Differenze tra università italiana e tedesca: un confronto con il Prof. Ugolini

di Oriana Poeta

Studiare all’estero è indubbiamente un’esperienza positiva. Si perfeziona la lingua straniera, ci si confronta con un sistema universitario diverso e si cerca di capirne i meccanismi di funzionamento. Non è sempre facile, ma di sicuro è un’esperienza formativa. Sono stati numerosi, negli ultimi anni, gli italiani che si sono iscritti alle facoltà universitarie di Berlino.

Gherardo Ugolini, attualmente professore di Filologia classica all’Università degli Studi di Verona, ha insegnato, sino a qualche anno fa, presso l’università di Heidelberg e la Humboldt-Universität di Berlino. Lo intervistiamo per capire affinità e differenze tra le università italiane e tedesche, in particolare nell’ambito umanistico.

Come mai dopo tanti anni di docenza a Heidelberg e Berlino è tornato in Italia?

Era il 2005 quando, nell’ambito di una serie di conferenze che tenevo in Germania e in Italia, fui invitato a parlare a Verona. Dai contatti maturati in tale occasione con i docenti di antichistica dell’ateneo nacque l’idea di partecipare alla selezione prevista nell’ambito del programma “Incentivazione alla mobilità di studiosi stranieri e italiani all’estero”, conosciuto comunemente come “programma rientro cervelli”. Dopo circa vent’anni trascorsi all’estero, tra dottorato di ricerca e docenza, tornare ad insegnare in Italia era una bella soddisfazione e un’occasione da non lasciarmi sfuggire. Dal 2012 sono professore associato e credo che proprio a Verona completerò il mio percorso.

Cosa l’ha colpita nel mondo accademico teutonico? 

La prima cosa che mi viene in mente è l’enorme rispetto che si ha nei confronti degli studenti. Essendo stato io stesso dottorando a Monaco di Baviera, ho vissuto in prima persona, e in maniera estremamente positiva, il rapporto fra studente e docente che caratterizza la vita quotidiana negli atenei tedeschi. Il professore tedesco è al servizio degli studenti, i quali ne sono perfettamente consapevoli. Conoscono i propri diritti e doveri e pretendono lo stesso dal docente. Ho imparato, come docente, a rispondere alle e-mail nell’arco della giornata, a rispettare gli orari di ricevimento, a fornire ulteriori spiegazioni ogni qual volta fosse necessario, eccetera. Lo studente italiano solitamente non riceve lo stesso tipo di trattamento e, inevitabilmente, si adegua a quello che è il modus vivendi.

Ha notato una differenza nel rapportarsi con i suoi colleghi?

Sì e anche notevole. In Italia è consuetudine rivolgersi ai colleghi in maniera informale, sebbene non li si conosca bene o ci si incontri per la prima volta. È usuale, quindi, darsi del tu immediatamente e ritrovarsi al bar per bere un caffè. Capita anche sovente di pranzare insieme chiacchierando e socializzando a lungo. In Germania s’impiegano anni per avere lo stesso tipo di contatto. Prevale un rapporto estremamente formale che raramente riesce a diventare qualcosa di più. A pranzo si preferisce rimanere in ufficio e mangiare un panino davanti al computer. A pensarci bene, la convivialità italiana mi è mancata molto. Devo aggiungere, con rammarico, che in entrambi i Paesi prevale la tendenza al lavoro individuale, mentre la collaborazione fra docenti nella ricerca, come nella didattica, potrebbe rilevarsi una carta vincente per offrire nuove e migliori modalità di insegnamento.

Cosa pensa della modalità del seminario, molto comune in Germania?

La considero un’ottima forma di insegnamento, sempre che il seminario riesca bene. La riuscita è data da una combinazione di più elementi, non facilmente combinabili tra loro. Un seminario ben organizzato deve prevedere un percorso e una scaletta precisi, presuppone dei materiali di lavoro accuratamente scelti dall’insegnante. Il lavoro di preparazione, gestito esclusivamente dal docente, è un momento fondamentale. Agli studenti spetta poi il compito di partecipare attivamente e di prendere il posto in cattedra. Dovrebbero essere in grado di sviluppare, di volta in volta, i relativi argomenti, di discuterne insieme e di formulare nuove tesi. Se tutto ciò riesce, al professore non resta che commentare e aggiungere brevi spiegazioni.

(Seconda parte)