Crescere a Berlino est: la storia di Michael #4
Michael è un giovane avvocato nato nel 1975 e cresciuto a Friedrichshain, Berlino est. Dopo la caduta del Muro la sua generazione è stata la prima ad avere un diploma unificato (prima i sistemi scolastici erano ovviamente divisi). Ha studiato giurisprudenza alla Humboldt Universität, a Roma e a Cittá del Capo. Durante il suo praticantato per diventare Volljurist è stato tre mesi presso l’ambasciata tedesca a Pechino, ha quindi lavorato come assistente di ricerca all’universitá di Amburgo ed è stato un funzionario pubblico nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore.
Oggi lavora nell’amministrazione della Freie Universität di Berlino ed è tornato a Friedrichshain, dove vive con il suo ragazzo, i due figli che hanno insieme e la madre dei bimbi.
Michael ha visto crollare il Muro di Berlino quando si preparava a entrare nell’adolescenza e ha deciso di fare con noi una lunga chiacchierata su quel periodo. Ci ha parlato di colori, sapori e sensazioni che non ci sono più, di un’altra Berlino e della storia di una Germania divisa, il tutto alternando la consapevolezza dell’etá adulta alle percezioni che aveva da piccolo.
Vi proponiamo quindi un bellissimo viaggio in un passato che non c’è più, ma che ancora resta saldo nella memoria di chiunque l’abbia vissuto. Lo dividiamo in diversi capitoli, che vi porteranno, passo dopo passo, nel cuore della DDR.
All’est le persone erano divise dal governo in tre classi. Siccome mio padre aveva studiato, era inserito nel gruppo della cosiddetta Intelligenz, poi c’erano anche i lavoratori e i contadini (anche se a Berlino i contadini veri e propri non esistevano). Le persone che appartenevano all’Intelligenz erano sempre in qualche modo sospette, agli occhi sistema: il governo della Germania dell’est, infatti, aveva interesse a promuovere l’immagine di una società sostenuta prevalentemente dall’apporto di lavoratori e contadini.
L’Intelligenz, che era rappresentata graficamente dal compasso, sullo stemma cittadino, insieme al martello e alla corona di spighe, non era così popolare. I figli dei lavoratori erano preferiti e anche favoriti e a partire dagli anni cinquanta le persone che volevano studiare all’università dovevano imparare prima un lavoro più ordinario, all’interno della produzione.
Uno dei miei professori di diritto, ad esempio, che lavorava alla Humboldt Universität sin dagli anni ottanta, mi raccontò che aveva dovuto lavorare nel porcile di un’azienda agricola colettiva, prima di avere il permesso di studiare diritto all’università. Il governo voleva infatti che i giuristi imparassero anche qualcosa di “ordinario”, per essere capaci di conoscere la “vita vera”, cioè quella dei lavoratori.
Lo stesso professore, inoltre, mi disse che sin dal primo giorno in cui aveva iniziato a studiare, gli era stata destinata dal sistema una carriera da giudice di famiglia a Magdeburgo, indipendentemente dai voti che avrebbe avuto. Il governo della Germania dell’est, infatti, programmava in grandissimo anticipo e molto bene il suo Menschenmaterial, vale a dire il suo materiale umano, e decideva le carriere in anticipo. Alla fine il mio professore riuscì a distanziarsi dal futuro che altri avevano pianificato per lui e grazie a una serie di circostanze fortunate divenne professore, cosa che aveva sempre voluto.
Non tutti avevano la possibilità di andare alle superiori, che erano ovviamente propedeutiche a qualunque successivo percorso di studio. Indipendentemente dal fatto che uno studente fosse intelligente o bravo a scuola, i nomi dei ragazzi autorizzati ad andare alle superiori erano comunque decisi dal governo. Se qualcuno veniva dalla cosiddetta classe lavoratrice e voleva fare carriera nell’esercito, aveva buone possibilità di vedersi riservato uno dei pochi e molto desiderati posti disponibili, anche se era meno dotato di un suo compagno il cui padre era fisico e che non voleva diventare insegnante, ma ad esempio studiare germanistica. Esprimere il desiderio di diventare insegnante era un buon modo per essere autorizzati ad andare alle superiori, si avevano ottime probabilità.
Io ero per l’appunto destinato a una carriera da insegnante (anche se non lo volevo affatto e non credo che avrei svolto bene quella professione). Per questo il governo decise che ero autorizzato a frequentare una scuola speciale dopo la nona classe, dove potevo studiare spagnolo e che valeva come scuola superiore. Fu un grande onore, visto che solo due ragazzi per distretto venivano autorizzati ad andarci.
Successivamente mi fu chiaro il fatto che molti dei miei nuovi compagni fossero figli o figlie dei diplomatici della Germania dell’est o di persone che avevano lavori di prestigio all’interno del partito e della societá. La mia famiglia al contrario non era così vicina al sistema, mio padre non apparteneva alla classe lavoratrice e io ero “solo” bravo a scuola.
