Swans, la recensione del concerto di Berlino

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di Emanuele Barletta

Due ore e mezza di celebrazione, una sorta di rituale collettivo a metà strada tra catarsi rumorosa e paganesimo rock. Gli Swans tornano a Berlino due anni dopo il (doppio) live al Berghain e a pochi mesi di distanza dal concerto solista e acustico di Michael Gira al Volksbühne.
Fan e curiosi che si sono persi l’evento possono iniziare già da ora a mordersi i gomiti: gli Swans così come li conosciamo ora, con questa formazione, con questo suono, non esisteranno più. Michael Gira ha deciso di mettere la parola fine a questa idea di band. Il futuro è incerto, ma ci sarà qualcosa di nuovo all’orizzonte perché il buon Michael, all’età di 62 anni, non ha intenzione di andare in pensione. E sì che ne avrebbe anche il diritto: in fondo agita i sotterranei del rock dal ben lontano 1983, e ne ha viste di tutti i colori.
È riuscito a svezzare una band di (all’epoca) ragazzini come i Sonic Youth, divenuti negli anni a venire alfieri del rumorismo newyorkese d’avanguardia fino ad un’esplosione al limite del mainstream, ma da sempre devoti e rispettosi fan degli Swans. E come loro tanti altri. La grandezza di Michel Gira, se vogliamo il suo status di culto, arriva proprio dal rispetto che è riuscito a guadagnarsi in trent’anni da addetti ai lavori, critica, musicisti e un pubblico che definire underground sarebbe davvero riduttivo.
Queste poche righe servono per inquadrare il personaggio. Il 18 ottobre l’appuntamento è all’Huxley’s Neue Welt, una sorta di tempio rock a due passi dal parco di Hasenheide, a Neukölln. Concerto non sold out ma quasi: a colpo d’occhio conto circa un migliaio di astanti, quasi tutti in rigoroso completo all black. Età media fisiologicamente alta, più spostata verso gli anta che gli enta, con qualche giovane imberbe qua e là. “It’s loud! Protect your hears”, si legge in alcuni cartelli affissi un po’ ovunque all’interno dell’Huxley. È così.
Gli Swans salgono sul palco alle 21.30 circa. Attaccano, a mo’ di intro, una composizione inedita che i fan su internet riconoscono con il nome di The Knot. Durata: un’ora. Volumi: piacevolmente impossibili. Non è nulla di rivoluzionario, perché il suono degli Swans, col tempo, non ha subito particolari rivoluzioni quanto piuttosto delle evoluzioni. Un climax lento ma inesorabile, una scalata nel mondo dei decibel con Michael Gira che intona una sorta di litania ipnotica.
C’è un nuovo album da presentare, The Glowing Man, l’ultimo della saga, appunto, e non c’è molto spazio e tempo per tuffi nel passato. Eccezion fatta per Screenshot, 9 minuti di “normalità rock” in un set dove le maglie del suono si allargano e si destrutturano completamente.
Ora, la domanda di tutti noi fan è la seguente: cosa succederà in futuro? La risposta, forse, è solo nella testa di Michael Gira. O forse non ancora. Quel che è certo è che il nostro uomo avrà ancora intenzione di stupirci. Ci restano, per il momento, dischi importanti firmati a nome Swans, anni e anni di palchi e concerti e la coerenza di un uomo che da anni porta avanti un’idea di suono e di ricerca che (c’è da scommetterci) non rappresentano solo un’espediente per poter pagare le bollette o il mutuo di una casa.