Mio fratello Down, un supereroe. Intervista a Giacomo Mazzariol, autore di “Mio fratello rincorre i dinosauri”

Photo by Faso Productions, Inc.©
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Photo by Faso Productions, Inc.©

di Amelia Massetti

Ho avuto modo di conoscere a Francoforte Giacomo Mazzariol, invitato dall’associazione Italia Altrove per presentare il suo libro “Mio fratello rincorre i dinosauri”, edito da Einaudi, mentre io ho presentato nella stessa circostanza il progetto Artemisia*. Ho quindi colto l’opportunità di fare qualche domanda a questo giovane scrittore, che mi ha affascinato con la sua ironia e freschezza.
Grazie dunque a Giacomo Mazzariol per averci rilasciato questa breve intervista, che vi propongo nell’ambito della rubrica “Diversabilmente a Berlino”, che ospita Artemisia sulle pagine de “Il Mitte”. È stato un vero piacere constatare che quando i giovani coltivano il desiderio di scrivere e di parlare di disabilità, riescono a farlo in modo spontaneo e naturale, sdrammatizzando il tema con semplicità e ironia. Giacomo, con la sua scrittura, è uno stimolo per le nuove generazioni e Artemisia di Berlino si augura di invitarlo nei prossimi mesi per parlare del suo libro e dei suoi progetti futuri.

Giacomo, quando e come è nata l’idea di scrivere un libro? E quando ti è stato proposto, qual è stata la tua prima reazione?

All’inizio non ci credevo, non pensavo che qualcuno potesse essere interessato alla mia storia, anzi non pensavo addirittura di avere una storia. Non avevo riflettuto su quello che avevo passato con Giovanni, ma avevo solamente vissuto così, la mia vita era felice, molto felice con mio fratello, l’enorme quantità di gioia aveva superato le fasi di tristezza. Non avevo mai riflettuto sulle parti più profonde e quindi, quando si sono interessati, hanno avuto fortuna, perché hanno trovato una persona a cui piaceva molto scrivere.

Hai mai avuto paura di non saperlo fare a un livello più professionale?

Ovviamente scrivere dei racconti era una cosa e scrivere un libro era un’altra, davo per scontato che dovessero insegnarmi. La casa editrice Einaudi, che mi ha interpellato dopo aver visto il mio video, che aveva avuto tanto successo, mi ha affiancato uno scrittore che mi correggeva tutto e quindi la paura è andata via ed è stato più facile. Avevo paura di non riuscire a rendere la cosa interessante, perché pensavo che leggendo una storia dove si parla di problemi particolari qualcuno potesse non avere interesse a leggere il libro. La mia è la storia di due fratelli che si vogliono bene e scoprono le leggi del mondo insieme, cosa è giusto e cosa è sbagliato. La sfida era riuscire a farlo leggere a un pubblico giovane, per questo avevo un lettore immaginario, uno che non leggeva mai, e rispetto al quale mi dicevo: lo deve leggere anche questo tizio a cui non frega niente, perché deve essere una cosa normale, per i giovani.

Quanti anni avevi quando hai cominciato a scrivere? Dopo questo video, che ha avuto un grande e inaspettato successo, nel tuo percorso di scrittura ma soprattutto nel rapporto con tuo fratello è cambiato qualcosa?

Quando è successo tutto questo io avevo 18 anni e con mio fratello è tutto rose e fiori, pugni in faccia e lotte, quello che è cambiato, che mi porto a casa adesso, non è il libro in sé, il prodotto, ma essermi innamorato dello scrivere, del fatto che se una persona perde un treno può essere tanto interessante come se conoscesse Obama, dipende da come lo pone e come lo scrive e da cosa ci mette dentro. Questo mi ha preso e vediamo cosa succederà.

Nel tuo libro parli del rapporto con il tempo, conosco questo aspetto grazie a mia figlia (anche lei è una ragazza Down e non ha il senso del tempo). Quando hai cominciato a capire che tuo fratello non rappresentava esattamente le tue aspettative, come hai vissuto la cosa?

