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Differenze sociali in Germania: tra pensione, stipendi ed affitti

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Photo by Nicolas Colemonts /small>
di Pavel Chute

Differenze sociali in Germania: recenti studi eseguiti sulle nuove povertà in Germania, quali quello di Timm Bönk, professore alla Freie Universität di Berlino, mostrano che per i giovani la situazione più difficile è quella di coloro che vivono nelle città, in cui i prezzi di case e affitti aumentano costantemente, e che non ricevono aiuti significativi da parte di genitori e nonni. Tra di loro, ancor peggio, va ai giovani dell’Est, i cui genitori, per ovvie ragioni storico-politiche, non sono stati in grado di costituire alcun patrimonio.

Altro dato significativo riguarda il “conflitto generazionale” con i più anziani, che sono stati in grado di vivere in un benessere, ed ora di ricevere pensioni, di cui difficilmente i più giovani potranno godere; interessante è anche la circostanza che dalla conclusione del boom economico le ineguaglianze all’interno della popolazione sono aumentate e che gli introiti di coloro che, con stipendi medi, sono entrati nel mercato del lavoro a partire dai primi anni ’80 (nati mediamente dopo il 1955), sono progressivamente calati.
Differenze significative insorgono a seconda dell’appartenenza sociale delle persone. Così, ad esempio, tra il 20% della popolazione che meglio guadagna, i redditi a partire dai nati nel 1950 sono sempre rimasti alti; quelli con introiti medi vedono lentamente ridurre i propri redditi mentre per coloro che appartengono alla fascia più bassa (l’ultimo 20%) la caduta è drammatica.

I motivi di questa situazione sono molteplici: del miracolo economico hanno potuto approfittare tutti gli strati sociali e tuttavia, ad ogni riduzione della crescita del PIL, si è potuto assistere ad un aumento delle differenze tra coloro che approfittavano della crescita.
L’introduzione di robot e computer, fin dall’inizio in grado di svolgere i lavori più semplici e quindi di sostituirsi ai lavoratori con basse qualificazioni, è un’altra delle cause del fenomeno; a livello più propriamente politico le riforme economiche del governo Schröder/Fischer hanno consentito di ridurre i costi del lavoro in modo significativo e soprattutto gli operai specializzati hanno visto i propri salari diminuire sensibilmente.
Più recentemente il problema si è spostato sui lavoratori dei servizi, quantitativamente sempre di più e nei quali c’è maggiore concorrenza, con stipendi che crescono più lentamente rispetto a quelli dell’industria.

Ai tempi del miracolo economico era possibile che anche una famiglia con reddito “medio” (nella quale magari lavorava anche la donna) era in grado di costruirsi un patrimonio (in marchi) milionario, sfruttando anche investimenti reddituali sicuri in grado di dare ottimi interessi. Tutto ciò fa sì che gli anziani, in Germania, siano pertanto più ricchi dei giovani; ciò non è strano essendo pressoché ovunque così, eppure vale la pena sottolineare alcune peculiarità.
Alle circostanze di natura “biologica” (gli anziani hanno avuto più tempo a disposizione per risparmiare) si devono infatti aggiungere fatti di natura storico/economica: i meno giovani hanno infatti potuto approfittare di maggiori tassi di crescita e di una pace durevole accompagnata da un’inflazione mai molto alta, che altrimenti avrebbe potuto distruggere i patrimoni.
Un recente report dell’Istituto di Duisburgo per il lavoro e la qualificazione (Institut Arbeit und Qualifikation – IAQ -) mostra quanto indicato: i patrimoni più elevati (pari in termini netti a circa 130.000 Euro) sono quelli appartenenti a persone tra i 55 e 64 anni di età. I più giovani, tra i 35 e i 54 anni hanno un patrimonio medio di circa 52.700 e, ad oggi, è difficile pensare che nei prossimi 15-20 anni riusciranno a risparmiare in media circa 80.000 euro.

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Photo by kohlmann.sascha

Altro fattore da tenere sempre più in considerazione è quello della proprietà immobiliare: chi è proprietario di immobili riesce a risparmiare, chi è in affitto lo fa in modo particolarmente ridotto. Questa circostanza è da molti ritenuta negativa poiché testimonierebbe un processo di immobilizzazione dell’economia che consente di arricchirsi ai proprietari immobiliari e a coloro che ricevono redditi patrimoniali, piuttosto che a coloro che dispongono unicamente di redditi da lavoro.
Per le persone, paradossalmente, se i redditi da lavoro si indeboliscono costantemente, non avrebbe alcun senso investire ad esempio nel campo dell’istruzione; d’altronde, del nuovo “proletariato dei servizi” che con contratti di lavoro assolutamente regolari non riesce a guadagnare più di 1.000 euro al mese, fanno parte tedeschi che non sono arrivati al diploma, ex capi settori albanesi costretti all’emigrazione nonché ingegneri afgani che non riescono a trovare altra occupazione.
Una massa di uomini e donne (si calcola tra il 12 e il 14% degli occupati nei servizi) che non ha alcuna possibilità di migliorare la propria posizione economica.


eccezione per i bambini povertà infantile

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Le differenze reddituali, naturalmente, non sono solamente quelle generazionali. Negli ultimi due decenni sono aumentate quelle tra lavoratori e dirigenti, tra lavoratori specializzati e non, tra uomini e donne. Ma, ciò che più conta, queste circostanze hanno portato alla netta riduzione della cosiddetta classe media, la cui appartenenza viene valutata in base ai redditi percepiti, che soprattutto nel periodo compreso tra il 1995 e il 2005 si è ridotta di numerosi punti percentuali, con pochi individui che sono diventati più ricchi e molti che si sono impoveriti.
Sempre in quel periodo, peraltro, le famiglie con un reddito inferiore alla soglia della povertà (che oggi è pari 1926 Euro per una famiglia di 4 persone con 2 bambini) erano infatti notevolmente aumentate, portandosi nel periodo tra il 1996 e il 2004 al 14,9% dal 13,2% precedente, mentre oggi questa quota è pari al 15,4%. Tale quota è poi distribuita in modo molto ineguale a livello regionale, e così, ad esempio, in Baviera si trova solo l’11,5% delle redditi familiari sotto la soglia della povertà, in Meclemburgo-Pomerania Anteriore il 21,2%.

Pavel Chute vive e scrive a Roma. È laureato in Scienze Politiche e in Lingue e Letterature Straniere e ha vissuto a lungo in Germania (Berlino, Costanza, Colonia) dove ha studiato Africanologia. Lavora come traduttore e scrive racconti e romanzi. Sul suo blog scrive di Germania, letteratura e pubblica alcuni dei suoi racconti.Featured image by Chris Devers

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