Pensionati che emigrano dall’Italia: tutto considerato, conviene davvero?

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di Franco Di Giangirolamo

Aumentano sempre di più i pensionati italiani che migrano all’estero: alcuni sperando di avvantaggiarsi di regimi fiscali più favorevoli e avere una qualità della vita più alta, altri per dedicarsi a vacanze prolungate in paradisi naturali e, infine, sempre più numerosi, ci sono quelli che si muovono per necessità proprie o dei familiari all’estero con i quali si ricongiungono (aiuto per se stessi o per figli e nipoti, non autosufficienza, insostenibilità della solitudine o di eventi traumatici, etc.). Accade anche a Berlino, dove la terza tipologia è, ovviamente, la più frequente.
È utile, tuttavia, studiare bene il problema, perché questa tipologia di migranti incontra ostacoli piuttosto rilevanti sul proprio cammino. Non mi riferisco solamente alle pastoie burocratiche con le quali le istituzioni del nostro Paese cercano di affliggere i cittadini anche quando si “tolgono di mezzo” (l’elenco sarebbe troppo lungo), ma parlo anche di vere e proprie perdite di diritti.

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Il pensionato che si sposta, anche qualora continui a pagare le tasse in Italia, perde tutti i diritti legati alla residenza, ovvero molti diritti sociali e assistenziali che, una volta iscritto all’Aire, l’Italia non gli può più garantire e che in Germania non possono essere esatti in quanto il pensionato non ha mai contribuito alle casse degli enti deputati alle prestazioni.
Dall’Italia il migrante può portare con sé, sempre che faccia la denuncia dei redditi in patria, solo il diritto alle prestazioni sanitarie, che sono regolate da una convenzione europea.
Tutti sanno quanto sia indispensabile per le persone anziane o minusvalide un sistema di prestazioni socio-sanitarie e assistenziali integrate, al fine di garantire una qualità della vita decente, per cui non mi inoltro nei dettagli.
Sappiamo anche che la omogeneizzazione dei sistemi di sicurezza sociale a livello europeo è ancora una chimera e che, pertanto, non c’è da sperare nella possibilità di poter realizzare nel breve periodo una convenzione come quella sulla tutela sanitaria, che permetta di “esportare”, oltre alla residenza, anche alcuni diritti.
Tuttavia, sappiamo che il pensionato migrante paga le tasse per avere in cambio, in Europa, solo le prestazioni sanitarie, dovendo rinunciare a tutte le altre. D’altra parte non ha scelta, perché se non paga le tasse in Italia non ha diritto alla applicazione della convenzione europea e all’iscrizione ad una Cassa Mutua tedesca, se non pagando, come privato, cifre iperboliche.
Ciò vale anche per quella categoria di pensionati che pensano di lucrare sui differenti regimi fiscali di Paesi emergenti e che, quando dovessero ammalarsi o avere problemi di non autosufficienza, saranno costretti a pagare di tasca propria, mandando in fumo gli eventuali risparmi accumulati, se non peggio.

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Altro problema può essere costituito dalle norme fiscali su IMU. Infatti, le norme in vigore, mentre esonerano dall’IMU i pensionati all’estero che hanno un appartamento in Italia, si accaniscono paradossalmente sui pensionati italiani, che pagano le tasse in Italia. Chi scrive, pensionato Inps, contribuente in Italia, proprietario di un solo appartamento, peraltro ancora gravato da ipoteca per mutuo, nel quale alloggia da sempre il terzo dei suoi quattro figli, iscritto all’Aire e residente (in affitto) a Berlino, ha dovuto pagare 1.350 euro di IMU sulla seconda casa. Superati i 70 anni, non dovrei meravigliarmi più di niente, ma credo che l’Italia sia l’unico Paese al mondo che riesce a incassare da un cittadino che ha pagato tutta la vita quanto doveva, una tassa sulla inesistente proprietà di una inesistente seconda casa.
Richiesti i chiarimenti del caso sulla ratio della legge e sulla eventuale possibilità di rimediare a quella che ritengo una colossale frode dello Stato, ancorché legale, sono ancora in attesa di una risposta e le uniche spiegazioni ricevute sono state “la legge è questa” e “ha tutte le ragioni, ma non possiamo fare niente”.
La legge in questione, infatti, non prevede procedure per esporre il proprio caso in circostanze come la mia e al pensionato in questione si dedica la più totale indifferenza.

Forte di questa esperienza non posso fare a meno di suggerire a tutti coloro che intendono migrare di chiedere consulenze multiple per valutare il se e il come e, soprattutto, prima di iscriversi all’Aire, di pensare a tutti i pro e i contro del trasferimento di residenza.
In fin dei conti, con i voli low cost, la semplice “andata e ritorno” potrebbe essere la soluzione migliore.
Anche per i pensionati l’Europa è ancora lontana e, se non è lontana, è ancora troppo costosa.