STRA-KINO – L’angelo azzurro, 1930

Accedo al menù del dvd e mi si presenta la scelta tra tedesco e italiano…scelgo l’italiano. Lo so, dovrei provarci ad addentrarmi in questa lingua che probabilmente un giorno mi apparterrà, ma decido comunque di seguire il film doppiato, a parte per le canzoni interpretate dalla grande Marlene Dietrich.

Lo ammetto, è la prima volta che vedo questo film e in maniera azzardata ho deciso di seguire una rigida scaletta per ripercorrere la storia della cinematografia tedesca, in particolare, berlinese. Un azzardo, ripeto, ma anche una sfida e un modo per poterne discutere con voi. Non mi erigo a grande esperta ma credo di potermi definire un’appassionata di cinema; se ripenso a quando ero piccola, rivedo i mille frame dei tanti film che, nonostante fossi troppo ingenua e forse anche incosciente, i miei genitori mi hanno fatto vedere, dandomi la possibilità di avvicinarmi a quel mondo meraviglioso che è la pellicola.

Con la scrittura provo ad avvicinarmi anche a voi, con la speranza di incappare in qualche dibattito che molti odiano e evitano. D’altronde il cinema per me è proprio questo, non sola immagine ma anche discussione e confronto con il prossimo. Voi siete il mio prossimo.

Qualcuno può non essere d’accordo con quello che scrivo e io sono per il libero pensiero, basta che quel qualcuno sappia darmi le proprie ragioni di disaccordo e io sarò più che contenta di intraprendere un bel discorso lungo e noioso. Magari immaginandomi in mano un bicchiere di vino e un pacchetto di sigarette che non guasta mai.

Ricordati Greta, sei qui per parlare di cinema…
Ebbene, il film che vi propongo oggi è “Der Blaue Engel”, tradotto, “L’angelo Azzurro”, un film del 1930 diretto da Josef von Sternberg.

LA TRAMA


Il film racconta la triste storia di Rath, professore di liceo, che scoperte e confiscate alcune cartoline della provocante ballerina Lola, incuriosito decide di andarla a vedere nel locale in cui si esibisce: l’Angelo Azzurro. L’incontro con Lola stravolgerà la sua vita, tanto da fargli lasciare l’insegnamento per seguirla nelle tournées. La razionalità, alla fine, riprende il sopravvento e si torna a pensare a ciò che ci si è lasciati alle spalle.

Sono passati esattamente tre anni da che il cinema diede l’ultimo addio al muto per passare al sonoro (il primo film che mise in raccordo l’immagine con il suono fu “Il cantante di Jazz”) e Der Blaue Engel, sotto molti aspetti, ricorda ancora quell’atmosfera malinconica e sognante in cui i veri protagonisti erano i volti e le espressioni. Sin dalle prime scene ci accorgiamo che il film, volente o nolente, ripercorre quello che è stato dando importanza non tanto alle parole quanto agli ambienti e ai piccoli gesti.
Guardo la scena in cui il professor Rath va verso il locale e non posso fare a meno di fermare quell’immagine e ripensare al “Gabinetto del dottor Caligari” e ai suoi palazzi distorti, immersi nel bagliore di una piccola luce bianca.
Il clown che ritorna, con la sua aria triste, sembra presagire un futuro nefasto, mentre Lola rompe lo schermo e consacra Marlene Dietrich a grande attrice. Lei sa il potere che può avere su di un uomo “adorabile” e impacciato come il professor Rath, un uomo cui basta un po’ di cipria per sciogliersi e scordarsi del suo ruolo intellettuale.
Lola canta e la sua canzone Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt (da capo a piedi sono orientata verso l’amore) ci ricorda di quegli sguardi teneri, complici e tipici di un primo amore che si rivelerà troppo ingenuo.

Lola: “Tu vuoi sposarmi?” – ride e lo abbraccia -.
Rath: “Spero bimba cara, tu sia consapevole della gravità di questo momento”.

Con gli anni, quello che un tempo era un temuto professore, diventa quel clown dall’aria triste; bianco in volto e prima attrazione del locale. I costumi cambiano e le situazioni anche e ritornare all’Angelo Azzurro, fa si che ritornino alla mente ricordi del passato e sullo specchio si riflette la perdita di dignità di un uomo che si è spinto oltre la propria razionalità per amore di una donna, Lola, il fascino dell’Angelo Azzurro.

Quello che resta è una sensazione di dolore, racchiusa in un trucco che cola.