Quello che mi chiedo, oggi, è perchè il governo della Germania dell’est mi abbia fatto studiare spagnolo, visto che era previsto che diventassi semplicemente un insegnante e tecnicamente sarebbe stato solo uno spreco di risorse importanti. Mia sorella, invece, che andò all’est nel 1987 (due anni prima della caduta del Muro), non fu autorizzata a studiare. Era molto intelligente e anche brava a scuola ed era stata inizialmente autorizzata a frequentare le superiori, ma il sistema la considerò deviante, anche perché durante il suo periodo scolastico frequentava la Junge Gemeide, un gruppo di giovani che si riunivano in una chiesa evangelica e dove in seguito incontrò il suo futuro marito, uno studente di medicina che veniva da Berlino ovest.
Ovviamente il governo dell’est non aveva alcuna intenzione di mandare all’università, a studiare germanistica, una persona religiosa, deviata e potenzialmente critica verso il sistema. In seguito mia sorella studiò all’ovest architettura dei paesaggi e diritto, proprio come me.
Da ragazzino, venni presto in contatto con la politica. Già nelle prime classi veniva data ai bambini una sorta di educazione in questo senso. Ricordo abbastanza bene come in seconda o terza elementare, dopo la scuola, tornavo a casa correndo per circa cento metri e guardando il cielo, spaventato dalla possibilità che ogni minuto potesse cadere una bomba atomica. Era una fantastia decisamente realistica e considerando quanto andavano male le cose nel mondo, potevi facilmente immaginare potesse accadere davvero. Quelli che ci venivano presentati come i colpevoli di questo stato di cose erano ovviamente gli americani, cattivi, imperialisti e capitalisti, e in particolare il loro orribile presidente, Ronald Reagan.
Ricordo anche che a scuola, quando il segretario generale del KPDSU (il partito comunista sovietico) morì, misero in un angolo una foto con dei fiori e ricordo perfettamente anche le foto di Brežnev, Andropov e Chernenko, che furono a breve esposte nello stesso luogo.
A parte questo, sapevo che non sarei stato mai capace di lasciare la DDR e non avrei mai visto i luoghi di cui parlavano i libri che leggevo avidamente da bambino e da teenager, come i romanzi di Winnetou di Karl May, ambientati in America, “I tre moschettieri”, “La regina Margot” e ”Il conte di Montecristo” di Dumas o i libri di Giulio Verne, ambientati in tutto il mondo. La sensazione di essere intrappolato rese la mia infanzia molto triste.
Ero rinchiuso nella DDR e non potevo neanche andare a trovare la mia bisnonna o il mio prozio a Berlino ovest. Seguivo a scuola delle lezioni in inglese, ma erano impartite da insegnanti che avevano studiato a Mosca e non erano mai stati in nazioni in cui l’inglese veniva parlato davvero. Era un esercizio senza senso.
Anche le lezioni di russo, che ogni ragazzino della DDR della quinta classe seguiva, non avevano molto senso, perché il governo si adoperava molto affinché i suoi cittadini non fossero in contatto con persone di altre nazioni, neanche se si trattava dell’Unione Sovietica.
Il fatto che le persone non potessero lasciare la DDR spinse molti a rifugiarsi nella loro privacy.
I miei genitori ad esempio avevano una piccola proprietà, un giardino che si trovava circa 40 km a est di Berlino, sul quale costruirono una piccola casa e dove noi passavamo le vacanze, dalla primavera all’autunno. Così noi bambini, anche se eravamo tipici berlinesi di città, in qualche modo siamo cresciuti anche in campagna.
Eravamo soliti giocare da soli, senza gli adulti, nei boschi, nei ruscelli e vicino al lago. Il nostro era un grande gruppo di bambini della stessa età, i cui genitori avevano lo stesso tipo di giardino. In quegli anni rientravamo solo la sera e per pranzo, per tutto il resto del tempo eravamo in giro, per i boschi. Adesso tutto questo mi sembra impossibile, qualunque genitore di oggi sarebbe spaventato di fronte alla possibilità di concedere a un figlio piccolo questo tipo di libertà, ma sembra che all’epoca fosse assai diverso.
A metà degli anni ottanta, anche il sabato divenne un giorno di vacanza. Prima, di sabato c’era lezione, anche se solo fino a mezzogiorno, e di conseguenza la mia famiglia ed io potevamo guidare fino al nostro giardino solo nel pomeriggio, con la nostra Trabant, il nostro porcellino d’India e il nostro cagnolino (a volte c’era anche la nonna e in quel caso eravamo tre adulti, tre bambini e tre animali in una macchina di cartone).
In seguito potemmo anticipare la partenza anche al venerdì sera o al sabato mattina. La domenica sera tornavamo in cittá. In quel modo vivevamo davvero dei meravigliosi fine settimana.
Di seguito i link per chi abbia voglia di leggere tutti i capitoli della storia di Michael:
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #1
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #2
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #3
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #4
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #5
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #6
Crescere a Berlino est: la storia di Michael #7