Vedevo che lui era strano, ma magari se vedevo un amico che tirava le porte invece che spingerle consideravo strano anche il suo modo di fare.
I limiti fisici di Gio, per esempio il fatto che non potesse fare le capriole, a volte erano comuni anche ad altri amici, ma i loro limiti non destavano grande interesse per me. Quelli di Gio, invece, erano molto più visibili, per cui non pensavo fosse possibile diventare il suo migliore amico, ma solamente il suo badante. Poi però ho messo gli occhiali giusti e ho visto benissimo i limiti degli altri e anche i miei e quelli di Gio si sono ridotti a delle piccole cose che non sa fare rispetto alle grandi cose che sa fare, mentre io, al contrario, non so fare le grandi cose che fa lui con la sua stessa semplicità.

Il percorso di Giovanni, in Italia, dove peraltro esiste l’inclusione da 40 anni e in questo è molto diversa rispetto alla Germania, è stato semplice oppure tuo fratello o tu stesso, per esserti occupato di lui, avete subito delle discriminazioni?

C’è stata qualche scena in cui qualcuno lo ha preso in giro, capita, ma capita a tutti, principalmente lui è tanto socievole e ha tanti amici e a scuola si trova benissimo. Le mie amicizie le ho sempre scelte in base alla loro sensibilità, ho anche amici che non sono particolarmente intelligenti e ci sta anche. I miei amici venivano a casa mia, si divertivano con mio fratello o quando dormivano da me Gio li svegliava e loro ridevano. Nella mia esperienza non c’è mai stata questa esclusione, anzi qualche volta è Gio che esclude degli amici che lo infastidiscono e prende le note per questo.

Nel film che state realizzando, che è lo stesso produttore di Checco Zalone, ci sarà anche un attore con la sindrome di Down?

Naturalmente, per interpretare un ragazzo autistico puoi anche prendere una persona che non lo è, ma interpretare un bambino Down è diverso. Non lo sappiamo, ancora dobbiamo decidere tutto e non so neanche se saremo io e Gio a interpretare i personaggi.
Ho scoperto che nel cinema il rapporto tra la sceneggiatura e l’idea e poi la realizzazione del film é spostato sulla sceneggiatura, è fondamentale avere dei dialoghi belli, un cosa dinamica, una storia bella che abbia senso. Se lo recitano persone più brave la cosa cambia naturalmente, soprattutto il vero gioco si fa sulle parole che scrivi, questa è la cosa fondamentale.

Il tuo futuro è un percorso appena cominciato, per un ragazzo giovane come te. I tuoi amici cosa pensano, ti danno coraggio?

Ho sempre coinvolto i miei amici, man mano che scrivevo mandavo loro pezzi del libro. Ho molti impegni, ma se poi non ho tempo per loro la mia vita non ha più senso. Cerco di avere tempo per stare con le persone a cui voglio bene, per ora riesco a conciliare tutto, ma se questa cosa mi facesse perdere di vista il quadro generale non andrebbe bene. Per ora mi danno un grande supporto.

Ci vuoi dire la tua impressione su questo evento con Italia Altrove a Francoforte, quindi la tua prima occasione di andare all’estero? Il tuo libro verrà tradotto anche in tedesco, stai andando a Düsseldorf e noi di Artemisia, a Berlino, stiamo programmando un evento per presentare il tuo libro. Qual è la tua impressione sulla Germania?

Ho conosciuto un sacco di storie, ogni volta che faccio una presentazione è un raccogliere esperienze da persone che ti conoscono e questo arricchisce, è interessante anche conoscere un Paese straniero, anche se ci rimani solo per qualche giorno. Ogni presentazione che faccio è una cosa bella, se la vivi pensando a quello che dai tu e a quello che ricevi, allora hai la sensazione che dai molto di più. Se quindi lo fai perché vuoi ricevere qualcosa non ha senso, mentre se ti accorgi che tornando a casa, con due, tre frasi o due aneddoti che ti hanno raccontato, torni arricchito e quindi ne vale la pena. In questa circostanza Manuela Rossi di Italia Altrove mi ha regalato una pelle di serpente, che farò vedere a Gio.

 *il prossimo appuntamento di Artemisia è un incontro con Caterina Lizzano sulla lingua dei segni. Trovate qui tutte le informazioni.