I onLy cOme ouT at niGht: autodistruzione e consapevolezza

Photo by David Vendryes
Photo by David Vendryes
Photo by David Vendryes

Se non fossi così ambizioso, probabilmente correrei dritto verso l’autodistruzione. Non conosco limiti e non voglio considerarne. Alterno continuamente il desiderio di ordine, pulizia, lilium bianchi, divani fine ottocento, stucchi, cucchiaini da caffè in argento a gin scadenti, interazioni inutili e casuali con altri vermi notturni, baci lascivi e sorrisi pietosi nel buio di ogni lunghissima notte, che si conclude sempre con il sole alto in cielo a cercare di farmi sentire in colpa per essere così volgarmente indecente.
Non sono solamente ambizioso, sono anche presuntuoso, e allora mi arrogo il diritto di vivere la notte come se fosse giorno e do spettacolo a chiunque abbia una vita priva di profumi e aspettative e non importa che mi giudichino, perché io non conosco gli spettatori in questo teatro, il mio è un monologo e quando le luci verranno spente, il sipario verrà chiuso ed io non ci sarò più.

Riconosco di essere emotivamente labile. Lo scorso weekend ho dormito poco, ho dormito male, non ho dormito a casa, ho dormito sempre quando era già troppo tardi. Non ho dormito mai da solo, mi piace che il mio corpo riposi su un altro corpo. Mi piacciono gli odori di un altro corpo. Mi sono ritrovato in quarantotto ore in due giorni di festival ealla festa di compleanno di un’amica in piena notte, dove tra l’altro una delle bariste ha apprezzato talmente tanto la maglia DIY che indossavo da ordinarne una simile con qualche modifica, ho appuntato tutto. E poi in un altro locale ancora per un drink mattutino, poi a casa di un’amica per un drink post-mattutino, dove un ragazzo londinese dall’aspetto new wave era un po’ troppo fuori di sé e salito su una sedia sul balcone all’ultimo piano, ha procurato in noi quella giusta dose di paura che ti invita a considerare la possibilità che la serata sia over. Da lì, in chiusura, a casa di un’altra amica, a spargere glitter ed emozioni.
Quando ci siamo svegliati era prima serata, la nostra amica indossava già stivali, straw hat, glitter e aveva anche avuto modo di ingerire qualcosa. Io ho guardato il telefono con preoccupazione, mi trovavo in Mitte e dovevo correre a Friedrichshain. Avevo bisogno di una doccia e di cambiarmi, avevo in mente un outfit un po’ più kinky per la seconda serata dello YO! Sissy Festival. Ho avuto a mala pena il tempo di prepararmi, doccia, latex, glitter e un drink da viaggio. Non appena sono arrivato la trans all’ingresso mi ha chiesto perché non avessi più il braccialetto del giorno prima, le ho detto che mi dava fastidio e avevo avuto necessità di toglierlo. Mi ha guardato con disappunto. In quei pochi secondi di attesa io avevo già adocchiato al banchetto del merch delle amiche. Baby, countdown! O mi fai entrare (mi spetta, ho il biglietto in mano), o io alzo la voce e chiamo qualcuno. Non è stato necessario fare alcuna scenata, ho ricevuto il mio timbro e sono corso a baciare le ragazze al merch. Da lì, sotto palco, il primo corpo che ho incontrato è stato lo stesso che avevo lasciato due ore prima, stesso odore, stesso gioco. Non so come incontro sempre tantissima gente in questi eventi. Mi sono anche dovuto sorbire un piccolo attacco di gelosia da parte di un amico perché a differenza del solito non gli stavo concedendo tante attenzioni. E poi gente che mi fermava e diceva cose carine e chiedeva se potesse farmi una foto, la mia risposta era sempre la stessa “it’s not possible, remember me like this”. Persino un ragazzo che conosco, un dj australiano, ha chiesto se potesse farmi una foto. C’è qualcosa di creepy in questa foto-mania che tutti hanno. Tutti vogliono essere fotografati. Io sono un live show, no playback.

