Diversabilmente a Berlino: il diversamente abile in famiglia

diversamente abile

Torna “Diversabilmente a Berlino”, una nuova rubrica socialmente utile che siamo felici di ospitare sulle pagine del nostro magazine. La rubrica, realizzata grazie agli amici di Artemisia, ha lo scopo di informare su tutto ciò che riguarda la vita di chi è diversamente abile e al tempo stesso di servire da spunto a chiunque voglia, attraverso “Il Mitte”, promuovere una riflessione sul tema. Se volete fare domande o approfondire gli argomenti di cui parleremo, non esitate a contattarci!

di Amelia Massetti

Quanto sia fondamentale riuscire a parlare apertamente di disabilità con le persone direttamente coinvolte e non, è uno dei temi centrali del lavoro di Artemisia.
Affrontare questo delicato argomento in realtà non è così semplice. Normalmente, dopo aver appreso che si metterá al mondo un figlio diversamente abile, si tende all’isolamento e ciò avviene anche quando la disabilità si acquisisce in seguito, per una malattia o per un incidente.
In ogni caso le prime reazioni che una famiglia tende ad avere sono l’incredulità, la negazione stessa della disabilità, la rabbia, la vergogna.
Il mito del figlio perfetto, a cui le madri spesso aspirano durante la gravidanza, improvvisamente viene a cadere e questo, a mio avviso, è il primo sentimento di dolore che si trova a fronteggiare un genitore.
Questo dolore, qualche volta, è paragonabile ad un lutto, perché l’evento della nascita, che di solito è un momento di gioia e partecipazione collettiva, improvvisamente si trasforma in un fatto doloroso, da non poter condividere con gli altri.
Tutti i sogni e le aspettative proiettate sul nascituro crollano e quindi muore il mito a cui il genitore aveva in un primo momento aspirato, mentre il dolore inaspettato, all’inizio, traumatizza il genitore e in primo luogo la madre, che ha generato un figlio diversamente sano.

In relazione a questo dolore, nel tempo la madre e il padre possono avere reazioni differenti. O riescono a superare il trauma affrontando direttamente e con coraggio la diversità del proprio figlio, oppure possono interiorizzare questo disagio e portarlo con sé per tutto il resto della vita, cadendo inevitabilmente in una sorta di depressione cronica.
C’è chi riesce ad affrontare tutto questo chiedendo aiuto a persone competenti in materia, ma è un passaggio che può far sentire un genitore defraudato del suo ruolo e della capacitá di poter decidere liberamente il suo rapporto con il figlio. Altri genitori, quindi, si chiudono proprio per questo in un rapporto esclusivo con il figlio, sentendosi, quasi dei paladini, e gestendo completamente la sua vita sociale, affettiva ed emozionale.


Photo by Honza Soukup
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I sentimenti in gioco sono spesso, in questi casi, contrastanti e inevitabilmente destinati a riverberarsi sugli equilibri familiari. I genitori possono cercare sostegno l’uno nell’altro o possono vivere una crisi di coppia, possono avere un rapporto equilibrato con tutti i loro figli o possono concentrare le energie solo sul figlio diversamente abile, escludendo gli altri.
A volte i coniugi possono persino arrivare a separarsi, perché tendono a darsi l’un l’altro la responsabilità del dolore comune, perché non riescono più a vivere in una relazione d’amore o perché si negano la capacità di affrontare le loro paure e cercare soluzioni di adattamento.
Si possono infine sentire appartenenti a un gruppo genitoriale specifico, quello che si prende cura di figli diversamente abili, e ogni giorno indossare questa condizione come una sorta di “cappotto”, con tutto il relativo strascico di sentimenti contrastanti anche nei confronti della società, responsabile di non accogliere il genitore e il figlio o la figlia allo stesso tempo.

La rinascita, allora, avviene solo quando si accetta la diversità del proprio figlio senza viverla come una colpa e si acquisiscono gli strumenti necessari per dare inizio a un cammino che, talvolta, attiva risorse inaspettate anche per il genitore. Questi riscopre infatti, attraverso questo tipo di trasformazione, una capacità di resistenza e resilienza fino ad allora inimmaginabile, aprendosi ad un mondo ricco di emozioni differenti, che diversamente non avrebbe avuto occasione di conoscere.
Se il genitore riesce ad accogliere la diversità del proprio figlio e a confrontarsi con le emozioni che non si aspettava, la catarsi e il dolore iniziale possono scomparire per dare spazio a esperienze emotivo-sensoriali utili e importanti, non solo per il singolo, ma anche per l’intera comunità.

Artemisia si incontrerà per parlare di tutto questo il 5 dicembre, nell’ambito di una tavola rotonda su questo tema.

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