Berlino è femmina. Ricordando Maryam Mirzakhani, prima donna insignita del “Nobel” per la matematica

Photo by biblioupm©
Nobel
Photo by biblioupm©

di Valentina Risaliti

Un dottorato per merito ad Harvard, la cattedra alla Stanford University, poi la prestigiosa Medaglia Fields, il premio assegnato ai matematici under 40, vinta a trentasette anni: Maryam Mirzakhani, iraniana, classe 1977, di strada nella vita ne aveva fatta, e parecchia.
Nata a Teheran era riuscita a terminare gli studi inferiori poco prima dello scoppio della guerra tra Iran e Iraq. Una fortuna, questa, che le aveva permesso di assicurarsi una formazione superiore altrimenti improbabile. Gli anni dell’infanzia erano stati scanditi dal desiderio di diventare scrittrice, almeno fino a quando, da adolescente, Maryam aveva scoperto una passione fervente per i numeri. Da quel momento, si era dedicata anima e corpo a loro, spingendosi oltre qualunque aspettativa e diventando così la prima donna, nonché la prima cittadina di origine iraniana, ad essere insignita del premio più prestigioso del settore, la medaglia Fields, altrimenti nota come il “Nobel” della matematica.
Poi, alla soglia dei quarant’anni, la notizia di un cancro al seno, irreversibile, propagatosi fino alle ossa, e la morte prematura.

A poco più di un mese dalla scomparsa di Maryam, il suo ricordo, quello di una donna che ha fatto la storia della matematica e non solo, riaffiora. Si fa sentire allora forte l’urgenza di spendere un pensiero, anche solo una parola, per questa moderna pioniera della geometria, una personalità certamente centrale per quel percorso verso l’emancipazione femminile che questa rubrica intende celebrare.
In molti la descrivevano come una visionaria, una mente creativa e virtuosa, difficile da decifrare. Sua figlia, di soli sei anni, ne parlava invece come di un’artista, forse perché era solita vederla tracciare linee su enormi fogli di carta, appoggiati sul pavimento di casa. Particolarmente restìa all’attenzione mediatica che, suo malgrado e proprio a causa di questa sua eccezionalità, era solita ricevere, Maryam eseguiva il suo lavoro incurante di chi cercava di renderla un personaggio più pubblico di quanto lei non desiderasse. Viene così da pensare che, forse, avrebbe preferito che la sua esistenza venisse raccontata come quella di uno dei protagonisti dei romanzi che lei stessa, da bambina e poi da adulta, aveva tanto amato.

Come in tutte le storie c’è un eroe o, in questo caso, un’eroina, e un sogno: quello di fare della propria passione una missione di vita. Come in tutte le storie ci sono, però, anche avversità e antagonisti pronti a remar contro, come quel professore che a soli dieci anni le dice, chiaro e tondo, che la matematica non fa per lei. E c’è la forza, il coraggio di una donna che decide, nonostante la forte pressione che, nella finzione come nella realtà, pesa sulle femmine di tutto il mondo, di non ascoltare il giudizio altrui, ma solo il proprio sentimento. Così Maryam non cede a chi le dice chi o cosa dovrebbe diventare e continua ad amarli, questi numeri, a pensarli, studiarli, in un Iran in fermento, non facile soprattutto per una donna che ambisce a una carriera nell’ambito di materie scientifiche.
La nostra eroina non cede e vince. Vince due medaglie alle Olimpiadi Internazionali della Matematica, una nel 1994 e la seconda l’anno successivo. Poi si candida per un dottorato ad Harvard in geometria iperbolica ed eccelle anche in quello, a dimostrazione del fatto che perseverare sarà anche diabolico, ma premia. Da lì il passo verso il successo è breve: prima viene assunta a Princeton, poi a Stanford, dove insegna per sette anni.
I successi di Maryam sono però presto turbati da una notizia, un cancro diagnosticatole al seno, a cui segue una chemioterapia che, purtroppo, non sortisce gli effetti sperati.

Come spesso accade, l’ironia della sorte vuole che, in quello stesso periodo, la Mirzakhani riceva anche la notizia più attesa da ogni matematico di questo mondo: Maryam è stata insignita della Medaglia Fields, il premio più ambito del settore. È un’altra grande donna a comunicarle la buona nuova, Ingrid Daubechies, matematica e fisica belga, allora presidentessa dell’Unione Matematica Internazionale.
All’inizio Maryam pensa si tratti di uno scherzo, che sia proprio lei, la prima donna della storia ad aggiudicarsi la medaglia, le pare assurdo, e quasi ignora l’e-mail con la quale la collega l‘ha contattata.
In seguito, però, le due hanno modo di parlare e la Mirzakhani esprime la sua preoccupazione: proprio in quei giorni è reduce dal trattamento chemioterapico e teme di non avere le energie per partecipare alla cerimonia d’investimento. Soprattutto, ha paura che un’eccessiva attenzione mediatica possa rappresentare un’indesiderata ragione di stress per lei. È qui, allora, che si assiste a un miracolo di solidarietà umana e femminile. La Daubechies, assieme ad altre cinque insigni matematiche, architetta un piano per isolarla e proteggerla dalle insistenze della stampa. Questa squadra di colleghe si autonomina l’M.M. Shield, letteralmente “lo scudo di Maryam Mirzakhani”, e fa in modo che, durante tutta la durata dell’evento, Maryam abbia sempre al suo fianco almeno due compagne, una per distrarre i giornalisti e l’altra per aiutarla a dileguarsi. Lo schema funziona perfettamente e Maryam riesce a celebrare la sua vincita insieme agli altri colleghi che si sono aggiudicati il premio.

Purtroppo, però, questo racconto non ha un lieto fine. Gli esami clinici che seguono l’ultima grande avventura di Maryam confermano un cancro al seno troppo esteso per non esserle fatale. Così, questa grande donna si spegne il 15 luglio del 2017, a soli 40 anni, tra il lutto della comunità scientifica, della famiglia e di migliaia di persone che, scoprendola, s’appassionano istantaneamente alla sua storia. La sua forza, però, permane e spinge affinché altre, come lei, non si sentano in futuro frenate da commenti inappropriati, giudizi affrettati, condizioni di carriera non proprio idilliache e statistiche che vedono le donne operanti in ambito scientifico, soprattutto quelle provenienti da paesi cosiddetti in via di svilupp, ancora in forte minoranza.

Maryam voleva fare la scrittrice, ma alla fine ha vissuto una vita degna di un romanzo.

VALENTINA RISALITI è una reporter, videomaker e producer, con la passione per il documentario d’autore, i libri (tutti) e le teorie del complotto. Degna discendente di una famiglia di “amazzoni”, è da sempre legata ai temi del femminismo, della difesa dei diritti delle donne e al rispetto dell’ambiente. Idealista incallita, viene spesso tacciata da amici e parenti di essere insopportabilmente critica. Ha studiato filosofia e giornalismo e ama riconoscersi nelle parole delle grandi donne del passato. Oggi vive a Berlino, dove tra un libro di Patti Smith e uno di Simone de Beauvoir, si dedica a diversi progetti.  www.valentinarisaliti.com / Twitter: ValentinaRisal