La Germania multa Luca Toni per 1,7 milioni di euro: non ha pagato la tassa sulla chiesa

Luca Toni
© André Zehetbauer / CC BY 2.0
luca toni photo
Photo by az1172

di Mirea Cartabbia

Capita spesso che i calciatori nostrani che si trasferiscano per lavoro in Germania abbiano qualche problema con le autorità tedesche. Pochi mesi fa era capitato ad Immobile, che aveva disturbato la quiete di Dortmund tagliando il prato di domenica pomeriggio ed in un batter d’occhio s’era visto piombare a casa la polizia.

Questa volta tocca a Luca Toni, finito in mezzo però ad una questione assai più spinosa: non ha pagato la Kirchensteuer, la tassa che ammonta ad un’aliquota variabile tra l’8% ed il 9% dello stipendio.

L’idea della Kirchensteuern (ne avevamo già parlato ampiamente in questo articolo) non piace a molti, tant’è che ogni anno circa 100 mila tedeschi prendono la decisione di non pagarla, ossia di uscire dalla confessione religiosa di cui facevano parte. Ma la Chiesa non si manda avanti con le Ave Maria, ha detto bene un uomo che non era proprio un modello di virtù ma esercitava comunque la missione di arcivescovo, e la Chiesa romana cattolica memore del suo avviso impone la tassa più altra tra tutte quelle delle altre confessioni.

Tornando a Toni, durante la prima delle sue tre stagioni in Baviera, non era stata registrata alcuna confessione religiosa ma dalla seconda si è dichiarato di fede romana cattolica. Quindi la Chiesa ed il fisco tedesco chiedono al giocatore di versare 1,7 milioni di euro, di cui 1,5 milioni sarebbero l’ammontare delle tasse non pagate alla Chiesa durante il primo anno e 200 mila euro gli interessi.

Il giocatore indispettito pretendeva che la somma venisse versata dal suo commercialista, a suo parere responsabile dell’errore, ed il commercialista faceva ricadere la colpa sulla società del Bayern Monaco. La soluzione proposta dal giudice è stata quella di dividere la cifra tra le parti: il Bayern ed il commercialista avrebbero dovuto versare 500 mila euro a testa, e Toni 700 mila. Il Bayern rifiuta però l’accordo, sostenendo che dopo la chiusura del contratto ogni contenzioso era da ritenersi chiuso.

Il 15 luglio si andrà a processo e la volontà di Dio si compirà.