max Threlfall
Founding Team-Photo by Max Threlfall

Per Thomas il tema della formazione è un punto importante. Il sapere viene tenuto separato, mentre i problemi dell’esistenza hanno bisogno di approcci interdisciplinari e di sinergie fra diverse intelligenze.
“Anche a scuola l’informatica che viene proposta è solo una parte di una disciplina, la parte matematica, ma c’è anche la programmazione e ci sono i media studies. Si studia matematica, si studia fisica, ma non la combinazione che si manifesta nel mondo. Questo può provocare molta irritazione“.
Gli chiedo se la robotica sia un buon esempio e mi risponde di sì, in un progetto di robotica ci sono elementi di logica, matematica, fisica, persino arte. Anche per chi studia arte o musica, d’altronde, può essere frustrante trovarsi per anni nel canale dell’alta formazione, senza ricevere una preparazione alle dinamiche lavorative.

Il mondo digitale è complesso e vario, non è fatto solo di programmatori“, mi spiega Thomas, “coinvolge tante professionalità come designer delle interfacce, esperti di server, sviluppatori di app, data scientists, product manager…“.
Per quanto riguarda i designer, non si tratta solo di grafica, non solo di prodotto, importa anche la dimensione psicologica del processo, quella che viene detta “users interface experience“.
È chiaro che i creativi digitali non saranno tutti sviluppatori di software, fra di loro ci saranno anche politici che vorranno impegnarsi sul fronte delle decisioni.
“Me ne sono reso conto studiando le candidature per la nostra Hochschule: i candidati vengono da percorsi molto eterogenei“.

A questo punto chiedo a Thomas quante siano le domande presentate da ragazze. Mi risponde con un sospiro: “Solo il 20%. Ci piacerebbe che fossero di più e facciamo molto in questo senso, ma è difficile. La tecnologia ha un’immagine maschile“.

Camp Hamburg-Photo by Manuel Dolderer
Camp Hamburg-Photo by Manuel Dolderer

“Ci sono tre aspetti da tener presente. Innanzitutto lo sviluppatore di software evoca l’immagine (falsa) di un individuo isolato dal mondo, che si dedica in una soffitta a un’occupazione incomprensibile.
Il secondo aspetto è che generalmente le ragazze hanno l’immagine del programmatore di sesso maschile che smaneggia il computer, preso dal gioco fine a se stesso, mentre per loro è importante sapere come il coding può migliorare il mondo.
Terzo aspetto: spesso le ragazze vengono esposte all’opportunità di occuparsi di programmazione troppo tardi, dopo la scuola superiore“.
Per quanto riguarda l’immagine del programmatore, Thomas mi fa capire che il mondo digitale è fatto di aggregazioni. “Si fa un lavoro creativo di squadra. Molte donne non hanno idea di quanta comunicazione ci sia dietro“.
L’aspetto del miglioramento del mondo sta a cuore anche a Thomas. “L’innovatore digitale regge una grande responsabilità. Sullo sfondo ci deve essere la consapevolezza dell’impatto individuale. Dal creativo digitale mi aspetto la comprensione dei problemi, idee molto forti e soluzioni condotte dal futuro nel presente“.
Infine, la questione delle opportunità per le ragazze di avvicinarsi alla programmazione necessita di un intervento deciso. “Per questo, parallelamente alla preparazione di Code University, organizziamo i Code&Design Camps, workshop e coaching per ragazze e ragazzi dai 15 ai 20 anni: quattro giorni gratuiti di immersione, impulsi e presentazioni durante i quali i giovani partecipanti vengono seguiti, da programmatori e designer, nel progetto a cui sono interessati (una app per la scuola, un sito per il gruppo o componenti Smart Home).

Camp-Cologne-by Manuel-Dolderer
Camp-Cologne-by Manuel-Dolderer
Camp-Cologne-Photo by Manuel-Dolderer
Camp-Cologne-Photo by Manuel-Dolderer

La CODE University of Applied Sciences è un corso di studi privato “per i pionieri digitali di domani“. La mentalità del pioniere è forgiata da una grande fiducia nella propria abilità di far fronte a sfide sconosciute. Il corso di studi si sviluppa per progetti (raccolti su una piattaforma di incontro fra creativi, docenti, imprenditori, investitori) e l’approccio è di “apprendimento esperienziale“. Sono previsti tre corsi di studio: Software Engineering, Interaction Design e Product Management.

Code University
Thomas Bachem-Photo by Georg-Strohbücker

Gli studenti sono anche tenuti a seguire seminari STS (Science, Technology & Society Program), che includono istanze filosofiche, sociologiche ed etiche fondamentali, come pure esperienze di teatro, musica e arti performative.
“Le soluzioni a problemi attuali e futuri hanno bisogno di pensiero critico e creativo. Sempre più emergenti saranno le questioni dell’intelligenza artificiale, della protezione dei dati e del trattamento delle informazioni. Già oggi il tema delle fake news è preminente. L’elaborazione digitale di immagini, il fotoritocco e la falsificazione renderanno delicatissima la verifica delle informazioni“.
Thomas Bachem (che è fra l’altro vicepresidente della German Startups Association), Manuel Dolderer (Edupreneur e cofondatore dell’università) e il resto del team hanno non poche difficoltà a trovare professori universitari che, oltre ad avere un altissimo profilo, testimonino anche una vivace attività nel campo dell’economia internet.

Importanti Business Angels sono pronti ad investire in CODE. Anche perché il corso di studi potrebbe essere gratuito. Ci saranno due modelli di pagamento e chi non sarà in grado di far fronte alla retta nell’immediato, si impegnerà a versare il 6,5% del primo stipendio annuale per dieci anni. Questo modello, detto “Reverse Generational Contract“, è supportato da Chancen eG, un’impresa sociale che promuove uguali opportunità di formazione e carriera indipendentemente dal background economico e sociale.

Sembra che una parte della Germania creda nel futuro delle imprese digitali. Eppure un tratto di questo Paese è la “neofobia“. Thomas Bachem mi conferma che pochissimi nella società curano un’intensa attività in internet, pochissimi praticano un’estroversione del proprio business attraverso facebook, instagram e pagine web e pochissimi investitori e imprenditori hanno capito le opportunità della nuova economia.
“In Germania si pone sempre l’accento sui rischi, per esempio sul tema del furto di dati. Qui si tratta di sviluppare il pensiero digitale per saper cogliere enormi vantaggi“.
C’è un ritardo insuperabile fra sviluppo tecnologico e società. “La Germania è la terra degli ingegneri, ma non mi risulta che a scuola sia insegnata Tecnica in modo diffuso“. Questo è uno dei motivi per cui l’accelerazione del mondo digitale avviene in USA, Israele, India e Cina, ma non in Europa.
“La Silicon Valley è molto lontana, qui a Berlino possiamo solo aspirare a una Silicon Allee“.