Photo by David Vendryes
Photo by David Vendryes

Mi è arrivato un sms con richiesta di salire nel backstage. Non avevo un pass per quello, ma non è stato un problema. Ho organizzato un servizio fotografico ad alcuni amici per quella notte. Un fotografo mi conosceva già dalla Christopher Street Day, in occasione di una piccola performance che avevo fatto sull’Hauptbühne a Branderburger Tor, poi ci siamo rivisti alla conferenza stampa del festival in questione in un hotel dove ho rivisto corpi e odori che conoscevo già. Tuttavia ero lì per lavoro, e allora ho pensato di collegare persone, luoghi, fatti. Forse collaborerò con quest’uomo. La notte è stata lunga ed interessante. Ho visto tanti live show e ho goduto di un’atmosfera assolutamenmte cordiale. Lasciando il backstage Karin Park mi ha fermato per dirmi “you look fabulous!”, oh sweetie! Lei era bellissima e la sua performance è stata davvero intensa, con due batterie sul palco. Un ragazzino di Matera faceva il simpatico mentre stavo seduto su un divanetto di finta pelle, fuori in cortile. Lui mi parlava da dietro, la testa arrivava alla mia spalla destra, ma io non mi sono voltato del tutto, finché lui non ha detto di annoiarsi mentre quest’altro ragazzo gli regalava delle emozioni orali. Mi sono voltato e ho guardato giù. Ho invitato il ragazzino a concedere più attenzioni al suo amante. Siamo andati via verso le nove del mattino, forse poco prima, non ne ho idea. Abbiamo preso un’ultima Sterni a Warschauer e poi il tram per poche fermate. Sotto casa la Bäckerei era aperta e il corpo amico ha preso qualcosa da mangiare. Siamo saliti su, ci siamo spogliati in cucina per mantenere il peep-show sempre a livelli altissimi e siamo scomparsi nell’ala ovest dell’appartamento.

Non sono fotogenico, non sono videogenico, mi imbarazzo a ricevere quel tipo di attenzioni, allora faccio smorfie, parlo durante gli shooting e rovino sempre tutto. Tuttavia non ho paura della gente e dei loro giudizi, sono diventato abbastanza forte da questo punto di vista. I miei amici Eat Lipstick hanno suonato al Christopher Street Day e mi hanno invitato sul palco con le adorate amiche Choke Dash ed Evilyn Frantic. Sono arrivato all’ingresso del backstage con dieci minuti di ritardo e ho trovato una lunga fila a voler accedere alla prima area, dedicata per lo più agli amici. Ho detto al tipo della sicurezza che andavo di fretta e che il mio nome era scritto da qualche parte e dovevo davvero correre dentro. Tra l’altro c’era un caldo pazzesco ed io ero avvolto dal latex, avevo bisogno di riparo e di un vino bianco gelido. Il tipo ha risposto con un secco: “vergiss es!“, scordatelo. Io ho gli detto: “amico non ci siamo capiti, io devo salire su quel palco fra poco e devo prima incontrare i ragazzi”. Il tipo ha ripetuto la sua frase preferita. Devo essergli sembrato una groupie da gay pride e non gli sono stato simpatico, così ha deciso di non considerare affatto la possibilità che non stessi dicendo una stronzata. I telefoni dei ragazzi squillavano a vuoto, ma sono riuscito a fermare qualcuno che era dentro chiedendogli di mandarmi un membro della band. Anita Drink è venuta a prendermi. Diverse ore dopo sono tornato dal tipo della sicurezza per dirgli che aveva fatto una stronzata, e lui mi ha guardato come per dire “succede”. Dal palco ho rivisto tanti volti amici e sono stato molto felice di questo, perché il gay pride non è una cosa da froci. Dopo il live si è susseguito un turbinio di eventi. Dopo aver bevuto un paio di bocce di vino lì con degli amici, siamo stati a Friedrichshain alcune ore a far baldoria in un locale dove non ero mai stato prima. Poi siamo andati in un posto amico dove tremano sempre quando arriviamo, perché arriviamo sempre troppo tardi. A me piace la location, mi piacciono loro, il più delle volte sono importuno, ma con affetto. Qualcuno metteva musica quella sera, come ho già detto io sono importuno e allora mi sono avvicinato con sguardo liquido. Sono stato dolcemente allontanato per essere poi riavvicinato una settimana dopo dalla stessa persona, allo YO! Sissy. “Do you remember last week?”, ho chiesto, e poi sono andato via.

 

1978551_10152332656702884_8991540083716097930_oEin Arschloch è un verme metropolitano che vive soprattutto di notte.
Ama l’anatomia, l’arte e, paradossalmente, la campagna.
Odia i tovaglioli di carta, la plastica e svegliarsi al mattino.
Nightwalker, musicista, post-modern dj, D.I.Y. creative.
Ich bin kein Künstler, ich bin ein Arschloch.